Guida in Stato di Ebbrezza: Quando la Tenuità del Fatto Non si Applica
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul delicato rapporto tra il reato di guida in stato di ebbrezza e l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione conferma un orientamento rigoroso, escludendo il beneficio nei casi in cui il tasso alcolemico sia così elevato da manifestare una notevole pericolosità sociale. Analizziamo insieme la vicenda processuale e le motivazioni alla base della pronuncia.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine dalla condanna di un’automobilista per il reato previsto dall’art. 186, comma 2, lett. c) del Codice della Strada, ovvero la guida con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, la soglia più grave. La sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Pescara, era stata parzialmente riformata dalla Corte di Appello di L’Aquila, che aveva eliminato alcune statuizioni accessorie ma confermato la condanna nel resto.
L’imputata, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Un presunto vizio di motivazione sulla sussistenza stessa del reato, sostenendo che la circolazione fosse avvenuta in un’area privata.
2. Il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
La questione della tenuità del fatto nella guida in stato di ebbrezza
Il cuore della questione giuridica risiede nel secondo motivo di ricorso. L’istituto della tenuità del fatto permette di non punire l’autore di un reato quando l’offesa, valutata nel suo complesso, risulti di minima gravità. I parametri per questa valutazione, indicati dall’art. 133 del codice penale, includono le modalità della condotta, il grado di colpevolezza e l’entità del danno o del pericolo cagionato.
La difesa sosteneva che, nonostante la soglia alcolemica superata, il fatto concreto non fosse così grave da meritare una condanna penale. Tuttavia, la giurisprudenza ha spesso mostrato cautela nell’applicare tale beneficio a reati che, per loro natura, comportano un pericolo per la collettività, come la guida in stato di ebbrezza.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le doglianze della difesa con argomentazioni chiare e nette.
In primo luogo, riguardo alla presunta circolazione in area privata, i giudici hanno evidenziato come la Corte di Appello avesse correttamente motivato la sua decisione basandosi sulle risultanze processuali, in particolare sulla testimonianza dell’agente operante che aveva confermato la presenza del veicolo su una via pubblica.
Sul punto cruciale della tenuità del fatto, la Cassazione ha ritenuto il motivo manifestamente infondato. Richiamando i principi espressi anche dalle Sezioni Unite, la Corte ha ribadito che il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutti gli elementi della fattispecie concreta. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente escluso il beneficio, valorizzando la pericolosità intrinseca della condotta, desunta da un elemento oggettivo inconfutabile: il valore del tasso alcolemico, risultato “di molto superiore anche alla soglia fissata nell’ipotesi più grave”.
Secondo la Corte, un livello di alcol così elevato è di per sé indicativo di una condotta altamente pericolosa e di un grado di colpevolezza non trascurabile, elementi che sono incompatibili con il concetto di “speciale tenuità” richiesto dalla norma.
Le Conclusioni
La decisione in esame consolida un importante principio: il beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere concesso con leggerezza in casi di guida in stato di ebbrezza caratterizzati da un tasso alcolemico significativamente superiore ai limiti di legge. L’elevato livello di intossicazione alcolica costituisce un indice di accentuata pericolosità che osta, di regola, al riconoscimento della minima offensività del fatto. La pronuncia serve quindi da monito, riaffermando che la sicurezza stradale è un bene giuridico tutelato con rigore e che condotte gravemente pericolose non possono essere derubricate a fatti di lieve entità.
La guida in stato di ebbrezza è reato anche se avviene in un’area privata?
La sentenza non affronta direttamente l’ipotesi teorica, ma respinge la tesi difensiva poiché le prove processuali, come la testimonianza di un agente, hanno confermato che la guida si era svolta su una via pubblica, rendendo il reato pienamente configurabile.
La non punibilità per particolare tenuità del fatto può essere applicata alla guida in stato di ebbrezza?
Secondo questa ordinanza, no, se il tasso alcolemico è molto superiore alla soglia prevista per l’ipotesi più grave (1,5 g/l). Un tale valore indica una pericolosità della condotta che è incompatibile con il requisito della “particolare tenuità” dell’offesa richiesto dall’art. 131-bis c.p.
Cosa accade quando un ricorso in Cassazione viene giudicato inammissibile?
Come stabilito in questo caso, la dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7225 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7225 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VERCELLI il 02/03/1977
avverso la sentenza del 16/04/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di L’Aquila, in parziale riform della sentenza del Tribunale di Pescara del 19.09.2022, ha disposto l’eliminazione delle statuizioni relative alla confisca dell’autovettura e d concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, nonché la rideterminazione nella durata della sospensione della patente di guida in anni due, e confermato nel resto la condanna della NOME per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) D. Lgs. n. 285 del 30 aprile 1992.
L’imputata, a mezzo del difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, lamentando la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla declaratoria di sussistenz del reato (primo motivo) ed in relazione al diniego di concessione della causa di non punibilità prevista dall’ art. 131bis cod. pen.
Il ricorso è inammissibile.
I motivi sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati disattesi con corretti argomenti giuridici dai Giudici di merito (pag. 2 e 3) e n sono scanditi da specifica critica delle argomentazioni a base della sentenza impugnata.
In ordine al primo motivo, la Corte di appello ha disatteso la tesi difensiv secondo cui l’imputata circolava su area privata con congrua motivazione, ancorata alla lettura delle risultanze processuali (testimonianza dell’agente operante). La Corte ha precisato che, su domanda della stessa difesa, l’agente aveva ribadito come l’imputata si trovasse su INDIRIZZO in Montesilvano.
Il secondo motivo è manifestamente infondato. Il giudizio di merito è in linea con i principi espressi da questa Corte, second cui, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità prev dall’art. 131-bis, cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazi complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, Sent. n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590). La Corte di merito, con argomentazioni congrue, ha ritenuto che il fatto non potesse essere considerato di speciale tenuità, richiamando la fattispecie concreta e mettendo in rilievo la pericolosità della condotta desunta dal valore
del tasso alcolennico rilevato, di molto superiore anche alla soglia fi nell’ipotesi più grave.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. p pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 22 gennaio 2025.