Tenuità del Fatto: Quando il Danno Esclude la Non Punibilità
L’istituto della tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, permettendo di escludere la punibilità per reati di lieve entità. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 34972/2024) offre un chiarimento cruciale: l’entità del danno e i costi accessori possono essere elementi decisivi per negare questo beneficio.
Il Caso in Esame: Ricorso contro il Diniego della Non Punibilità
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Il ricorrente lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto tale richiesta, motivando la sua decisione sulla base di due elementi specifici: l’entità del danno patrimoniale che si sarebbe dovuto risarcire e le spese che la compagnia di assicurazione aveva dovuto sostenere per istruire la pratica di risarcimento.
La Valutazione della Cassazione sulla tenuità del fatto
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo il motivo presentato “aspecifico e non consentito in sede di legittimità”. Secondo gli Ermellini, la critica mossa dal ricorrente si concentrava su una valutazione di merito che spetta esclusivamente ai giudici dei gradi precedenti (Tribunale e Corte d’Appello) e che non può essere riesaminata in Cassazione, se non per vizi di manifesta illogicità o contraddittorietà, qui non riscontrati.
L’Apprezzamento del Danno come Questione di Fatto
Il punto centrale della decisione è che la ricostruzione operata dalla Corte d’Appello è fondata su “apprezzamenti di fatto”. La quantificazione del danno e la valutazione dei costi accessori sono considerate attività insindacabili in sede di legittimità. La Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte territoriale completa e razionale, escludendo quindi qualsiasi vizio censurabile.
le motivazioni
A sostegno della propria decisione, la Corte ha richiamato un consolidato principio giurisprudenziale. In tema di riconoscimento della tenuità del fatto, la valutazione complessiva delle peculiarità del caso concreto, secondo i parametri dell’art. 133 c.p., non richiede una disamina analitica di tutti gli elementi. È sufficiente che il giudice indichi gli elementi ritenuti più rilevanti per la decisione. Nel caso specifico, l’entità del danno e le spese accessorie sono state considerate, in modo logico, indicatori sufficienti per escludere la particolare tenuità dell’offesa.
le conclusioni
L’ordinanza n. 34972/2024 ribadisce un principio fondamentale: la valutazione per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. è ancorata a elementi concreti e fattuali. L’impatto patrimoniale della condotta, comprensivo non solo del danno diretto ma anche dei costi indiretti generati (come le spese di istruttoria), è un criterio valido e decisivo per negare il beneficio della non punibilità. Questa pronuncia conferma che la discrezionalità del giudice di merito è ampia e che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché il motivo era aspecifico e contestava una valutazione di fatto (l’entità del danno), che non può essere riesaminata dalla Corte di Cassazione in sede di legittimità, essendo la motivazione della Corte d’Appello logica e completa.
Quali elementi ha usato la Corte d’Appello per negare la tenuità del fatto?
La Corte d’Appello ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto basandosi su due elementi concreti: l’entità del danno che avrebbe dovuto essere risarcito e i costi sostenuti dalla compagnia di assicurazione per l’istruttoria della richiesta di risarcimento.
Il giudice deve analizzare ogni singolo elemento dell’art. 133 c.p. per decidere sulla tenuità del fatto?
No. Secondo la giurisprudenza citata dalla Cassazione, per la valutazione sulla tenuità del fatto non è necessaria una disamina di tutti gli elementi previsti dall’art. 133 del codice penale, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti decisivi e rilevanti per la decisione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34972 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34972 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TEVEROLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/02/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME; considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si contesta la manca applicazione della causa di non punibilità della tenuità del fatto, è aspecific consentito in sede di legittimità.
rilevato che la Corte di appello ha correttamente escluso l’applicazione d disposto di cui all’art. 131-bis cod. pen., non ravvisando nella condot ricorrente gli estremi della tenuità del fatto, in considerazione “dell’entità del danno in ipotesi da risarcire nonché delle spese derivate all’assicurazione per l’istruttoria della richiesta di risarcimento” (vedi pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata); tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità insindacabili in questa sede.
Va ribadito, peraltro, che la Corte di merito ha fatto corretto uso del princ diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, in te riconoscimento della tenuità del fatto, la valutazione complessiva di tut peculiarità della fattispecie concreta nei termini previsti dall’art. 133 cod. implica la necessaria disamina di tutti gli elementi di valutazione, es sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 8/ Milone, RV. 274647, Sez. 7, Ord. n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile c condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 9 luglio 024.