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Tentato riciclaggio: Cassazione conferma condanna

Un soggetto, condannato in primo e secondo grado per tentato riciclaggio (artt. 56, 648-bis c.p.) per essere stato sorpreso a smontare un veicolo rubato, ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo inammissibile la censura sulla valutazione dei fatti, in quanto mera riproposizione di motivi già esaminati, e infondata la questione sulla pena applicata, poiché correttamente determinata in base alla legge vigente al momento del reato.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato Riciclaggio di Veicoli: La Cassazione Conferma la Condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10392 del 2024, si è pronunciata su un caso di tentato riciclaggio di un’autovettura, confermando la condanna inflitta nei gradi di merito. La decisione offre importanti spunti sulla distinzione tra la valutazione dei fatti, riservata ai giudici di primo e secondo grado, e il controllo di legittimità, proprio della Suprema Corte, nonché sulla corretta applicazione della legge penale nel tempo.

I Fatti del Caso

Il procedimento penale ha origine quando un individuo veniva sorpreso dalle forze dell’ordine mentre era intento a smontare alcune parti di un’autovettura. Alla vista degli agenti, l’uomo si dava alla fuga. Le successive indagini accertavano che il veicolo era di provenienza furtiva. Sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano ritenuto che tali condotte integrassero il reato di tentato riciclaggio, in quanto le operazioni effettuate erano inequivocabilmente dirette a ostacolare l’identificazione della provenienza illecita del bene, condannando l’imputato alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e 1.800,00 euro di multa.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su due principali motivi:

1. Vizio di motivazione: si contestava che i giudici di merito non avessero adeguatamente provato l’elemento soggettivo del reato, ossia la consapevolezza che il veicolo fosse rubato. Secondo la difesa, la motivazione della sentenza d’appello era carente su questo punto cruciale.
2. Erronea applicazione della legge penale: si sosteneva che la pena pecuniaria fosse stata calcolata sulla base di una modifica legislativa (L. n. 186/2014) entrata in vigore nel 2015, mentre i fatti erano stati commessi nel 2014. Ciò avrebbe violato il principio che impone l’applicazione della legge più favorevole all’imputato.

La Decisione della Corte di Cassazione sul tentato riciclaggio

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato, rigettandolo e confermando integralmente la condanna. Gli Ermellini hanno condannato il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha analizzato separatamente i due motivi di ricorso, giungendo a conclusioni nette.

Per quanto riguarda il primo motivo, relativo al vizio di motivazione, i giudici hanno stabilito la sua inammissibilità. La Cassazione ha chiarito che il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse censure già sollevate in appello, senza confrontarsi criticamente con le risposte fornite dalla Corte territoriale. La ricostruzione dei fatti (l’essere stato sorpreso a smontare un’auto rubata, la fuga, le condizioni del mezzo) è una valutazione riservata al giudice di merito. Poiché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente, immune da vizi, non era possibile per la Cassazione procedere a una nuova e diversa valutazione delle prove.

Sul secondo motivo, concernente l’applicazione della legge penale, la Corte lo ha ritenuto infondato. I giudici hanno evidenziato che il Tribunale era pienamente consapevole delle modifiche legislative sull’art. 648-bis c.p. La pena pecuniaria, sebbene leggermente superiore al minimo edittale, era stata determinata in misura ampiamente inferiore alla media prevista dalla legge in vigore al momento del fatto (ratione temporis). Pertanto, non vi è stata alcuna applicazione retroattiva di una norma sfavorevole, ma una corretta commisurazione della pena basata sui parametri legislativi vigenti all’epoca del reato.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce due principi fondamentali del nostro ordinamento. In primo luogo, il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti; le censure devono riguardare vizi di legittimità (come un’illogicità manifesta della motivazione) e non possono limitarsi a riproporre questioni di merito già decise. In secondo luogo, viene confermata la corretta applicazione del principio tempus regit actum nel diritto penale: la pena deve essere determinata secondo la legge in vigore al momento della commissione del reato, e spetta al giudice di merito motivare l’entità della sanzione all’interno della cornice edittale prevista da quella legge.

È possibile contestare in Cassazione la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito?
No, la Corte di Cassazione giudica solo la legittimità della decisione. Secondo la sentenza, il ricorso è inammissibile se si limita a riproporre questioni di fatto già adeguatamente esaminate e motivate nei gradi di giudizio precedenti.

Perché il motivo sull’errata applicazione della pena è stato respinto?
Il motivo è stato ritenuto infondato perché la Corte ha verificato che il giudice di primo grado aveva correttamente applicato la legge in vigore al momento del reato (principio del ‘ratione temporis’). La pena pecuniaria, pur essendo superiore al minimo, era ben al di sotto della media edittale consentita dalla normativa applicabile.

Quali condotte sono state considerate sufficienti per configurare il tentato riciclaggio?
Essere sorpreso dalle forze dell’ordine mentre si smontano parti di un’autovettura di provenienza furtiva e darsi alla fuga alla loro vista sono stati considerati elementi sufficienti a dimostrare la consapevole finalità di occultare l’origine illecita del bene, integrando così il reato di tentato riciclaggio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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