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Tentato omicidio: spari contro casa e dolo alternativo

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per tentato omicidio nei confronti di un uomo che aveva sparato diversi colpi di pistola verso l’abitazione di un’altra persona, pur senza colpirla. La Corte ha stabilito che la consapevolezza della presenza della vittima all’interno e l’utilizzo di un’arma letale integrano il dolo alternativo, rendendo irrilevante che lo scopo fosse ‘solo’ intimidatorio. La sentenza chiarisce che per il tentato omicidio contano l’idoneità e l’univocità degli atti a causare la morte, non il risultato finale.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato Omicidio: Quando Sparare Verso una Casa è Voler Uccidere

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 5516 del 2024, offre un’importante lezione sulla distinzione tra minaccia e tentato omicidio. Il caso analizzato riguarda un uomo che, spinto dalla gelosia, ha esploso diversi colpi di pistola contro l’abitazione di un rivale, pur senza attingerlo direttamente. La difesa ha sostenuto che l’intento fosse puramente intimidatorio, ma la Suprema Corte ha confermato la condanna per tentato omicidio, chiarendo il concetto di dolo alternativo e l’irrilevanza del mancato raggiungimento del bersaglio.

I Fatti del Caso: Gelosia, Evasione e Spari Notturni

La vicenda ha origine da una questione passionale. L’imputato, che si trovava agli arresti domiciliari, è evaso per recarsi presso il capanno dove viveva la vittima. Avvertito dell’arrivo imminente del marito armato e infuriato dalla stessa moglie dell’aggressore, la vittima si è barricata all’interno e ha allertato le forze dell’ordine.

Poco dopo, l’imputato è giunto sul posto e ha iniziato a sparare una serie di colpi con una pistola automatica sia contro la struttura, sia all’interno di essa, pronunciando frasi minacciose come “ti sparo in bocca uomo di merda”. I proiettili hanno danneggiato la porta del bagno, dove la vittima si era rifugiata.

L’Iter Giudiziario e le Argomentazioni della Difesa

Sia in primo grado che in appello, l’imputato è stato condannato per tentato omicidio, detenzione e porto illegale di arma da fuoco ed evasione. La difesa ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandosi su tre argomenti principali:

1. Mancanza di prova: Non vi era certezza che l’imputato sapesse della presenza della vittima all’interno del capanno.
2. Intento solo intimidatorio: L’azione era volta a spaventare e non a uccidere, come dimostrerebbe il fatto che nessun colpo ha raggiunto la vittima.
3. Mancata concessione delle attenuanti: Le circostanze attenuanti generiche non sono state concesse nella massima estensione.

Le Motivazioni della Suprema Corte: La Configurazione del Tentato Omicidio

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello logica e giuridicamente ineccepibile. I giudici hanno sottolineato che, per configurare il tentato omicidio, sono necessari due elementi: l’idoneità degli atti a causare la morte e la loro direzione inequivocabile verso tale scopo.

Nel caso di specie, entrambi gli elementi sono stati riscontrati. L’uso di una pistola carica e funzionante e l’esplosione di più colpi ad altezza d’uomo e in direzione di un luogo dove si sa trovarsi una persona costituiscono atti oggettivamente idonei a uccidere. La direzione inequivocabile è provata dalla sequenza dei fatti: l’imputato si è recato armato presso l’abitazione della vittima, ha sparato contro di essa e al suo interno, e ha proferito minacce di morte.

Il Principio del Dolo Alternativo nel Tentato Omicidio

Un punto centrale della decisione riguarda il ‘dolo alternativo’. La Corte ha spiegato che, anche se l’imputato avesse avuto come scopo primario quello di intimidire la vittima, l’atto di sparare in sua direzione implicava l’accettazione del rischio concreto di ucciderla. In questi casi, la legge considera presente l’intenzione di commettere il reato più grave. La condotta è stata quindi ritenuta sintomatica di un dolo diretto, nella forma appunto del dolo alternativo, escludendo la sola finalità intimidatoria.

La Valutazione delle Circostanze Attenuanti

Infine, la Corte ha confermato la corretta valutazione delle circostanze attenuanti generiche. I giudici di merito le avevano riconosciute, ma non nella massima estensione, a causa della gravità del fatto (plurimi colpi d’arma da fuoco) e della ‘spiccata capacità a delinquere’ dell’imputato, desunta dai suoi precedenti penali. La decisione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e, se motivata logicamente come in questo caso, non è sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del diritto penale: per il tentato omicidio non conta il risultato, ma l’intenzione e l’adeguatezza dell’azione. Chi spara con un’arma letale verso una persona, o verso un luogo dove sa che essa si trova, compie un’azione che va oltre la semplice minaccia, accettando il rischio di poter uccidere. La decisione della Cassazione serve da monito, chiarendo che la giustizia valuta la potenziale letalità di un gesto, non la fortuna della vittima nello scampare alla morte.

Sparare in direzione di un’abitazione sapendo che c’è una persona all’interno costituisce tentato omicidio?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, esplodere colpi d’arma da fuoco in direzione di un luogo dove si sa trovarsi la vittima integra il reato di tentato omicidio, in quanto tali atti sono considerati idonei e diretti in modo univoco a causare la morte.

Se i proiettili non colpiscono la vittima, si può escludere l’intento di uccidere?
No. Il mancato ferimento della vittima è irrilevante per la configurazione del reato di tentato omicidio. Ciò che conta è che l’azione fosse oggettivamente idonea a provocare la morte e che l’intenzione dell’agente fosse diretta a tale scopo, anche solo in forma di dolo alternativo.

Cosa si intende per dolo alternativo in un caso di tentato omicidio?
Si ha dolo alternativo quando l’aggressore prevede e accetta come possibili due diversi risultati della sua azione (in questo caso, l’intimidazione o la morte), dimostrando indifferenza per quale dei due si verifichi. La giurisprudenza ritiene che in tale situazione sia presente l’intenzione di commettere il reato più grave.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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