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Tenuità del fatto: annullata condanna per frode

Un professionista, condannato per dichiarazione fraudolenta tramite l’uso di molteplici fatture per operazioni inesistenti, ha ottenuto l’annullamento della sentenza dalla Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha stabilito che la Corte d’Appello ha errato nel non applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sia per una scorretta valutazione della condotta come ‘abituale’, sia per non aver considerato la nuova normativa più favorevole che valorizza il pagamento, anche rateale, del debito tributario. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio sul punto.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Diritto Tributario, Giurisprudenza Penale

Particolare Tenuità del Fatto nei Reati Tributari: La Cassazione Annulla Condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sull’applicazione della particolare tenuità del fatto ai reati tributari, in particolare alla dichiarazione fraudolenta. La decisione, annullando una condanna, sottolinea come l’utilizzo di più fatture false in un’unica dichiarazione non configuri automaticamente una condotta “abituale” e come le nuove normative impongano di valutare anche il comportamento post-reato del contribuente, come l’adesione a un piano di rateizzazione del debito.

I Fatti: Il Caso di Dichiarazione Fraudolenta

Il caso riguardava un professionista, titolare di uno studio legale, accusato del reato di dichiarazione fraudolenta previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000. Nello specifico, per l’anno d’imposta 2015, aveva inserito nella dichiarazione annuale elementi passivi fittizi per un imponibile di oltre 44.000 euro, con un’IVA correlata di circa 9.700 euro, utilizzando fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse da una società con sede nella Repubblica di San Marino.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Condannato in primo grado dal Tribunale e in appello dalla Corte di Ancona (che aveva solo ridotto la pena), il professionista ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Errata valutazione della gravità: La Corte d’Appello non avrebbe applicato la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), limitandosi a considerare l’importo dell’imposta evasa senza bilanciarlo con altri indici, come il fatto che tale importo fosse notevolmente al di sotto della soglia di rilevanza penale e la condotta successiva dell’imputato (adesione a una procedura di definizione della lite).
2. Errata valutazione dell’abitualità: I giudici di merito avrebbero erroneamente considerato la condotta non occasionale, e quindi ostativa alla tenuità del fatto, solo perché basata su una pluralità di fatture, senza considerare che tali documenti si riferivano a un’unica operazione economica e confluivano in un’unica dichiarazione fiscale.
3. Insussistenza dell’elemento soggettivo: La difesa contestava la sussistenza del dolo, ovvero dell’intenzione di evadere le imposte.

La Decisione della Cassazione sulla Particolare Tenuità del Fatto

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il terzo motivo, confermando che l’utilizzo di fatture da un soggetto estero non soggetto a IVA italiana è un chiaro indice della volontà di evadere. Tuttavia, ha accolto i primi due motivi, annullando la sentenza con rinvio.

L’Impatto della Nuova Normativa Tributaria

La Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello non abbia tenuto conto delle recenti modifiche legislative (D.Lgs. n. 87/2024), che hanno introdotto specifici criteri per valutare la particolare tenuità del fatto in materia tributaria. La nuova norma (art. 13, comma 3-ter, D.Lgs. 74/2000) impone al giudice di dare peso prevalente a indici quali: lo scostamento dell’imposta evasa dalla soglia di punibilità, l’adempimento integrale del debito e l’entità del debito residuo in caso di rateizzazione. Poiché l’imputato aveva aderito a un piano di pagamento, versando già diverse rate, la sua condotta post-reato doveva essere attentamente valutata, cosa che non è stata fatta.

La Nozione di Condotta Abituale e il Reato Unitario

Il punto più significativo della sentenza riguarda la nozione di “abitualità”. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti è un reato unitario. Si perfeziona con la presentazione della dichiarazione annuale, non con la registrazione delle singole fatture. Di conseguenza, l’utilizzo di più fatture false all’interno della stessa dichiarazione e per lo stesso periodo d’imposta costituisce un’unica condotta criminosa. Non può, quindi, essere considerato di per sé un comportamento “abituale” o “non occasionale” che impedisca l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una duplice analisi. Da un lato, l’interpretazione sistematica della legge penale tributaria, che configura il reato come unico al momento della dichiarazione, rendendo irrilevante il numero di documenti utilizzati. Dall’altro, il principio del favor rei, che impone l’applicazione retroattiva della normativa più favorevole, in questo caso le nuove disposizioni sulla valutazione della tenuità del fatto che valorizzano il ravvedimento del contribuente. I giudici di legittimità hanno censurato la sentenza d’appello per aver omesso un’analisi completa della fattispecie alla luce di tutti i presupposti normativi, sia quelli preesistenti sia quelli sopravvenuti.

Le Conclusioni

Questa sentenza stabilisce due principi di notevole importanza pratica:
1. Per i reati di dichiarazione fraudolenta, la pluralità di fatture false non è sufficiente a escludere la particolare tenuità del fatto se tali fatture confluiscono in un’unica dichiarazione per un singolo periodo d’imposta.
2. Ai fini del riconoscimento della tenuità, il giudice deve obbligatoriamente valutare la condotta del contribuente successiva al reato, come il pagamento integrale o rateale del debito, secondo i nuovi criteri introdotti dalla riforma del sistema sanzionatorio tributario.
La Corte di Cassazione ha quindi annullato la sentenza, rinviando il caso alla Corte di Appello di Perugia per un nuovo esame che tenga conto di questi fondamentali principi.

L’utilizzo di più fatture false in una sola dichiarazione fiscale rende automaticamente ‘abituale’ la condotta?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato di dichiarazione fraudolenta è un reato unitario che si consuma con la presentazione della dichiarazione. Pertanto, l’uso di più documenti falsi a supporto di una singola dichiarazione non configura di per sé una condotta abituale che escluderebbe l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Come va valutata la particolare tenuità del fatto nei reati tributari dopo le recenti riforme?
La valutazione deve tenere conto dei nuovi criteri introdotti dall’art. 13, comma 3-ter, del d.lgs. 74/2000. Il giudice deve considerare in modo prevalente l’entità dello scostamento dell’imposta evasa dalla soglia di punibilità, l’eventuale pagamento integrale o rateale del debito e l’entità del debito residuo. La condotta successiva al reato, come l’adesione a piani di rateizzazione, assume quindi un’importanza cruciale.

La scelta di utilizzare fatture da un soggetto estero ha rilevanza per provare l’intenzione di evadere?
Sì. La sentenza conferma che avvalersi di fatture emesse da un soggetto operante in un Paese estero (nella fattispecie, San Marino) che non applica l’IVA italiana è un elemento che dimostra la consapevolezza e la volontà (dolo) di commettere il reato, poiché esclude ogni possibilità di recuperare l’imposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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