Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19613 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19613 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
SENTENZA
Sul ricorso presentato da NOMECOGNOME nato a Napoli il 14/03/1961, avverso la .sentenza della Corte di appello di Napoli del 16/09/2024,
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Cons. NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Dr.ssa NOME COGNOME che h concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata per la valutazione sull’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. e del sostitutive, con rigetto nel resto.
PREMESSO IN FATTO
Con sentenza del 16/09/2024, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Napoli del 29/11/2022, nel dichiarare non doversi procedere per difetto d querela in ordine al capo 1), condannava NOME COGNOME alla pena di mesi 7 di arresto ed euro 27.000,00 di ammenda per il reato di cui all’articolo 256, comma 1, lettere a) e b), d. I 152/2006.
Avverso tale sentenza ricorre l’imputato.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione sul giudizio d colpevolezza, essendo l’COGNOME stato assolto in primo grado dalle imputazioni sub 3) e 4), che concernevano proprio l’attività di rimessaggio.
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione dell’articolo 131-bis cod. pen..
2.3. Con il terzo motivo lamenta la mancata applicazione delle sanzioni sostitutive di cui ag artt. 20-bis ss. c.p..
In data 18 marzo 2025 l’Avv. NOME COGNOME per l’imputato, depositava memoria di replica in cui, nel contestare le conclusioni del P.G. relative al primo motivo, insisteva l’accoglimento integrale del ricorso.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti che seguono.
Il primo motivo è inammissibile.
Le due sentenze, concordemente, ritengono raggiunta la prova della colpevolezza dell’imputato, che aveva le chiavi di ingresso e, per concorde dichiarazione dei testimoni, gestiv l’attività di manutenzione delle imbarcazioni, che si svolgeva nel capannone e aveva dato luogo alla produzione dei rifiuti (la cui qualificazione come tali e la cui natura parzialmente peric non sono contestate dal ricorrente).
Privo di ogni fondamento è il richiamo – operato dal ricorrente – alla prima sentenza, la qual ha semplicemente escluso (pag. 8) la natura «imprenditoriale» dell’attività svolta dall’imputat in assenza della quale i reflui prodotti non possono considerarsi «industriali» e le emissioni n possono dirsi prodotte da uno «stabilimento», laddove il reato contestato è, al contrario, reato «comune» (v., ex multis, Sez. 3, n. 4770 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 280375 – 01; Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, COGNOME, Rv. 265836 – 01; Sez. 3, n. 29077 del 04/06/2013, COGNOME, Rv. 256737 – 01) e non «proprio» dell’imprenditore.
Il motivo, che non si confronta in modo realmente critico con le sentenze, pronunciate in c.d. «doppia conforme», è pertanto inammissibile per genericità.
Il secondo motivo è invece fondato.
3.1. Come correttamente evidenziato dal Procuratore generale, quanto all’esclusione della causa di non punibilità di cui all’articolo 131-bis cod. pen., le argomentazioni della Co territoriale si sono limitate: a) al richiamo ai precedenti, non meglio specificati (e comun risalenti), i quali assumono rilievo ostativo solo ove l’imputato risulti essere stato dich delinquente abituale, professionale o per tendenza, oppure abbia commesso più reati della stessa
indole (Sez. 6, n. 605 del 03/12/2019, dep. 2020, Rv. 278095 – 01), ricorrenza su cui la Corte distrettuale non motiva in alcun modo; b) ai contenuti della prima sentenza, che, tuttavia (pa 9), esclude effettivamente la presenza dei presupposti di applicazione della causa di non punibilità invocata, ma ciò fa solo nei confronti del coimputato COGNOME unico che ne aveva fatt richiesta nelle conclusioni (v. pag. 4), laddove l’COGNOME ne aveva chiesto il riconoscimento so nei motivi di appello (in riferimento allo ius superveniens costituito dal d. Igs. 150/2022, che ha modificato la cornice edittale e il contenuto della norma).
3.2. Tale motivazione non fa buon governo dei principi elaborati sul punto da questa Corte. Ed infatti, l’art. 131-bis cod. pen. prevede la «non punibilità del fatto quando, per le moda della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, comma, anche in considerazione della condotta susseguente al reato, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale».
In particolare, la norma (Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta, n.nn.), oltre a sbarramento del limite edittale (la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena), richiede (congiuntamente e non alternativamente, come si desume dal tenore letterale della disposizione) la particolare tenuit dell’offesa e la non abitualità del comportamento.
Il primo degli “indici-criteri” (così li definisce la relazione allegata allo schema di legislativo) appena indicati, ossia la particolare tenuità dell’offesa, si articola a sua volta “indici-requisiti” (sempre secondo la definizione della relazione), che sono la «modalità del condotta» e «l’esiguità del danno o del pericolo», da valutarsi sulla base dei criteri ind dall’articolo 133 cod. pen., (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modali dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato, intensità dolo o grado della colpa, nonché alla luce della condotta successiva al fatto, a seguito del modifica introdotta dal d. Igs. n. 150 del 10/10/2022).
Si richiede pertanto al giudice di rilevare se, sulla base dei due «indici-requisiti», sus l’«indice-criterio» della particolare tenuità dell’offesa e, con questo, coesista quello della abitualità» del comportamento. Solo in questo caso si potrà considerare il fatto di particola tenuità ed escluderne, conseguentemente, la punibilità.
Nel caso di specie, tale approfondito esame manca del tutto e la motivazione appare legata all’utilizzo di formule stereotipe e deve quindi considerarsi meramente «apparente».
Il Collegio in proposito rammenta che è apparente la motivazione che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fonda la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinen dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, COGNOME), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, COGNOME; Sez. 4, n. 5 del 18/02/1999, Reitano; Sez. 1, n. 43433 dell’8/11/2005, Costa; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, COGNOME) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, COGNOME; S
6, n. 25361 del 24/05/2012, COGNOME) e, più in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cu
fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza quindi inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 259
del 29/05/2008, COGNOME nello stesso senso anche Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, COGNOME
Rv. 260314).
Ancora, è apparente la motivazione meramente tautologica, che ricorre (come nel caso di specie) allorquando essa «si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche
o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento e dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialme
inesistente» (Sez. 5, n. 24862 del 19/05/2010, COGNOME, Rv. 247682 – 01; Sez. 5, n.
9677 del 14/07/2014, dep. 2015, COGNOME Rv. 263100 – 01).
4. L’accoglimento della precedente censura ha efficacia assorbente rispetto al terzo motivo di ricorso (con il quale si deduce l’omessa motivazione sulla richiesta avanzata in sede di appell
di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria o nel lavoro di pubblica utilità), in qua la decisione sull’applicazione della causa di non punibilità appare logicamente
cronologicamente pregiudiziale rispetto alla eventuale applicazione di pene sostitutive.
La sentenza va pertanto annullata, limitatamente alla sussistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione Corte di appello di Napoli.
Va in ogni caso dichiarata l’irrevocabilità dell’accertamento di responsabilità, ai se dell’articolo 624 cod. proc. pen., concernendo l’annullamento un «punto» della sentenza funzionalmente autonomo rispetto all’accertamento della responsabilità (Sez. U, n. 1 del 19/01/2000, COGNOME, Rv. 216239 – 01; Sez. 3, n. 47579 del 23/10/2003, COGNOME, Rv. 226646 01).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sussistenza della causa di non punibilità di cui all’articolo 131-bis cod. pen., con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Nap
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Così deciso il 03/04/2025.