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Tentato omicidio stradale: investire agenti per fuga

Un automobilista, per sottrarsi a un controllo di polizia, accelera deliberatamente verso due agenti, colpendoli. La Corte di Cassazione ha confermato l’accusa di tentato omicidio stradale, rigettando il ricorso dell’indagato. Secondo la Corte, lanciare un veicolo a forte velocità contro delle persone costituisce un’azione idonea e univocamente diretta a uccidere, configurando un dolo omicidiario (nella forma diretta o alternativa), anche se lo scopo principale era la fuga. La pericolosità della condotta ha giustificato la massima misura cautelare in carcere.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato omicidio stradale: investire agenti per fuggire è dolo

La fuga da un controllo di polizia può trasformarsi in un’accusa gravissima. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha stabilito che dirigere volontariamente la propria auto a forte velocità contro gli agenti integra il reato di tentato omicidio stradale, anche se lo scopo dichiarato è solo quello di sottrarsi all’arresto. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: l’intenzione di fuggire non esclude la volontà di uccidere.

I Fatti di Causa

Durante una notte di fine anno, una pattuglia di Polizia nota un’auto sfrecciare a forte velocità in una via cittadina. Nonostante l’attivazione dei segnali luminosi e acustici, il conducente, anziché fermarsi, accelera. Viene richiesto l’intervento di un’altra volante per predisporre un posto di blocco, ma l’automobilista lo oltrepassa con una manovra fulminea e pericolosa, proseguendo la sua corsa.

L’inseguimento si conclude in una via dove l’auto in fuga viene accerchiata. A questo punto, il conducente, dopo aver finto di arrestare la marcia, riparte improvvisamente a tutta velocità, puntando direttamente contro due agenti che nel frattempo erano scesi dai veicoli di servizio. Gli agenti vengono colpiti con la parte anteriore sinistra del veicolo, rovinando a terra e strisciando sull’asfalto per diversi metri. Solo per una casualità non vengono travolti dalle ruote. L’indagato si giustificherà affermando di aver agito in quel modo solo per scappare, essendo privo di patente, e non con l’intenzione di uccidere.

Il Ricorso dell’Indagato

Contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, la difesa dell’uomo ha proposto ricorso in Cassazione, basandosi su tre motivi principali:
1. Insussistenza del tentato omicidio: Secondo il ricorrente, mancavano sia l’elemento oggettivo (gli agenti erano stati solo sfiorati e le lesioni erano lievi) sia quello soggettivo. La sua unica intenzione era la fuga, non l’omicidio. Al massimo, si sarebbe potuto configurare un dolo eventuale, incompatibile con la figura del delitto tentato.
2. Mancanza di esigenze cautelari: Il pericolo di recidiva era ritenuto meramente ipotetico e non basato su elementi concreti.
3. Sproporzione della misura: Essendo l’indagato incensurato, la custodia in carcere sarebbe stata una misura eccessiva, dovendosi preferire gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo un tentativo di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, compito che non spetta al giudice di legittimità. Le argomentazioni della Corte si sono concentrate sui seguenti punti.

La Configurazione del Tentato Omicidio Stradale

I giudici hanno confermato la correttezza della qualificazione giuridica data dal Tribunale. La condotta dell’indagato, analizzata con un giudizio ex ante, presentava tutti i requisiti del tentato omicidio:
* Idoneità dell’azione: L’utilizzo di un’autovettura lanciata a forte velocità come arma è un mezzo indubbiamente idoneo a provocare la morte.
* Univocità degli atti: La direzione della marcia, impressa con una brusca sterzata, proprio verso gli agenti, rendeva la condotta inequivocabilmente finalizzata a colpirli.

La circostanza che gli agenti non siano stati investiti in pieno o travolti dalle ruote è stata considerata una mera casualità, che non esclude la sussistenza del reato tentato.

L’Elemento Soggettivo: Dolo Alternativo e non Volontà di Fuga

La Corte ha ritenuto del tutto implausibile la versione dell’indagato. Chi punta un’auto contro delle persone per fuggire si rappresenta e accetta come conseguenza possibile, se non certa, la loro morte. Questo atteggiamento psicologico configura il dolo alternativo, in cui l’agente agisce volendo indifferentemente l’uno o l’altro degli eventi che si è rappresentato (in questo caso, il ferimento o la morte degli agenti). Tale forma di dolo è pienamente compatibile con il delitto tentato. Lo scopo finale della fuga non serve a escludere la volontà omicida, ma ne rappresenta semplicemente il movente.

Le Esigenze Cautelari e la Scelta del Carcere

Infine, la Cassazione ha validato la valutazione del Tribunale sul pericolo concreto e attuale di recidiva. Tale pericolo è stato desunto non dalla biografia criminale dell’indagato (che era incensurato), ma dalla gravità del fatto e dalla personalità allarmante manifestata. La spregiudicatezza e la violenza della condotta, posta in essere al solo fine di sottrarsi a un controllo, hanno dimostrato una totale incapacità di controllare gli impulsi e di rispettare le regole. Per questo, la custodia in carcere è stata ritenuta l’unica misura idonea a contenere tale pericolosità.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio di estrema importanza: l’automobile, se usata in modo improprio, diventa un’arma letale. Chi, per scappare da un controllo, la dirige deliberatamente contro le forze dell’ordine, compie un atto che non può essere derubricato a mera resistenza o lesioni. La condotta viene correttamente inquadrata nel tentato omicidio stradale, poiché il soggetto agente, pur di garantirsi la fuga, accetta il rischio concreto di uccidere. La mancanza di precedenti penali non è sufficiente a escludere la massima misura cautelare se la condotta rivela una pericolosità sociale elevata.

Guidare l’auto contro agenti di polizia per fuggire a un controllo configura il tentato omicidio?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che dirigere un veicolo a forte velocità contro delle persone costituisce un’azione idonea e diretta in modo non equivoco a cagionarne la morte, integrando così pienamente il reato di tentato omicidio.

L’intenzione di fuggire esclude la volontà di uccidere (dolo omicidiario)?
No. Secondo la Corte, l’intenzione di fuggire rappresenta solo il movente dell’azione, ma non esclude il dolo. L’agente che, per scappare, investe deliberatamente delle persone si rappresenta la loro morte come una conseguenza possibile della sua condotta e ne accetta il rischio. Questo configura il cosiddetto ‘dolo alternativo’, sufficiente per l’accusa di tentato omicidio.

Un imputato incensurato può essere sottoposto alla custodia in carcere per tentato omicidio stradale?
Sì. La Corte ha stabilito che, anche in assenza di precedenti penali, la gravità estrema della condotta e la ‘personalità allarmante’ che essa rivela possono dimostrare un concreto pericolo di reiterazione del reato. Tale pericolosità può giustificare l’applicazione della misura cautelare più severa, la custodia in carcere, ritenendola l’unica idonea a tutelare la collettività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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