Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26461 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26461 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI
CATANZARO
nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a CROTONE il 04/04/2006
avverso l’ordinanza del 17/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che h chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente alla riqualificazione dell’ipotesi delittuosa di cui al capo A);
udito il difensore avvocato COGNOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso del PM o, in subordine, il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 3 dicembre 2024, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Crotone applicava a NOME COGNOME cl. 2006 la misura della custodia cautelare in carcere in quanto gravemente indiziato di colpevolezza, in concorso con altri, dei delitti di tentato omicidio commessi in danno del vice ispettore della Polizia di Stato NOME COGNOME siccome descritti ai capi a) e b) della rubrica, e dei delitti di resistenza a pubblico ufficiale aggravata (capo d) e di porto illegale di pistola (capo f).
Il giorno dei fatti (7 ottobre 2024), il vice ispettore COGNOME a bordo della sua autovettura, decideva di seguire la vettura condotta da NOME COGNOME che, procedendo a zig-zag e con andatura sostenuta, aveva finito con il provocare un sinistro stradale andando a collidere con due veicoli, uno dei quali condotto da tale NOME COGNOME
Il pubblico ufficiale pedinava, quindi, la vettura del COGNOME, che si trovava in compagnia del figlio NOME cl. ’06, sino al quartiere INDIRIZZO di Crotone.
Qui si verificava la duplice aggressione, in sequenza, ai danni dello COGNOME: la prima, posta in essere dai due soggetti pedinati, ai quali, in un secondo tempo, si aggiungevano, in aiuto, NOME COGNOME cl. ’57, NOME COGNOME e NOME COGNOME, aggressione che durava 55 secondi, fino al momento in cui il vice ispettore, sopraffatto dai cinque aggressori, estratta l’arma di servizio, aveva esploso un colpo che ferì mortalmente NOME COGNOME determinando gli aggressori a un momentaneo allontanamento; la seconda, posta in essere circa due minuti dopo lo sparo e contestata a NOME COGNOME cl. ’06 e ad NOME COGNOME
Il compendio indiziario era costituito, essenzialmente, dalle immagini riprese dalle telecamere private a servizio delle abitazioni di NOME COGNOME e di NOME COGNOME con ulteriori contributi forniti da persone informate sui fatti e dalla stessa persona offesa.
Con ordinanza depositata il 15 gennaio 2025 in esito all’udienza camerale del 17 dicembre 2024, con riferimento alla posizione di NOME COGNOME cl. 2006, il Tribunale del riesame di Catanzaro:
riqualificava l’ipotesi delittuosa di cui al capo a) nel delitto di lesioni personal aggravate;
confermava la gravità indiziaria quanto agli ulteriori reati;
infine, sostituiva la misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
2.1. Il Tribunale del riesame – pur avendo dato atto della “brutale e immotivata aggressione perpetrata ai danni del COGNOME e dello specifico ruolo rivestito dall’indagato, il quale non aveva esitato a sferrare 14 colpi al volto e al corpo della persona offesa nella consapevolezza della sua veste di pubblico ufficiale – escludeva la ravvisabilità, nell’occorso, del dolo di omicidio.
Osservava, al riguardo, che i colpi erano stati inferti per lo più con le mani (in particolare, erano stati sferrati pugni), senza che fosse stato utilizzato alcun oggetto atto a offendere fatalmente la vita dell’aggredito.
La direzione dei colpi stessi era stata casuale e non indirizzata specificamente a parti vitali del corpo, come accaduto anche per l’unico calcio sferrato dall’indagato, che era andato a vuoto.
In conclusione, a giudizio del Tribunale, gli elementi acquisiti non apparivano adeguatamente rivelatori della oggettiva idoneità e univoca destinazione dell’azione lesiva a realizzare l’evento mortale, anche sotto il profilo dell’elemento psicologico.
Ha presentato ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Crotone, denunciando, con due motivi: 1) la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento alle conclusioni rassegnate dal Tribunale del riesame in punto di qualificazione del reato di cui al capo a), rispetto a quanto emerso dalle fonti di prova, siccome illustrate dallo stesso Tribunale; b) la contraddittorietà della motivazione rispetto al contenuto delle deposizioni rese da NOME COGNOME ed NOME COGNOME
Nella prospettazione del ricorrente, si censurano, in primo luogo, le conclusioni del Tribunale nella parte in cui indurrebbero a ritenere che non possa esservi tentato omicidio in caso di condotta tenuta a mani nude, senza l’ausilio di armi: affermazione, quest’ultima, contrastante con il costante orientamento espresso, in materia, dalla Corte di legittimità (cita Sez. 1, n. 10926 del 2022 e Sez. 1, n. 14810 del 2020).
Si denuncia, in secondo luogo, la contraddittorietà fra le conclusioni rese dal Tribunale circa il fatto che la direzione dei colpi sarebbe stata casuale e non indirizzata a parti vitali del corpo della vittima, con la parte motiva dedicata all esposizione delle fonti di prova, in cui si dà atto, al contrario, della direzion univoca della quasi totalità dei colpi inferti dagli aggressori verso la testa o la nuca della persona offesa, siccome evidenziato anche dalla consulenza medico-legale.
Anche l’affermazione secondo la quale l’aggressione in esame sarebbe stata perpetrata “per lo più con le mani” risulterebbe smentita dall’avere gli indagati usato lo sfollagente del poliziotto, dopo averglielo sottratto.
Secondo il Procuratore ricorrente, una volta rilevato che i vari colpi sferrati dall’indagato e dal padre ai danni del COGNOME avevano attinto una zona vitale del corpo di quest’ultimo, anche il giudizio svolto dal Tribunale del riesame in punto di assenza di volontà omicida doveva considerarsi inficiato; anche perché l’organo de libertate non aveva tenuto conto della esplicita minaccia di morte proferita nell’occorso da uno degli aggressori (indicato come “UOMO 2” nella registrazione delle ore 14:47:34: “T’ammazzo bastardo!”).
Si stigmatizza, poi, un’ulteriore contraddizione da cui sarebbe affetto il provvedimento, riconducibile al travisamento della prova, rispetto alle emergenze delle deposizioni rese da NOME COGNOME ed NOME COGNOME a proposito dell’affermazione sul carattere non armato dell’aggressione subita dal vice ispettore di Polizia.
Le due testimoni, infatti, concordemente, hanno riferito di aver visto, prima dello sparo, gli aggressori utilizzare contro il COGNOME il manganello/bastone che questi, in un primo momento, aveva usato in sua difesa, salvo, poi, perderlo e lasciarlo alla mercé dei suoi aguzzini.
In conclusione, la riqualificazione del fatto sub a) nell’alveo del reato di lesioni dolose si fonderebbe su una motivazione che, in ogni suo aspetto (direzione dei colpi, volontà omicida e utilizzo di armi od oggetti atti a offendere), appare smentita da elementi di prova la cui valutazione è stata pretermessa dal Tribunale.
Nell’interesse dell’indagato è stata depositata in via telematica memoria a firma dell’avv. NOME COGNOME
Il difensore, in primo luogo, chiede dichiararsi inammissibile il ricorso per carenza di interesse concreto e attuale da parte del P.M., in quanto, anche nel caso di accoglimento dell’impugnazione limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto sub a), la valutazione del Tribunale del riesame circa l’adeguatezza degli arresti domiciliari quale misura idonea e proporzionata a contenere la pericolosità sociale dell’indagato, basata sugli altri capi d’imputazione e non impugnata, rimarrebbe intangibile.
Un altro profilo di inammissibilità, ad avviso del difensore, inficerebbe il ricorso del Pubblico Ministero, che, seppure, formalmente, denuncia il vizio di “manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione”, in realtà si traduce in una richiesta, non consentita, di una nuova e diversa valutazione del merito delle risultanze probatorie.
In subordine, si chiede il rigetto del ricorso, reputandosi corretta e coerente con le prove la qualificazione del fatto sub a) come lesioni e contestandosi il travisamento della prova testimoniale con riferimento all’uso di armi, peraltro irrilevante ai fini della operata riqualificazione.
All’odierna udienza di trattazione le parti hanno concluso come in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso deve reputarsi infondata, sulla base del principio per cui, nel procedimento cautelare, sussiste l’interesse concreto e attuale del pubblico ministero a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza con cui il tribunale del riesame, pur confermando il provvedimento applicativo della misura cautelare, abbia attribuito al fatto una diversa qualificazione incidente sulla durata della misura (Sez. 3, n. 6738 del 12/01/2023, COGNOME, Rv. 284357 – 02).
Nel caso in esame l’interesse del Pubblico ministero ricorrente sussiste, poiché la derubricazione del reato di cui al capo a) da tentato omicidio a lesioni personali aggravate comporta la riduzione del termine di durata massima della misura in fase di indagini da sei mesi a tre mesi.
Ciò premesso, il ricorso deve ritenersi fondato per le ragioni che seguono.
Occorre ricordare che, in tema di omicidio tentato, la prova del dolo, in assenza di esplicite ammissioni da parte dell’imputato, ha natura indiretta, dovendo essere desunta da elementi esterni e, in particolare, da quei dati della condotta che, per la loro non equivoca potenzialità offensiva, siano i più idonei ad esprimere il fine perseguito dall’agente. Ne consegue che, ai fini dell’accertamento della sussistenza dell’animus necandi, assume valore determinante l’idoneità dell’azione, che va apprezzata in concreto, con una prognosi formulata ex post, con riferimento alla situazione che si presentava all’imputato (o all’indagato) al momento del compimento degli atti, in base alle condizioni umanamente prevedibili del caso (Sez. 1, n. 11928 del 29/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275012 – 01).
Nell’ampia casistica esplorata dalla giurisprudenza di legittimità in materia, la prova del dolo è stata ritenuta raggiunta sulla base della natura e della localizzazione delle lesioni in una zona sede di organi vitali, della pluralità, intensità e forza di penetrazione dei colpi, della posizione reciproca dell’imputato (o indagato) e della parte offesa, del mezzo usato e delle sue caratteristiche di micidialità (Sez. 1, n. 35006 del 18/04/2013, Polisi, Rv. 257208 – 01).
Per distinguere il reato di lesione personale da quello di tentato omicidio occorre, dunque, avere riguardo sia al diverso atteggiamento psicologico dell’agente sia alla differente potenzialità dell’azione lesiva, desumibili, come detto, dalla sede corporea attinta, dall’idoneità dell’arma impiegata, nonché dalle
modalità dell’atto lesivo (Sez. 1, n. 24173 del 05/04/2022, Rusu, Rv. 283390 01).
Il Tribunale del riesame non ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi, incorrendo, per un verso, in erronee affermazioni in punto di diritto e, per altro verso, in travisamenti della prova e in contraddizioni nell’argomentare, puntualmente censurate nel ricorso.
Sotto il primo profilo, va stigmatizzata l’affermazione secondo la quale l’aver usato gli aggressori per lo più le mani, colpendo con pugni la vittima, sarebbe stato elemento non integrante l’atto idoneo e univoco apprezzabile nell’ottica del tentato omicidio, atteso che, a tal fine, la giurisprudenza passata in rassegna ha annoverato tra gli indicatori significativi la pluralità dei colpi, la forza impress nello sferrarli e la zona o le zone corporee attinte, se contenenti organi vitali: non è sufficiente, quindi, dire, per escludere il tentato omicidio, che l’aggressione è avvenuta a mani nude, senza ulteriormente specificare quanti colpi sono stati sferrati, da quanti aggressori simultaneamente, con quanta forza e in direzione di quali parti del corpo, se vitali o meno, e in che posizione si trovava la vittima (per l’integrazione del tentato omicidio nel caso di aggressione perpetrata a calci e pugni, si vedano Sez. 1, n. 10926 dell’11/03/2022, COGNOME, Rv. 282963 – 01, in motivazione; Sez. 1, n. 14810 del 16/01/2020, COGNOME e altri, non mass.).
Sotto un altro aspetto, va rilevata la palese contraddizione tra l’avere il Tribunale descritto, in sede di conclusioni, come “casuali” i pugni che attinsero la vittima e l’avere, al contrario, dato atto, nella parte espositiva delle fonti di prova della direzione univoca della quasi totalità dei colpi verso la testa o la nuca della persona offesa, come, peraltro, evidenziato dalla consulenza medico-legale.
Ancora, l’organo del riesame è incorso in un obiettivo travisamento della prova testimoniale, in quanto la sua affermazione evocante un’aggressione “a mani nude” si scontra con l’inconciliabile tenore delle convergenti informazioni fornite dalle testi COGNOME e COGNOME, le quali, prima dello sparo che costò la vita a NOME COGNOME videro gli aggressori utilizzare contro il COGNOME il manganello o bastone che questi, in un primo momento, aveva usato per difendersi, salvo, poi, perderlo e lasciarlo alla mercé dei suoi aguzzini.
Il percorso argomentativo seguito nel provvedimento in esame risulta, in conclusione, inficiato da plurime contraddizioni, da travisamenti della prova e da erronee affermazioni in diritto che ne impongono l’annullamento relativamente alla qualificazione giuridica del fatto di cui al capo A); il giudice del rinvio procederà a nuova valutazione del compendio indiziario emendando il percorso argomentativo seguito nel provvedimento censurato dalle incongruenze logiche e dai travisamenti rilevati nel rispetto dei principi di diritto richiamati.
4
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente alla qualificazione giuridica del fatto di cui al capo A) e rinvia per nuovo giudizio sul capo al Tribunale di Catanzaro,
competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 29 aprile 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente