Tenuità del Fatto Droga: Quando la Fedina Pulita Non Basta
L’applicazione della tenuità del fatto droga, prevista dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90, è spesso al centro di dibattiti giudiziari. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che la gravità oggettiva della condotta può prevalere sullo stato di incensurato dell’imputato. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un soggetto che, pur essendo incensurato, è stato trovato in possesso di un notevole quantitativo di sostanza stupefacente di tipo ‘pesante’ (cocaina). La droga era caratterizzata da un elevato principio attivo, tale da poter ricavare ben 176 singole dosi. Le indagini avevano inoltre rivelato che l’attività non era affatto occasionale, ma si inseriva in un contesto criminale locale ben strutturato, che garantiva la disponibilità di stupefacenti di elevata purezza e, di conseguenza, ingenti guadagni.
Condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando proprio la mancata applicazione dell’attenuante della lieve entità del fatto.
Le Motivazioni della Decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Le argomentazioni della Corte si sono concentrate su due aspetti fondamentali: l’inammissibilità procedurale del ricorso e la valutazione sostanziale della gravità del fatto.
La non applicabilità della tenuità del fatto droga
Il cuore della decisione risiede nella valutazione degli elementi che escludono la tenuità del fatto droga. I giudici di legittimità hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse correttamente evidenziato una serie di indicatori di gravità che rendevano impossibile riconoscere il beneficio:
* Quantità e Qualità dello Stupefacente: La detenzione di un quantitativo tale da produrre 176 dosi di cocaina è stata considerata un elemento di per sé indicativo di una condotta tutt’altro che lieve.
* Modalità dell’Azione: L’attività non era episodica ma inserita in un meccanismo consolidato.
* Contesto Criminale: L’inserimento dell’attività in una rete criminale locale, capace di fornire droga purissima, è stato valutato come un fattore aggravante che dimostra una maggiore pericolosità sociale.
Questi elementi, considerati nel loro insieme, hanno delineato un quadro di gravità oggettiva che supera di gran lunga la soglia della ‘tenuità’.
L’Irrilevanza dello Stato di Incensurato di Fronte alla Gravità
La Corte ha specificato che lo stato di incensurato dell’imputato, sebbene sia un elemento da considerare, non può da solo giustificare l’applicazione dell’attenuante quando tutti gli altri indicatori fattuali puntano in direzione opposta. La gravità concreta del reato, desunta dalle modalità dell’azione e dalle circostanze, prevale sulla condizione personale del reo.
Il Principio della Inammissibilità del Ricorso ‘Fotocopia’
Oltre al merito della questione, la Cassazione ha ribadito un importante principio processuale. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza muovere una critica specifica e puntuale alle motivazioni della sentenza impugnata. Un ricorso in Cassazione non può essere una semplice ripetizione dei motivi d’appello, ma deve individuare precise violazioni di legge o vizi logici nella decisione di secondo grado.
Conclusioni
Questa ordinanza della Corte di Cassazione rafforza un principio fondamentale nella valutazione della tenuità del fatto droga: è necessaria un’analisi complessiva e concreta della condotta. Lo stato di incensurato non costituisce un ‘salvacondotto’ automatico per ottenere il beneficio dell’attenuante. Elementi oggettivi come la quantità e la purezza della sostanza, la non occasionalità dell’attività e i legami con la criminalità organizzata sono indicatori decisivi della gravità del reato e possono giustificare pienamente l’esclusione del trattamento sanzionatorio più mite, anche per chi commette il suo primo reato.
Avere la fedina penale pulita è sufficiente per ottenere il riconoscimento della tenuità del fatto in un caso di spaccio di droga?
No, secondo questa ordinanza non è sufficiente. La Corte ha stabilito che, nonostante l’assenza di precedenti penali, la gravità oggettiva del fatto (come l’ingente quantitativo di stupefacente e il legame con contesti criminali) può prevalere e impedire l’applicazione del beneficio.
Quali elementi valuta il giudice per escludere la tenuità del fatto in materia di droga?
Il giudice valuta le modalità e le circostanze dell’azione. Nel caso specifico, sono stati considerati determinanti il consistente quantitativo di cocaina (da cui si potevano ricavare 176 dosi), l’elevato principio attivo, la natura non occasionale dell’attività e il suo inserimento in un contesto criminale locale.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se si limita a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte dal giudice precedente, senza una critica specifica e argomentata della decisione impugnata. In pratica, è inammissibile se non presenta validi motivi di diritto ma si limita a ripetere le argomentazioni precedenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13769 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13769 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ANDRIA il 06/09/1953
avverso la sentenza del 09/12/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo con l’unico motivo violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla mancata applicazione dell’art. 73 comma 5 del D.P.R 309/90. Si lamenta la mancata valutazione di elementi ritenute rilevanti ai fini dell’applicazione della tenuità del fatto. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il motivo in questione non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non è scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata ed è privo della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto ed in particolare con riferimento al mancato riconoscimento della tenuità del fatto hanno dato rilievo alla circostanza per cui la condotta si è caratterizzata, pur essendo l’imputato incensurato, attesa la gravità del fatto tratta delle modalità e delle circostanze dell’azione che il comma 5 chiede di considerare nella valutazione sulla tenuità (vedi pag. 4 sentenza impugnata); in particolare, si è dato atto che era detenuto un consistente quantitativo di stupefacente pesante, trattandosi di cocaina e con elevato principio attivo, dalla quale potevano trarsi ben 176 dosi singole droganti; l’attività, non occasionale, era pure inserita nel contesto locale criminale che garantiva !a disponibilità di stupefacente di elevatissima purezza e non ancora tagliata, garantendo quindi lucrosi guadagni.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del/della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am-
mende.
Così deciso il 25/03/2025