Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 20055 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 20055 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/02/2023 della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento della sentenza; lette le conclusioni del difensore di fiducia, avvocato AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto l’annullamento della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha confermato la decisione del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE che, con sentenza del 24 settembre 2019, aveva condannato NOME COGNOME alla pena di venti giorni di reclusione ed euro 60 di multa, ritenendolo responsabile del delitto di cui all’art. 393, secondo comma, cod. pen., in tali termini riqualificata l’originaria contestazione di danneggiamento aggravato ex art. 635, secondo comma, n. 1, con riferimento all’art. 625, primo comma, n. 7, cod. pen.
Secondo l’accusa, NOME COGNOME si sarebbe reso responsabile del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni per aver, il 18 gennaio 2018, forzatamente rimosso un cancello che gli operai incaricati dalla RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” stavano installando lungo la recinzione dell’area denominata “Vallone di S. NOME” di proprietà del RAGIONE_SOCIALE.
La Corte territoriale ha ritenuto sussistente la condizione di procedibilità non necessaria per la procedibilità d’ufficio del delitto di danneggiamento aggravato originariamente contestato – nonostante fosse stata proposta dal dipendente della RAGIONE_SOCIALE legato da un rapporto di immedesimazione organica che la volontà della RAGIONE_SOCIALE, costituitasi parte civile, aveva esplicitato attraver la partecipazione al giudizio. Il reato è stato ritenuto sussistente sulla base dell dichiarazioni del citato tecnico querelante e di quanto ammesso dallo stesso imputato che si è ritenuto avesse intimato con minacce rivolte agli operai di interrompere il lavoro, sradicando il cancello dalla sede ove era stato da costoro allocato.
NOME COGNOME, per mezzo del difensore avvocato NOME COGNOME, ricorre avverso la citata sentenza deducendo tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.
I Giudici di merito hanno mal interpretato il motivo di gravame che non era teso a dedurre l’assenza di querela, quanto che la stessa fosse stata presentata da persona non legittimata. Il querelante non era né il possessore del cancello che era stato divelto, né il destinatario della condotta che si assume fosse stata minacciosa, non essendo, come dal medesimo affermato, presente ai fatti.
Gli unici legittimati a proporre querela erano gli operai presenti ai fatt qualora veritiera la contestata condotta che si assume violenta e minacciosa.
2.2 Con il secondo motivo la difesa deduce vizi cumulativi di motivazione e violazione di legge in ordine alla ritenuta responsabilità.
La decisione non spiega le ragioni che avevano fatto ritenere che il ricorrente avesse assunto un comportamento minaccioso, visto che il teste COGNOME, querelante non presente ai fatti, non aveva mai accennato a minacce, né avrebbe potuto farlo de relato, deponendo in tal senso il contenuto del verbale di udienza che la difesa allega.
Il ricorrente, contrariamente a quanto riportato in sentenza, non aveva mai ammesso i fatti, avendo invece riferito nel corso dell’esame di essersi rivolto agli operai per richiedere lumi sui motivi dei RAGIONE_SOCIALE e se fossero in possesso delle necessarie autorizzazioni per poter istallare il cancello.
Dai fotogrammi legittimamente acquisiti e dal video illegittimamente contenuto nel fascicolo non emergono minacce e violenze alle persone.
L’assenza di minaccia, violenza e dell’ipotizzato danneggiamento del cancello fa venir meno l’integrazione della fattispecie anche nell’ipotesi meno grave prevista dall’art. 392 cod. pen..
2.3. Con il terzo motivo si deducono vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., fondata su dati non veri (quali il non aver fatto ricorso alle forze dell’ordine o non aver richiesto l’autorizzazione a presenti) e comunque senza svolgere la necessaria valutazione in ordine alla sussistenza della tenuità del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente alla motivazione resa in merito alla mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen.
Il primo motivo con cui si censura la ritenuta legittimazione a proporre querela in capo al tecnico della RAGIONE_SOCIALE sul presupposto che costui non fosse il titolare del cancello o il destinatario delle minacce in quanto non presente ai fatti è generico nella parte in cui nessuna censura rivolge alla parte della decisione che, in risposta al motivo di gravame, aveva rilevato come il ricorrente avesse agito per conto e nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE che, infatti, si costituiva parte civi detta motivazione, che dava conto delle ragioni per cui il tecnico dipendente della RAGIONE_SOCIALE fosse legittimato, non ha formato oggetto di censura (né generica, né specifica) da parte della difesa che si limita, in questa sede di legittimità, a contestare la possibilità che il querelante avesse subito un danno dalla condotta del COGNOME, evenienza, invero, inconferente e non in linea con le ragioni espresse sul punto (ed a prescindere dalla loro correttezza) nella decisione impugnata.
Il secondo motivo, in quanto involgente il precluso merito, risulta parimente inammissibile.
In linea con analogo motivo formulato in sede di gravame in cui il ricorrente contestava genericamente che il COGNOME avesse formulato delle minacce adducendo che lo sradicamento e l’asportazione del cancello appena installato da parte degli operai della RAGIONE_SOCIALE, presenti ai fatt si fosse realizzata dopo aver chiesto conto a costoro delle autorizzazioni
necessarie per montare il cancello (fatto che ex se depone per la sussistenza del reato con violenza sulle cose, salvo a voler sostenere che il mancato intervento da parte degli operai presenti ai fatti ed all’opera di eradicazione del cancello appena installato da parte del ricorrente fosse spontaneo), si osserva come la Corte di appello abbia dato conto di quanto riportato in querela (acquisita anche in ordine al suo contenuto con il consenso delle parti, v. sentenza di primo grado), e della “sostanziale” ammissione da parte del ricorrente che, proprio allorché forniva la propria versione, di fatto, ammetteva di essere stato l’autore del gesto che si realizzava con violenza sulle cose, là dove la rimozione del cancello dalla posizione ove era stato dagli operai poco prima installato rende palese l’esistenza di minacce a costoro rivolte.
Al cospetto di un quadro fattuale, piuttosto semplice, che non pone dubbi in ordine alla dinamica dei fatti per come contestati ed accertati, il ricorrente s limita a negare che gli elementi probatori analizzati nelle due fasi di merito consentissero di ascrivere minacce al ricorrente che non sarebbero emerse neppure dai fotogrammi legittimamente acquisiti e dalle riprese video illegittime, senza però spiegare cosa avrebbero invece contenuto tali fotogrammi e le ragioni della dedotta illegittima acquisizione di riprese, valorizzate invece dal Tribunale.
Evidente, pertanto, risulta il tentativo da parte del ricorso di assegnare ai fatti ed al significato dato alle risultanze probatorie un differente significa sottoponendo al diretto vaglio di questa Corte elementi probatori adeguatamente vagliati o comunque non adeguatamente smentiti nelle competenti sedi di merito.
Fondato risulta, invece, il terzo motivo di ricorso che riguarda la dedotta carente motivazione quanto a mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen.
Costituisce ormai consolidato principio di diritto quello secondo cui, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità necessita di una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
Precisato in tali termini la portata della norma introdotta dall’art. 1, comma 2, d.lgs. del 16 marzo 2015, n. 28, deve ritenersi, allora, apodittica l’affermazione della Corte di appello che, al fine di escludere la causa di non punibilità, si è limitata a ripercorrere gli elementi costitutivi del reato contest
ex art. 393 cod. pen. (in tal senso, il valorizzato “atteggiamento protervo e sfrontato” e la valorizzata mancata richiesta di autorizzazione e omessa chiamata delle forze dell’ordine), senza individuare elementi significativi che dessero conto della complessiva valutazione richiesta dalla norma e ribadita dalla giurisprudenza di legittimità sopra citata.
Dalle evidenziate lacune consegue l’annullamento sul punto della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello RAGIONE_SOCIALE che si atterrà al principio di diritto sopra richiamato (par. 4 del “considerato in diritto”).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis CP con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 18/04/2024.