Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11878 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11878 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/12/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Prato del 23 maggio 2018, con cui NOME era stato condannato alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione ed euro cinquecento di multa in relazione al reato di cui agli artt. 56 e 624 cod. pen..
COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione dell’art. 99 cod. pen. in ordine alla mancata disapplicazione della recidiva.
3. Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento al primo motivo di ricorso, va osservato che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. pen., i giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 de 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, COGNOME, Rv. 275940).
Trattandosi, quindi, di una valutazione da compiersi sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei principi e la relativa motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico.
La Corte distrettuale, infatti, ha reputato decisivi, ai fini della valutazione del grado di offensività della condotta, i plurimi precedenti penali specifici, commessi sin dal 1999 e la prosecuzione delle condotte illecite anche successivamente a vari periodi di carcerazione, fattori tutti ritenuti logicamente sintomatici dell’abitualità del condotta ed indicativi di pericolosità.
Si tratta di circostanze indiscutibilmente significative, sotto entrambi i profili rientranti tra i parametri espressamente considerati dall’art. 133 cod. pen..
Contrariamente all’indicazione del ricorrente, pertanto, l’impianto motivazionale non è stato basato esclusivamente sui precedenti penali; si è dato ampiamente conto delle ragioni dell’accresciuto allarme sociale derivante dalle pregresse condanne.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2024.