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Tenuità del fatto: esclusa per gravità della condotta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso, negando l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La decisione si fonda sulla gravità complessiva della condotta dell’imputato, che, sebbene autorizzato a recarsi al lavoro, è stato trovato in compagnia di un pregiudicato in una zona di spaccio con un’ingente somma di denaro contante. Questo quadro ha reso impossibile riconoscere la tenuità del fatto.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tenuità del Fatto: Quando la Gravità della Condotta la Rende Inapplicabile

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, volto a escludere la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come il contesto e la gravità complessiva della condotta possano precludere l’accesso a questo beneficio, anche quando il reato in sé potrebbe apparire minore.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Il caso analizzato riguarda un individuo che ha impugnato una sentenza della Corte d’Appello di Milano. L’imputato, pur essendo autorizzato a spostarsi per motivi di lavoro, era stato sorpreso a colloquiare con un soggetto con precedenti penali in una zona nota per essere un’area di spaccio. Inoltre, al momento del controllo, è stato trovato in possesso di una considerevole somma di denaro in contanti, pari a 1.810,00 euro. La difesa aveva basato il proprio ricorso su due motivi principali: il mancato riconoscimento della tenuità del fatto e delle circostanze attenuanti generiche.

I Motivi del Ricorso e la Tenuità del Fatto

La difesa sosteneva che il reato contestato dovesse essere considerato di lieve entità e, pertanto, non punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p. Questo articolo, infatti, permette al giudice di non procedere penalmente se l’offesa è particolarmente tenue e il comportamento dell’autore non risulta abituale. In secondo luogo, si lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti, che avrebbero potuto portare a una riduzione della pena inflitta.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, respingendo entrambe le censure difensive con argomentazioni precise.

La Gravità Complessiva della Condotta

Per quanto riguarda la tenuità del fatto, i giudici hanno sottolineato come la Corte territoriale avesse correttamente valutato la “apprezzata gravità della condotta”. Gli elementi considerati non erano isolati, ma formavano un quadro indiziario complessivo che contrastava con l’idea di un fatto di minima importanza. Nello specifico, i fattori determinanti sono stati:

1. La compagnia: L’imputato stava colloquando con una persona già nota alle forze dell’ordine per precedenti penali.
2. Il luogo: L’incontro avveniva in una zona notoriamente dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti.
3. Il denaro: Il possesso di una somma ingente di denaro contante (1.810,00 euro) è stato ritenuto un elemento significativo.

La Cassazione ha chiarito che, presi insieme, questi elementi delineano una situazione che va oltre la semplice tenuità del fatto, giustificando pienamente la decisione dei giudici di merito di non applicare la causa di non punibilità.

La Congruità della Pena

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alle circostanze attenuanti, è stato respinto. La Corte ha ritenuto che la pena inflitta fosse congrua e che non vi fossero elementi positivi da valorizzare a favore dell’imputato per giustificare una sua riduzione. La valutazione del giudice di merito sulla congruità della pena e sull’assenza di presupposti per le attenuanti è stata considerata incensurabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla tenuità del fatto non si limita all’analisi astratta del reato, ma richiede un esame concreto e complessivo del comportamento dell’imputato e del contesto in cui si è verificato. Il possesso di ingenti somme di denaro, la frequentazione di persone con precedenti e la presenza in luoghi sospetti sono tutti fattori che possono, e devono, essere considerati dal giudice per determinare la gravità effettiva della condotta. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Quando può essere esclusa l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
L’applicazione della tenuità del fatto può essere esclusa quando il giudice valuta che la condotta, nel suo complesso, presenti una certa gravità. Elementi come frequentare persone con precedenti penali, trovarsi in luoghi noti per attività illecite e possedere ingenti somme di denaro contante possono contribuire a tale valutazione, rendendo il fatto non più ‘tenue’.

Perché il possesso di una somma di denaro contante è stato considerato un fattore rilevante?
Nel caso specifico, il possesso di 1.810,00 euro in contanti è stato considerato rilevante non come fatto a sé stante, ma come parte di un quadro indiziario più ampio. Insieme agli altri elementi (la compagnia e il luogo), ha contribuito a delineare una condotta di gravità tale da escludere il riconoscimento della tenuità del fatto.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con la condanna al pagamento di tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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