Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21896 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21896 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il PG conclude chiedendo il rigetto del ricorso.
AVV_NOTAIO‘AVV_NOTAIO COGNOME conclude chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
udito il difensore Deposita le conclusioni e nota spese.
L’AVV_NOTAIO COGNOME conclude chiedendo raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 5 giugno 2023, che ha confermato la sentenza resa dal G.i.p. del Tribunale di Pavia il 25 gennaio 2023 all’esito di giudizio abbreviato, con la quale era stato condannato alla pena di anni cinque di reclusione, in ordine ai seguenti reati, commessi in data 1 gennaio 2022 in Bagnaria e riuniti tra loro dal vincolo della continuazione:
tentato omicidio di COGNOME, ai sensi degli artt. 56 e 575 cod. pen., perché, dopo aver prelevato dalla sua abitazione la pistola di cui al capo 2, si era diretto verso la vittima e l’aveva attinta all’anca sinistra con un colpo d’arma da fuoco, sparato ad altezza d’uomo a distanza ravvicinata, compiendo in tal modo atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionarne il decesso, non avvenuto per cause indipendenti dalla sua volontà;
detenzione e porto illegale di arma clandestina, ai sensi dell’art. 23, terzo e quarto comma, legge 18 aprile 1975, n. 110, perché aveva detenuto e portato in luogo pubblico una pistola, marca Beretta, TARGA_VEICOLO, priva di matricola;
ricettazione, ai sensi dell’art. 648 cod. pen., perché, al fine di procurarsi un profitto, aveva acquistato o, comunque, ricevuto, la sopra indicata pistola, di illecita provenienza a lui nota.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 43, 56 e 575 cod. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché la Corte di appello, essendosi limitata ad analizzare l’atteggiamento dell’imputato in maniera parcellizzata e non unitaria, avrebbe in maniera errata omesso di riqualificare il fatto nel reato di lesioni personali, nonostante agli atti non vi fosse prova della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di omicidio.
In particolare, nel ricorso si evidenzia come fosse emerso che l’imputato, pur avendone avuto la possibilità, non aveva voluto reiterare gli spari, ma che lo stesso avesse sparato un solo colpo verso zone non vitali della vittima (la quale, infatti, non si era mai trovata in pericolo di vita) e per mero avvertimento, come anche confermato dalle dichiarazioni di COGNOME, sentito a sommarie informazioni.
Il giudice di merito, poi, avrebbe in maniera errata affermato che l’imputato non aveva offerto una diversa ricostruzione del fatto, quando lo stesso, in sede di convalida di arresto, aveva rilasciato dichiarazioni con le quali aveva manifestato di non aver mai avuto intenzione di uccidere la persona offesa (nel ricorso si evidenzia che, nella sentenza impugnata, la Corte territoriale ha
affermato in maniera errata che l’imputato si fosse avvalso della facoltà di rispondere).
Secondo il ricorrente, quindi, la Corte di appello non avrebbe potuto ritenere sussistente il dolo omicidiario, neanche nella forma del dolo alternativo.
Il ricorrente, poi, contesta la sentenza impugnata, nella parte in cui il giudice di merito ha ritenuto integrata l’idoneità e l’univocità degli atti del delit di tentato omicidio, dopo aver travisato le risultanze della perizia medica, dalla lettura della quale era emerso che il consulente aveva evidenziato una remota possibilità del verificarsi dell’evento morte, che nello specifico sarebbe stato impossibile da determinarsi.
Sotto il profilo dell’idoneità degli atti, inoltre, la Corte di appello avreb omesso di considerare che la perizia aveva escluso l’eventualità dell’inceppamento dell’arma.
Nel ricorso, infine, si evidenzia che, dal punto di vista della dinamica dello sparo, la Corte di appello, dopo aver accertato che la persona offesa, al momento dello sparo, si fosse trovata in una posizione più alta di quella dell’imputato, non avrebbe valorizzato tale circostanza, dalla quale si evinceva la non idoneità della condotta accertata, vista anche la traiettoria discendente del colpo inferto.
COGNOME NOME, parte civile costituita, con memoria del 15 febbraio 2024, chiede il rigetto del ricorso, con condanna dell’imputato al risarcimento dei danni materiali e morali subiti e alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile, come da nota spese allegata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Parte ricorrente, infatti, nel contestare il giudizio di responsabilità per tentativo di omicidio, muove da una del tutto personale disamina delle circostanze probatorie e non si confronta in modo adeguato con l’effettivo percorso argomentativo contenuto nelle decisioni di merito.
Va ricordato che è costante, sul tema, l’insegnamento di questa Corte, per cui il sindacato sulla motivazione del provvedimento impugnato va compiuto attraverso l’analisi dello sviluppo motivazionale espresso nell’atto e della sua interna coerenza logico-giuridica, non essendo possibile compiere in sede di legittimità «nuove» attribuzioni di significato o realizzare una diversa lettura dei medesimi dati dimostrativi e ciò anche nei casi in cui si ritenga preferibile una
diversa lettura, maggiormente esplicativa (Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178).
Così come va ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento.
Nel caso in esame, la volontà omicida è stata logicamente ritenuta sussistente dai giudici del merito sulla base di precisi e univoci indicatori fattuali Si evidenzia, infatti che l’analisi compiuta dal giudice di merito è stata dettagliata e precisa e rinviene il suo architrave logico-giuridico nella valutazione, operata in modo congruo e coerente sotto il profilo logico-giuridico, della condotta posta in essere dall’imputato, il quale si era trovato a un metro di distanza della vittima e aveva mirato a una parte vitale della stessa.
In particolare, la Corte territoriale ha osservato che le immagini riprese dalla telecamera smentivano l’affermazione difensiva secondo la quale l’imputato avrebbe puntato la pistola alle gambe della vittima, risultando invece confermato che lo stesso, pur trovandosi leggermente più in basso della vittima, aveva mirato al tronco della stessa, la quale era stata colpita lateralmente.
Il giudice di merito, poi, ha ritenuto del tutto secondario il fatto ch l’imputato non avesse deciso di reiterare i colpi, posto che il tentativo si era già perfezionato, pur senza provocare l’evento morte per ragioni indipendenti dallo stesso imputato.
D’altronde, COGNOME la dinamica complessiva della condotta dell’imputato correttamente è stata ritenuta sintomatica della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in esame, posto che era emerso che lo stesso, dopo un’animata discussione con la parte offesa per ragioni di vicinato, era rientrato a casa a prendere l’arma e, invece di usarla subito per intimidire la vittima, aveva fatto in modo che la stessa si avvicinasse a lui per poi sparagli addosso; successivamente, l’imputato aveva abbassato l’arma, come per ricaricarla o per sbloccarla, per poi rientrare verso casa, sempre mentre cercava di lavorare ancora sui meccanismi della pistola.
Con ragionamento serrato e non illogico, quindi, il giudice di merito ha considerato conclusivamente che gli elementi acquisiti avevano integrato altrettanti indici fattuali dimostrativi dell’idoneità e della non equivocità degli a compiuti dall’imputato al fine di cagionare la morte della parte offesa, oltre che dell’animus necandi che aveva sorretto la sua condotta.
In punto di dolo omicidiario, poi, la critica mossa dal ricorrente sul piano della qualificazione giuridica del fatto è da ritenersi infondata, perché le spie ermeneutiche dedotte per convincere della più corretta sussumibilità dell’azione criminosa sotto la fattispecie incriminatrice delle lesioni personali volontarie collide con l’adeguata enunciazione degli indicati parametri, tratti in modo ragionevole e plausibile dal compendio indiziario allo stato valutabile, della volontà omicidiaria ascritta dai giudici di merito a dolo alternativo, non essendo di ostacolo a tale inquadramento l’unicità dello sparo che aveva in concreto attinto la vittima: in tema di tentato omicidio, la scarsa entità (o anche l’inesistenza) delle lesioni provocate alla persona offesa non sono circostanze idonee ad escludere di per sé l’intenzione omicida, in quanto possono essere rapportabili anche a fattori indipendenti dalla volontà dell’agente, come un imprevisto movimento della vittima, un errato calcolo della distanza o una mira non precisa (Sez. 1, n. 52043 del 10/06/2014, Vaghi, Rv. 261702).
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. e alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME, che liquida in complessivi euro 4.738,90, oltre accessori di legge.
Infatti, nel giudizio di legittimità, in caso di ricorso dell’imputato rigettat dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali senza che sia necessaria la sua partecipazione all’udienza, purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contribu alla decisione, atteso che la sua mancata partecipazione non può essere qualificata come revoca tacita e che la previsione di cui all’art. 541 cod. proc. pen. è svincolata da qualsiasi riferimento alla discussione in pubblica udienza (Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923).
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME, che liquida in complessivi euro 4.738,90, oltre accessori di legge.
Così deciso il 15/02/2024