Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36002 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36002 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/03/2025 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Palermo in data 24 gennaio 2023 che aveva dichiarato COGNOME NOME responsabile del reato di cui all’art. 624 cod. pen. (ritenuti in continuazione il reato di cui al capo a) e di cui al capo b) dell’imputazione, quest’ultimo riqualificato nell’ipotesi di furto, e per l’effetto lo aveva condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi sette di reclusione ed euro 400,00 di multa.
L’imputato ricorre averso la sentenza della Corte di appello lamentando violazione di legge per insussistenza delle prove poste a fondamento della responsabilità penale a suo carico; con il secondo motivo violazione di legge con riferimento al diniego della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto; con il terzo motivo, violazione di legge in relazione alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod.pen.
3.1 GLYPH Il primo motivo è manifestamente infondato. La Corte di appello, con motivazione esaustiva e non illogica, ritiene provata la responsabilità penale del COGNOME sulla base delle dichiarazioni testimoniali rese dalla persona offesa che, messe a confronto con le dichiarazioni contenute nei verbali di denuncia e con le fotografie ad essi allegate, sono state valutate precise e coerenti e, pertanto, attendibili. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, richiamata dalla Corte territoriale, la testimonianza della persona offesa costituisce una vera e propria fonte di prova sulla quale può essere anche esclusivamente fondata l’affermazione di colpevolezza dell’imputato, a condizione che sia intrinsecamente attendibile e che di ciò si dia adeguata motivazione (cfr. Sez.4, n.30422 del 21/06/2005, Rv. 232018; Sez.3, n. 28913 del 03/05/2011, Rv. 251075; Sez. U. n. 41461 del 19/07/2012, Rv. 253214).
3.2 GLYPH Con riferimento al diniego della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, la sentenza sottolinea che il non modico valore dei beni e la circostanza che questi siano stati sottratti nell’appartamento concesso in locazione all’imputato dalla persona offesa, inducono a ritenere il fatto commesso di non lieve entità (pag. 6). La decisione è conforme ai principi elaborati sul punto dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131bis, cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e
congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
Quanto all’ultimo motivo, va ribadito che la concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subìto in conseguenza della sottrazione della “res”, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato (Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Sicu, Rv. 269241; Sez. 2, n. 5049 del 22/12/2020, COGNOME, Rv. 280615). La sentenza impugnata, escludendo la tenuità sotto il profilo patrimoniale (furto di un televisore, di una scrivani e di una tastiera per tablet) ha fatto corretta applicazione del principio sopra riportato, che costituisce approdo consolidato della giurisprudenza di legittimità.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 7 ottobre 2025
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Il Consig ie e estensore