Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1720 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1720 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/02/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 20 febbraio 2023 la Corte c appello di Roma ha confermato la sentenza con cui il locale Tribunale aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di cui agli artt. 624 e 625 n. 2 cod.pen. (per la sottrazione di un flacone di profumo all’interno del centro commerciale Roma Est) a lui ascritto e concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante e ridotta la pena per la scelta del rito, lo aveva condannato alla pena di mesi due e giorni venti di reclusione ed Euro 100,00 di multa con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Avverso detta sentenza l’imputato a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in sei motivi.
Con il primo deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 624 cod.pen. per non avere la Corte d’appello derubricato la fattispecie di furto nella ipotesi del tentativo di furto non potendosi ritener perfezionato il momento dell’impossessamento da parte del soggetto attivo del reato giacché gli agenti di P.G. avevano continuamente controllato la condotta dell’imputato e ciò alla stregua di una motivazione apodittica ed illogica.
Rileva che nel caso di specie la condotta del COGNOME si è arrestata alla fase della mera sottrazione dal momento che ogni segmento della stessa avveniva sotto il controllo degli agenti di P.G.
Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 131 bis cod.pen. per non avere la Corte territoriale escluso la punibilità per particolare tenuità del fatto.
Si assume che la motivazione adottata a fondamento del diniego é inconferente e non tiene conto del fatto che il COGNOME sia formalmente incensurato sicché si é trattato di un episodio isolato e non indicativo di una proclività a delinquere., inoltre nulla viene detto delle modalità della condotta e dell’esiguità del danno.
Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 625 n. 2 cod.pen. per non avere escluso la circostanza aggravante in questione senza fornire una plausibile e coerente motivazione.
Con il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. stante la improcedibilità dell’azione penale posto che non vi é la prova che la denunciante fosse procuratore speciale della società RAGIONE_SOCIALE.
Si rileva che la sign. COGNOME ha sporto querela quale procuratore speciale del negozio RAGIONE_SOCIALE e non della società RAGIONE_SOCIALE.
Con il quinto motivo deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 62 comma 4 cod.pen. per non avere la Corte territoriale motivato in ordine alla circostanza attenuante della tenuità del danno.
Con il sesto motivo deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 133 bis cod.pen. per non avere ridotto la pena pecuniaria senza darne conto in motivazione.
Con il settimo motivo deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 175 cod.pen. per non aver concesso il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore dell’imputato ha depositato conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, ad eccezione del secondo motivo, é inammissibile in quanto le censure sono reiterative di analoghe doglianze proposte in appello cui la Corte territoriale ha risposto con motivazione logica ed adeguata.
A riguardo non può che ribadirsi quanto già più volte chiarito da parte di questa Corte di legittimità, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838).
Deve altresì considerarsi che la Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato l’imputato responsabile del reato ascritto configurandosi quindi, nel caso che occupa, una c.d. “doppia conforme” di condanna sicchè le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
Esaminando in ogni caso partitamente le censure, con riguardo al primo motivo, la sentenza impugnata ha chiarito che l’odierno imputato ebbe modo di approfittare della distrazione o comunque dell’assenza di personale dell’esercizio commerciale per staccare la placca antitaccheggio ed andare alle casse senza
che si potesse attivare l’allarme acustico. Solo dopo un agente di P.G. in borghese che si trovava fuori dall’esercizio consentiva l’accertamento del fatto ma quando ormai si era perfezionata la fase dell’impossessamento della refurtiva.
Sul terzo motivo la Corte ha adeguatamente risposto osservando che la placca antitaccheggio fu trovata sul pavimento in corrispondenza dello scaffale da cui fu asportata la confezione e se non fosse stata tolta avrebbe fatto scattare l’allarme.
Sul quarto motivo, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui in tema di querela, nel caso di società di grandi dimensioni in cui i poteri di rappresentanza legale sono specificamente assegnati a particolari soggetti, la procura speciale rilasciata per lo svolgimento di determinate operazioni inerenti beni della società non può ritenersi automaticamente attributiva anche della legittimazione a proporre querela (Sez. 2, n. 29775 del 16/09/2020, Rv. 279878 ).
Con riguardo al quinto motivo, correttamente la sentenza impugnata ha fatto buon governo del principio secondo cui la concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subìto i conseguenza della sottrazione della “res”, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso con il quale l’imputato invocava la configurabilità della predetta circostanza attenuante in una fattispecie di furto di merce del valore commerciale di 82 euro, sul presupposto che tale somma fosse irrilevante rispetto alla capacità economica del supermercato vittima del reato)” (Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017 Ud. (dep. 13/02/2017 ) Rv. 269241).
Il sesto motivo é inammissibile in quanto la questione non é stata dedotta in appello.
Con riguardo al settimo motivo, la Corte territoriale ha fatto applicazione del principio secondo cui il beneficio della non menzione della condanna di cui all’art. 175 cod. pen. è fondato sul principio dell’emenda e tende a favorire il processo di recupero morale e sociale del condannato, sicché la sua concessione è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito e non è necessariamente conseguenziale a quella della sospensione condizionale della pena, fermo restando l’obbligo del giudice di indicare le ragioni della mancata concessione sulla base degli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.
Ed invero, proprio richiamando i parametri di cui all’art. 133 cod.pen., la sentenza impugnata ha ritenuto che l’imputato non riceverebbe comunque un particolare beneficio o stimolo al ravvedimento attraverso l’eliminazione di quella forma di pubblicità costituita dalla non menzione della condanna nel certificato del casellario.
Viceversa come anticipato in permessa il secondo motivo è fondato.
Va rilevato che il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 551 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, COGNOME, Rv. 275940).
Nella specie la Corte distrettuale, ai fini della valutazione del grado di offensivit delle condotte, ha reputato decisiva l’assenza del requisito della non abitualità del comportamento, dimostrata dai numerosi precedenti penali anche specifici e dalla pregressa fruizione, in occasione di altro episodio criminoso, della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen..senza in alcun modo valutare le modalità della condotta e l’entità del danno.
In conclusione la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla questione concernente l’art. 131 bis cod.pen. rinviando per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma dichiarando inammissibile il ricorso nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla questione concernente l’art. 131 bis cod.pen. e rinvia sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Roma. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso il 9.11.2023