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Tentato omicidio: spari verso casa è reato?

La Corte di Cassazione ha confermato una condanna per tentato omicidio a carico di un uomo che aveva sparato diversi colpi di pistola verso l’abitazione di un’altra persona, dopo averla chiamata per farla uscire. La sentenza chiarisce che, per configurare il reato di tentato omicidio, non è necessaria la precisione assoluta dell’arma, ma è sufficiente che l’azione sia oggettivamente idonea a causare la morte e diretta in modo inequivocabile a tale scopo. La difesa basata sulla sola volontà di intimidire è stata respinta in base alla dinamica dei fatti e alle prove raccolte.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato omicidio: quando sparare verso una persona integra il reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9425 del 2024, affronta un caso complesso di tentato omicidio, offrendo chiarimenti fondamentali sui requisiti necessari per configurare questo grave reato. La vicenda riguarda un uomo che, a seguito di dissidi, si è recato presso l’abitazione di un conoscente e ha esploso diversi colpi di pistola nella sua direzione. Questa pronuncia è cruciale perché analizza nel dettaglio la linea di demarcazione tra una minaccia aggravata e un’azione volta a uccidere, anche quando l’arma utilizzata non è di massima precisione.

I Fatti di Causa

I fatti risalgono al maggio 2020, quando un uomo si presenta davanti alla casa di un conoscente, marito di sua cugina. Dopo averlo chiamato per nome per farlo uscire, esplode alcuni colpi di arma da fuoco. La vittima, appena uscita sull’uscio, riesce a rientrare in casa per mettersi al riparo.

Nei gradi di merito, l’imputato viene condannato per il tentato omicidio della persona uscita di casa e per il porto illegale d’arma. Viene invece assolto dall’accusa di tentato omicidio verso la convivente della vittima, rimasta sulla porta ma mai fatta oggetto diretto degli spari. L’imputato si difende sostenendo di aver voluto solo intimidire il conoscente, sparando un colpo in aria e altri contro il muro dell’abitazione solo dopo essersi assicurato che fosse rientrato. Propone quindi ricorso in Cassazione, contestando la qualificazione giuridica del fatto e la valutazione delle prove.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la condanna per tentato omicidio. La decisione si basa su una rigorosa analisi degli elementi oggettivi e soggettivi del reato, consolidando l’orientamento secondo cui la valutazione della condotta deve basarsi su tutte le prove disponibili, in un quadro di coerenza logica. La Corte ha ritenuto che le sentenze di primo e secondo grado (in questo caso, una “doppia conforme”) avessero costruito un impianto motivazionale solido e privo di vizi.

Le Motivazioni: L’analisi del tentato omicidio

La parte più interessante della sentenza risiede nell’analisi dei due elementi costitutivi del tentativo: l’idoneità degli atti e la loro univocità.

L’Idoneità dell’Azione Omicidiaria

La difesa aveva fatto leva sulla perizia balistica, la quale evidenziava una “oggettiva imprecisione di tiro” della pistola alla distanza da cui erano partiti i colpi. Secondo i giudici, però, questo non è sufficiente a escludere l’idoneità dell’azione. Il principio giuridico applicato è che l’inidoneità deve essere “assoluta”, valutata “ex ante” (cioè al momento dell’azione). Una semplice “insufficienza” del mezzo o una sua imprecisione non rendono l’azione inidonea, se questa ha comunque la potenzialità di raggiungere il risultato. Nel caso di specie, il ritrovamento di fori di proiettile ad altezza d’uomo, vicino alla porta da cui la vittima era uscita, è stato considerato prova sufficiente della capacità lesiva e potenzialmente mortale dei colpi.

L’Univocità degli Atti nel tentato omicidio

Per quanto riguarda l’univocità, ovvero la direzione non equivoca degli atti a commettere l’omicidio, la Corte ha valorizzato diversi elementi:

1. La chiamata della vittima: L’imputato ha chiamato la vittima per nome, inducendola a uscire e ad avvicinarsi, riducendo così la distanza e rendendola un bersaglio più facile. Se l’intento fosse stato solo intimidatorio, avrebbe potuto sparare contro la casa senza farlo uscire.
2. La rapida successione dei colpi: Testimoni hanno confermato che i colpi sono stati esplosi in rapida successione, indicando un’azione continua e determinata, non un gesto isolato.
3. La direzione degli spari: Gli spari erano diretti verso la porta, proprio dove si trovava la vittima, e non genericamente contro l’edificio.

Questi elementi, letti nel loro complesso, hanno portato la Corte a concludere che l’unica interpretazione logica della condotta fosse quella di un’intenzione omicida, escludendo la versione alternativa e meno credibile dell’intimidazione.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

La Corte ha infine confermato il diniego delle attenuanti generiche. Le ammissioni dell’imputato sono state ritenute tardive e parziali (avendo sempre negato l’intento omicida), la richiesta di scuse non sufficientemente provata e l’offerta di risarcimento del danno oggettivamente inadeguata a coprire l’intero pregiudizio.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce principi fondamentali in materia di tentato omicidio. In primo luogo, la valutazione dell’idoneità di un’azione non richiede la certezza del risultato, ma una concreta possibilità di verificarsi. Anche un’arma imprecisa può essere uno strumento idoneo se usata in circostanze che creano un pericolo reale per la vita della vittima. In secondo luogo, l’intenzione omicida (dolo) si desume da elementi oggettivi e logici, come la sequenza delle azioni, la direzione dei colpi e il contesto generale, che nel loro insieme devono puntare inequivocabilmente verso l’obiettivo di uccidere. La decisione rafforza la solidità delle sentenze “doppia conforme”, la cui motivazione combinata crea un corpo argomentativo difficilmente scalfibile in sede di legittimità.

Un’arma imprecisa può essere sufficiente per configurare un tentato omicidio?
Sì. Secondo la Corte, per integrare il reato non è richiesta la certezza che l’arma colpisca il bersaglio. È sufficiente che l’azione, valutata al momento in cui è stata compiuta (ex ante), abbia la potenzialità di causare la morte. L’inidoneità che esclude il reato è solo quella assoluta, non la semplice imprecisione o insufficienza del mezzo.

Come si distingue un’intimidazione da un tentato omicidio quando vengono sparati colpi di pistola?
La distinzione si basa sull’univocità degli atti, cioè sulla loro chiara direzione a uccidere. Nel caso specifico, elementi come aver chiamato la vittima per farla uscire, aver sparato più colpi in rapida successione verso di lei e non genericamente contro l’edificio, e la presenza di fori ad altezza d’uomo sono stati considerati indicatori inequivocabili dell’intento omicida, escludendo la tesi della mera intimidazione.

Perché sono state negate le attenuanti generiche nonostante le ammissioni dell’imputato?
Le attenuanti generiche sono state negate perché le ammissioni dell’imputato sono state ritenute parziali e tardive, dato che ha sempre negato l’intento omicida. Inoltre, la sua asserita resipiscenza non è stata ritenuta dimostrata e l’offerta di risarcimento del danno è stata giudicata oggettivamente inidonea a risarcire integralmente il danno e non si era concretizzata in una effettiva riparazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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