Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2863 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2863 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOMENOME nato a TORRE DEL GRECO il 18/02/1981
avverso la sentenza del 10/03/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha confermato l sentenza del Tribunale di Livorno del 4 luglio 2022, con la quale NOME NOME era stata condannata alla pena di mesi due di reclusione ed euro sessanta di mu in relazione al reato di cui agli artt. 56, 624 e 625, n. 2, cod. pen.
L’imputata, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di impugnazione.
2.1. Vizio di motivazione quanto alla mancata concessione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamen sanzionatorio.
In relazione al primo motivo di ricorso, va osservato che, per la configurabil della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. pen., il sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculia della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibil dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, 266590).
A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione pre ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 551 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’ent del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/20 Venezia, Rv. 275940).
Poiché tale valutazione va compiuta sulla base dei criteri di cui all’art. 133, pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancan della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei principi e la relat motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico.
La Corte distrettuale, infatti, ha reputato decisive, ai fini della valutazio grado di offensività della condotta, la presenza di precedenti penali per reati c il patrimonio a carico dell’imputata, i quali permettono di qualificare tale cond come abituale, nonché la particolare abilità dimostrata nell’organizzazione del fu (aggravato da violenza sulla cosa). Si tratta di circostanze indiscutibilm
significative, rientranti tra i parametri espressamente considerati dall’art. 133 cod. pen. Peraltro, la motivazione sopra sinteticamente riportata risulta del tutto congrua ed adeguata anche a seguito delle modifiche all’istituto dell’art. 131 bis cod. pen. apportate dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
4. Con riferimento al secondo motivo di ricorso, va ricordato che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, COGNOME, Rv. 230278). Il giudice del merito esercita la discrezionalità che la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, COGNOME, Rv. 239754).La pena è stata irrogata in misura non superiore alla media edittale e, in relazione ad essa, non era dunque necessaria un’argomentazione più dettagliata da parte del giudice (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 267949). Il sindacato di legittimità sussiste infatti solo quando la quantificazione costituisca il frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Al contrario, nella fattispecie, l’entità della pena irrogata è sta correttamente giustificata in riferimento alla gravità del reato (desunta dalle caratteristiche dell’azione, dal danno cagionato e dall’intensità del dolo) e alla capacità a delinquere dell’imputata, correlata all’esistenza di tre precedenti penali specifici commessi in diversi ambiti territoriali. Anche per quanto riguarda il giudizio di bilanciamento, deve ribadirsi che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Rv. 245931 01, Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, Rv. 270450 – 01). La Corte ha motivato il giudizio di equivalenza considerando, in modo congruo e non illogico,che, in ragione della negativa personalità dell’imputata e delle modalità del fatto non vi fosse spazio per una applicazione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Per tali ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, c conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa dell ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 dicembre 2024.