Tenuità del Danno: la Cassazione chiarisce l’incompatibilità con la non modestia del pregiudizio
L’ordinanza n. 22185/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla relazione tra l’attenuante della tenuità del danno e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Con questa pronuncia, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, stabilendo un principio di coerenza logica che i giudici di merito devono seguire nella valutazione del danno causato dal reato. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava, tra i vari motivi, la mancata applicazione della circostanza attenuante della tenuità del danno, prevista dall’articolo 62, n. 4, del codice penale. Secondo la difesa, il danno cagionato era di entità minima e, pertanto, avrebbe dovuto comportare una riduzione della pena.
La Corte d’Appello, tuttavia, non aveva concesso tale attenuante. Il ricorso in Cassazione si fondava proprio su una presunta carenza di motivazione su questo specifico punto della sentenza di secondo grado.
La Valutazione della Tenuità del Danno in Appello
La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, ha innanzitutto ribadito un principio consolidato: il giudice di appello non è obbligato a confutare analiticamente ogni singola argomentazione difensiva. È sufficiente che la sua motivazione, considerata nel suo complesso, spieghi in modo logico e adeguato le ragioni della decisione, dimostrando di aver tenuto conto di tutti gli elementi decisivi. Un’argomentazione difensiva può essere considerata implicitamente respinta se la ricostruzione dei fatti adottata dal giudice è incompatibile con essa.
Nel caso specifico, la Corte territoriale aveva già esaminato la gravità del danno quando aveva rigettato la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Il giudice di appello aveva concluso che il danno patrimoniale causato dall’imputato non poteva essere considerato “particolarmente modesto”, negando così l’applicazione di tale istituto.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, basando la propria decisione su un’argomentazione di pura logica giuridica. I giudici hanno evidenziato che la valutazione sul danno, essendo fondata su apprezzamenti di fatto non sindacabili in sede di legittimità (se non per manifesta illogicità), era cruciale.
Il punto centrale della motivazione è il seguente: la valutazione secondo cui il danno non è “particolarmente modesto” (necessaria per escludere l’art. 131-bis c.p.) è logicamente incompatibile con il riconoscimento dell’attenuante della tenuità del danno (art. 62 n. 4 c.p.). In altre parole, un giudice non può affermare, nello stesso provvedimento, che un danno non è abbastanza lieve per giustificare la non punibilità, ma che è sufficientemente lieve per meritare uno sconto di pena.
Questa coerenza valutativa rende superflua una motivazione specifica sul rigetto dell’attenuante, poiché la sua esclusione è una conseguenza diretta e inevitabile della precedente valutazione sulla non modestia del danno. Pertanto, il motivo di ricorso è stato giudicato infondato in modo manifesto.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
In conclusione, con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ha stabilito che, una volta che il giudice di merito ha motivatamente escluso la particolare modestia del danno ai fini dell’applicazione dell’art. 131-bis c.p., risulta implicitamente e logicamente rigettata anche la richiesta di applicazione dell’attenuante della tenuità del danno. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione rafforza il principio di coerenza e logicità che deve guidare la motivazione delle sentenze, evitando valutazioni contraddittorie sul medesimo elemento di fatto.
Un giudice deve rispondere punto per punto a ogni argomento della difesa?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è censurabile la sentenza che, pur non rispondendo esplicitamente a una specifica deduzione, la rigetta implicitamente attraverso una motivazione complessiva e una ricostruzione dei fatti che non lascia spazio a interpretazioni alternative.
Qual è il rapporto tra la non punibilità per tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e l’attenuante per tenuità del danno (art. 62 n. 4 c.p.)?
La Corte ha stabilito che esiste un rapporto di incompatibilità logica. Se un giudice ritiene che il danno patrimoniale non sia “particolarmente modesto” al punto da negare l’applicazione della causa di non punibilità, non può poi riconoscere l’attenuante basata sulla tenuità dello stesso danno.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la chiusura definitiva del procedimento. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, a titolo sanzionatorio, in favore della Cassa delle ammende (in questo caso, fissata in 3.000 euro).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22185 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22185 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SAN SEVERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/06/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta carenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante della tenuità del danno, è manifestamente infondato;
rilevato che il giudice di appello non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale delle risultanze processuali, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo;
rilevato, infatti, che, in sede di legittimità, non è censurabile la sentenza, per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame, quando questa risulta disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio previsto dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della prospettazione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa (Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, Sirica, Rv. 276741; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, Currò, Rv. 275500).
rilevato che, nel caso di specie, la Corte territoriale, con motivazione coerente con le risultanze istruttorie e priva di illogicità manifesta, ha rigettato il motivo d appello con cui l’imputato chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., sul presupposto che il danno patrimoniale cagionato dal ricorrente non possa configurarsi come particolarmente modesto (vedi pag. 3 della sentenza impugnata), tale valutazione, fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità, logicamente incompatibile con il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4, cod. pen. con conseguente manifesta infondatezza del motivo di ricorso;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il , 3 aprile 2024