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Tenuità del fatto beni culturali: il caso della fontana

Un funzionario pubblico, responsabile di aver avviato lavori di restauro su una fontana monumentale senza la necessaria autorizzazione della Soprintendenza, è stato assolto in appello per la particolare tenuità del fatto. La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il suo successivo ricorso, ha confermato che l’intero monumento, inclusa la base, è un bene culturale protetto. L’applicazione del principio di tenuità del fatto beni culturali ha comunque reso non punibile la condotta.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tenuità del fatto beni culturali: assoluzione per lavori non autorizzati

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 28366/2025 offre un’importante riflessione sul principio di tenuità del fatto beni culturali. Il caso riguarda un funzionario pubblico accusato di aver eseguito lavori su un monumento senza la prescritta autorizzazione. Sebbene il reato sussista, l’esiguità del danno ha portato alla non punibilità, una decisione che bilancia la tutela del patrimonio e il principio di proporzionalità della pena.

I fatti del processo: lavori non autorizzati su un bene culturale

La vicenda ha origine da una determina dirigenziale con cui il responsabile del settore tecnico di un Comune disponeva l’affidamento di lavori per il ripristino del basamento di una fontana monumentale. L’intervento veniva avviato senza la preventiva autorizzazione della competente Soprintendenza, obbligatoria ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Per questa omissione, il funzionario veniva processato e condannato in primo grado. L’accusa si fondava sulla violazione dell’art. 169 del citato decreto, che sanziona penalmente chiunque esegua opere di qualsiasi genere su beni culturali senza la prescritta autorizzazione.

La decisione dei giudici di merito e la tenuità del fatto sui beni culturali

In secondo grado, la Corte di appello ha riformato la sentenza di condanna. Pur riconoscendo la sussistenza del reato, i giudici hanno assolto l’imputato applicando la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Questa norma consente al giudice di non applicare una pena quando l’offesa arrecata è minima, sia per le modalità della condotta sia per l’esiguità del danno o del pericolo.

Nonostante l’assoluzione, l’imputato ha deciso di ricorrere in Cassazione, ritenendo di non aver commesso alcun reato e contestando l’interpretazione dei fatti data dai giudici.

I motivi del ricorso in Cassazione

L’imputato ha basato il suo ricorso su due argomentazioni principali:

1. Travisamento della prova: Sosteneva che la sua determina riguardasse solo la fornitura dei materiali lapidei e non l’esecuzione dei lavori, che sarebbe stata disposta da altri.
2. Erronea applicazione della legge: Affermava che oggetto di tutela culturale fosse solo la statua della fontana e non il suo basamento, e che quindi i lavori su quest’ultimo non necessitassero di autorizzazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici supremi hanno chiarito che, avendo la Corte di Appello già riconosciuto la non punibilità per tenuità del fatto beni culturali, le censure sulla colpevolezza perdevano di rilevanza. L’assoluzione con questa formula, infatti, presuppone che il reato sia stato effettivamente commesso, ma che non meriti una sanzione penale per la sua minima offensività.

La Corte ha inoltre smontato le argomentazioni del ricorrente, precisando due punti fondamentali:

* Il contenuto della determina: Dal testo del provvedimento firmato dall’imputato emergeva chiaramente la necessità di “effettuare i lavori di ripristino”, dimostrando il suo pieno coinvolgimento nella decisione dell’intervento.
* L’estensione della tutela: La Corte ha ribadito che la tutela dei beni culturali si estende all’intero monumento, compreso il basamento, in quanto parte integrante che deve armonizzarsi con l’opera principale. Pertanto, qualsiasi intervento su di esso richiedeva l’autorizzazione della Soprintendenza.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è possibile anche in materia di reati contro il patrimonio culturale. Questo non significa sminuire l’importanza della tutela, ma applicare un criterio di proporzionalità. Se l’intervento non autorizzato non ha causato un danno significativo al bene, la risposta penale può essere esclusa.

Al contempo, la decisione riafferma una visione olistica della tutela, specificando che un bene culturale è un insieme inscindibile di tutte le sue parti, ognuna meritevole di protezione. Di conseguenza, l’imputato, pur assolto, ha visto il suo ricorso dichiarato inammissibile e si è trovato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a conferma che il suo comportamento è stato comunque ritenuto illecito.

È possibile non essere puniti per lavori non autorizzati su un bene culturale?
Sì, è possibile. Come dimostra questa sentenza, se l’offesa è considerata di “particolare tenuità” ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale, il giudice può assolvere l’imputato riconoscendo la non punibilità del fatto, anche se il reato è stato commesso.

La base di un monumento è considerata un bene culturale protetto al pari dell’opera principale?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che la tutela si estende all’intero complesso monumentale, inclusi elementi accessori come il basamento, poiché esso deve integrarsi armonicamente con l’opera principale e ne condivide il valore culturale.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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