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Tenuità del fatto: esclusa per precedenti penali

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta a causa dei numerosi precedenti penali specifici, considerati indicativi di abitualità della condotta e pericolosità sociale, elementi ostativi al riconoscimento del beneficio.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tenuità del Fatto: Quando i Precedenti Penali Contano Davvero

L’istituto della tenuità del fatto, previsto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di escludere la punibilità per reati considerati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 11878/2024) ha ribadito con forza che la valutazione deve tenere conto di tutti gli aspetti della vicenda, inclusa la storia criminale dell’imputato, che può rivelare un’abitualità della condotta ostativa al beneficio.

Il Caso in Esame: Dal Tentato Furto al Ricorso in Cassazione

La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna per tentato furto (artt. 56 e 624 c.p.) emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello. La pena inflitta era di un anno e tre mesi di reclusione e cinquecento euro di multa.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando, tra le altre cose, una violazione di legge in relazione alla valutazione della sua posizione processuale. Sebbene il ricorso menzionasse la recidiva, la Suprema Corte ha focalizzato la sua analisi sulla corretta esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La Valutazione della Tenuità del Fatto e il Ruolo dei Precedenti

La Cassazione ha chiarito che il giudizio sulla tenuità del fatto richiede un’analisi complessa e congiunta di tutti gli elementi della fattispecie concreta. Il giudice deve fare riferimento ai criteri dell’articolo 133 del codice penale, che includono le modalità della condotta, il grado di colpevolezza e l’entità del danno o del pericolo.

Questo tipo di valutazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e può essere riesaminata in sede di legittimità solo se la motivazione è mancante o manifestamente illogica. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici d’appello fosse immune da vizi.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando come la Corte d’Appello avesse correttamente motivato la sua decisione di non applicare l’art. 131-bis c.p.. Gli elementi decisivi sono stati:

1. I Plurimi Precedenti Penali Specifici: L’imputato aveva una lunga storia di condanne per reati simili, a partire dal 1999.
2. L’Abitualità della Condotta: La prosecuzione delle condotte illecite, anche dopo aver scontato periodi di detenzione, è stata interpretata come un chiaro segnale di “abitualità” nel commettere reati.
3. La Pericolosità Sociale: Tale perseveranza nel crimine è stata logicamente ritenuta indicativa di una concreta pericolosità sociale.

La Suprema Corte ha precisato che non si tratta di un automatismo basato esclusivamente sui precedenti penali. Piuttosto, questi elementi sono stati valutati come circostanze “indiscutibilmente significative” che, rientrando nei parametri dell’art. 133 c.p., delineano un quadro di offensività complessiva della condotta e di personalità dell’autore del reato incompatibile con il beneficio della tenuità del fatto.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: la non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un beneficio accessibile a chi dimostra una tendenza a delinquere. Il giudice ha il dovere di effettuare una valutazione globale che non si limiti al singolo episodio criminoso, ma consideri anche la storia e la personalità dell’imputato come indicatori del “bisogno di pena”. La presenza di numerosi e specifici precedenti penali, quindi, non costituisce solo un dato anagrafico, ma un fattore sintomatico di un’abitualità criminale che giustifica pienamente l’esclusione del beneficio.

Quando può essere escluso il beneficio della tenuità del fatto?
Il beneficio può essere escluso quando, da una valutazione complessiva basata sui criteri dell’art. 133 c.p., emergono elementi incompatibili con la minima offensività. Nel caso specifico, i numerosi precedenti penali e la prosecuzione dell’attività illecita anche dopo periodi di detenzione sono stati ritenuti indicatori di abitualità della condotta e pericolosità, ostacolando così l’applicazione della norma.

I precedenti penali da soli sono sufficienti per negare la tenuità del fatto?
No, la decisione non si basa esclusivamente sui precedenti penali in sé. La Corte ha chiarito che essi sono stati considerati come elementi significativi per valutare l’abitualità della condotta e l’accresciuto allarme sociale derivante, fattori che rientrano pienamente nei parametri di valutazione della gravità del reato.

Qual è stato l’esito finale del ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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