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Tentato omicidio: sparare alle gomme è reato?

La Corte di Cassazione ha confermato la misura della custodia in carcere per un uomo accusato di tentato omicidio per aver sparato contro un autocarro durante un inseguimento. Secondo la Corte, anche se l’imputato sosteneva di aver mirato alle gomme, l’azione è intrinsecamente idonea a causare la morte e configura il tentato omicidio. Inoltre, l’allontanamento volontario dell’indagato non è stato ritenuto sufficiente a eliminare le esigenze cautelari, data l’elevata pericolosità dimostrata.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato omicidio: la Cassazione conferma che sparare alle gomme è sufficiente

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 9284/2024) affronta un caso di tentato omicidio e offre chiarimenti cruciali sui presupposti per la configurazione di questo grave reato e sulla valutazione delle esigenze cautelari. La vicenda riguarda una sparatoria avvenuta nel traffico cittadino, dove l’imputato ha esploso colpi di pistola verso un altro veicolo, sostenendo di aver mirato solo alle gomme. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la custodia in carcere e delineando principi di diritto fondamentali.

I fatti del caso

I fatti risalgono all’11 luglio 2023, quando in una cittadina del nord Italia, l’imputato, a bordo di un’utilitaria insieme al padre e al fratello, esplodeva diversi colpi d’arma da fuoco contro un autocarro. A bordo dell’autocarro si trovavano due persone con cui, a quanto pare, esisteva una rivalità.

L’imputato, pur confessando di essere l’autore degli spari, si è difeso sostenendo di non aver mai avuto l’intenzione di uccidere. La sua versione era di aver mirato deliberatamente agli pneumatici dell’autocarro che li stava inseguendo, al solo scopo di arrestarne la marcia. Sulla base di questi eventi, il Tribunale del riesame di Milano aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i reati di tentato omicidio, porto d’arma clandestina e ricettazione.

I motivi del ricorso: esigenze cautelari e qualificazione del reato

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali:

1. Insussistenza delle esigenze cautelari

Si sosteneva che non vi fosse più la necessità della custodia in carcere. L’imputato, infatti, si era volontariamente trasferito a 900 km di distanza, nel suo paese d’origine, prima dell’applicazione della misura. Secondo la difesa, questo allontanamento avrebbe fatto venire meno sia il pericolo di inquinamento delle prove sia quello di reiterazione del reato.

2. Errata qualificazione giuridica come tentato omicidio

Il secondo motivo contestava la configurabilità del tentato omicidio. La difesa argomentava che l’azione non era diretta a uccidere, basandosi su diversi elementi:
* La pistola era puntata verso il basso, non all’altezza del conducente.
* Data la maggiore altezza dell’autocarro rispetto all’utilitaria, per uccidere sarebbe stato necessario puntare l’arma verso l’alto.
* La vicinanza tra i veicoli rendeva impossibile mancare il bersaglio se l’intento fosse stato omicidiario.
* L’autocarro non era stato effettivamente colpito.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi infondati, rigettando il ricorso con argomentazioni chiare e precise.

Sul primo punto, relativo alle esigenze cautelari, i giudici hanno stabilito che il trasferimento in un’altra regione è un elemento “neutro”. Non impedisce, infatti, di contattare altre persone coinvolte nei fatti tramite mezzi di comunicazione a distanza, mantenendo vivo il rischio di inquinamento probatorio. Ancora più importante, la Corte ha sottolineato come la modalità del reato — una sparatoria in pieno centro abitato da parte di un gruppo familiare armato — dimostri un’elevata capacità criminale e una totale incapacità di autocontrollo. Tali elementi giustificano ampiamente il pericolo di reiterazione del reato, ad esempio per vendicare il ferimento del padre avvenuto durante lo scontro.

Sul secondo e più rilevante punto, la qualificazione del fatto come tentato omicidio, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: per valutare l’intenzione omicida (dolo), si deve guardare all’azione così come si presentava ex ante (al momento del compimento), non ex post (in base al risultato). In altre parole, non è rilevante che la vittima non sia stata colpita. Ciò che conta è se l’azione, nelle circostanze date, fosse idonea a causare la morte. I giudici hanno ritenuto logica la valutazione del Tribunale del riesame, secondo cui sparare verso un veicolo in movimento, anche mirando alle gomme, è un’azione che può avere conseguenze potenzialmente letali. La perdita di controllo di un autocarro a causa di uno pneumatico forato può facilmente provocare un incidente mortale. Pertanto, l’azione è stata considerata oggettivamente idonea a uccidere, e la tesi difensiva è stata respinta come un tentativo di rivalutare i fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce due concetti di grande importanza pratica. In primo luogo, la valutazione della pericolosità di un indagato non si basa solo su elementi statici come la residenza, ma sulle concrete modalità della sua condotta. Un’azione violenta e spregiudicata può giustificare la massima misura cautelare anche se l’indagato si allontana. In secondo luogo, e soprattutto, si conferma che per il tentato omicidio non è necessario mirare al cuore. Qualsiasi azione che, in base a un giudizio di probabilità, sia idonea a cagionare la morte e sia posta in essere con la consapevolezza di tale potenziale letalità, è sufficiente per integrare il reato, indipendentemente dal fatto che l’evento morte si sia poi verificato.

Spostarsi lontano dal luogo del reato elimina il pericolo di reiterazione o di inquinamento delle prove?
No, secondo la Corte il trasferimento è un elemento neutro. Non impedisce di contattare testimoni a distanza e, soprattutto, non attenua la pericolosità sociale dimostrata dalle modalità del fatto, la quale può giustificare il mantenimento della custodia in carcere.

Per configurare il tentato omicidio, è necessario colpire la vittima o mirare direttamente alla sua persona?
No, la sentenza chiarisce che il dolo di omicidio si valuta in base all’idoneità dell’azione a causare la morte al momento in cui viene compiuta. Sparare verso un veicolo in movimento, anche se si mira alle gomme, è un’azione che può avere conseguenze letali e quindi integrare il tentato omicidio.

Il fatto che i colpi non abbiano raggiunto il bersaglio esclude il tentato omicidio?
No, è del tutto irrilevante. Per il tentato omicidio è sufficiente che l’azione offensiva sia stata posta in essere con l’intenzione e con mezzi idonei a uccidere, a prescindere dal risultato finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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