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Tenuità del fatto e condotta abituale: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27093/2025, ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per tentata truffa, negando l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La Corte ha stabilito che la valutazione della ‘condotta abituale’, che osta al beneficio, è un giudizio complesso che può tenere conto anche dei reati commessi successivamente a quello in esame, in quanto indicatori di una devianza non occasionale del soggetto.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tenuità del Fatto: Quando la Condotta Abituale Esclude la Non Punibilità

L’ordinanza n. 27093/2025 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui criteri per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. La Suprema Corte si è pronunciata sul ricorso di un imputato condannato per tentata truffa, analizzando in particolare il concetto di ‘condotta abituale’ come elemento ostativo al beneficio.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la condanna di un individuo per il reato di tentata truffa. L’imputato basava il proprio ricorso su due motivi principali:
1. La contestazione della responsabilità penale, sostenendo che il fatto dovesse essere qualificato come reato impossibile per inidoneità dell’azione.
2. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ritenendo che le circostanze concrete del reato lo consentissero.

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il primo motivo, in quanto si trattava di una mera e pedissequa reiterazione di argomentazioni già respinte dalla corte di merito, senza una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata. L’attenzione si è quindi concentrata sul secondo motivo, ritenuto manifestamente infondato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di non applicare l’art. 131-bis c.p. La motivazione di tale rigetto si fonda sulla valutazione della ‘condotta abituale’ dell’imputato, un elemento che, secondo la legge, preclude il riconoscimento della particolare tenuità del fatto. La Corte ha colto l’occasione per ribadire ed espandere i principi che governano questa valutazione.

Le Motivazioni: la Condotta Abituale e la sua Valutazione

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi dei criteri per definire la ‘condotta abituale’. La Cassazione, richiamando importanti precedenti giurisprudenziali, ha delineato un quadro chiaro.

Distinzione tra Condotta Abituale e Recidiva

Un punto cruciale sottolineato dalla Corte è che la nozione di ‘comportamento abituale’ ai fini dell’art. 131-bis è diversa e più ampia di quella della ‘recidiva’. Mentre la recidiva richiede l’esistenza di una condanna definitiva precedente alla commissione del nuovo reato, la valutazione della condotta abituale ha uno scopo differente: accertare se l’illecito commesso sia espressione di una devianza non occasionale.

La Rilevanza dei Reati Successivi nella valutazione della tenuità del fatto

La Cassazione ha affermato un principio di notevole importanza pratica: per apprezzare la ‘serialità dei comportamenti’ che definisce la condotta abituale, il giudice può e deve prendere in esame anche i reati commessi dall’imputato successivamente a quello per cui si sta procedendo. Questo perché anche tali condotte, seppur successive, contribuiscono a delineare un profilo di ‘devianza non occasionale’ che è incompatibile con il beneficio della tenuità del fatto.

La valutazione, quindi, non si limita al passato criminale dell’imputato, ma si estende a tutti gli illeciti penalmente rilevanti da lui commessi, che nel loro insieme possono rivelare una tendenza a delinquere.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso nell’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La decisione chiarisce che la valutazione sulla tenuità del fatto non è un esame parziale e isolato del singolo episodio, ma un giudizio complesso sulla personalità dell’imputato e sulla sua inclinazione a commettere reati. Per avvocati e imputati, ciò significa che la richiesta di applicazione di tale beneficio deve essere supportata da elementi che dimostrino l’assoluta occasionalità del fatto, tenendo conto che il giudice potrà effettuare una valutazione a tutto tondo della condotta di vita, includendo anche eventuali illeciti successivi. La pronuncia rafforza l’idea che la non punibilità per tenuità del fatto è riservata a episodi di criminalità veramente sporadici e marginali.

Quando un reato può essere considerato di ‘particolare tenuità del fatto’ secondo l’art. 131-bis del codice penale?
Un reato è considerato di particolare tenuità quando l’offesa è minima e il comportamento dell’autore non è abituale. La valutazione richiede un’analisi complessa e congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell’entità del danno o del pericolo.

Cosa si intende per ‘condotta abituale’ che impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto?
Per ‘condotta abituale’ si intende un comportamento che rivela una tendenza non occasionale a commettere illeciti. Questa nozione è più ampia della recidiva e si basa su una valutazione complessiva di tutti gli illeciti penalmente rilevanti commessi dall’imputato, che nel loro insieme dimostrano una serialità nel comportamento criminale.

Per valutare la condotta abituale di un imputato, il giudice può considerare anche i reati commessi dopo quello per cui si sta procedendo?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini di valutare la serialità dei comportamenti e quindi la condotta abituale, possono essere presi in esame anche i reati commessi successivamente a quello sub iudice, in quanto anch’essi contribuiscono a dimostrare una devianza non occasionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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