Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12751 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12751 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 27/02/2019
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASSANO ALLO IONIO il 25/02/1969
avverso la sentenza del 29/01/2018 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore avvocato COGNOME NOME COGNOME del foro di CASTROVILLARI, in difesa di COGNOME che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza pronunciata il 16 maggio 2014 dal Tribunale di Castrovillari con la quale NOME COGNOME è stato dichiarato responsabile dei delitti di minaccia aggravata, percosse e tentato omicidio commessi in danno di NOME COGNOME nonché del delitto di porto illegale di un’arma comune da sparo utilizzata per l’aggressione, condannandolo alla pena di anni cinque e mesi tre di reclusione.
1.1. Con concorde valutazione di entrambi i giudici di merito è stata affermata la responsabilità dell’imputato sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa che hanno trovato pieno riscontro in quanto riferito dagli altri testimoni oculari che hanno assistito, da varie posizioni, all’azione posta in essere dall’imputato che aggrediva la vittima mentre transitava sul proprio ciclomotore, la minacciava con una pistola alla tempia, la colpiva ripetutamente per poi giungere, quando la vittima si dava alla fuga, ad esplodere un colpo di pistola ad altezza uomo in direzione del giovane che era salito sul ciclomotore e cercava di scappare per sottrarsi alle violenze.
D’altra parte, secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, l’ipotesi ricostruttiva formulata dal consulente della difesa, secondo il quale dalla posizione del bossolo esploso poteva desumersi che il colpo fosse stato esploso verso l’alt/o, si è rilevata infondata e comunque ipotetica e priva di riscontro in ordine alla effettiva reale collocazione del bossolo, non risultando una formale repertazione dello stesso.
I giudici di merito hanno, infine, ritenuto sussistente la idoneità e univocità degli atti volti a cagionare alternativamente la morte o le lesioni, tenuto conto della potenzialità offensiva dell’arma (pistola calibro 6,35), della direzione del colpo e dell’azione violenta e minacciosa posta in essere pochi istanti prima, non potendosi valutare alla stregua della desistenza volontaria il deliberato svuotamento dell’arma posto in essere dall’aggressore dopo l’esplosione del colpo all’indirizzo della vittima, risultando il dolo di omicidio confermato dall gravi minacce profferite.
Ricorre NOME COGNOME a mezzo del difensore avv. NOME COGNOME che chiede l’annullamento della sentenza impugnata, denunciando il vizio della motivazione con riguardo alle argomentazioni già sviluppate nei due gradi di merito «in ordine alla erronea individuazione della collocazione temporale dei fatti storici nella loro consequenzialità ed esatta realtà»; in
particolare, si ritiene erronea e ingiustificata la ritenuta mancanza di credibilit dei testi della difesa e l’esclusione della circostanza, riferita dall’imputat confermata dal consulente e non contraddetta dal teste oculare, che il colpo di pistola è stato esploso verso il cielo e non all’indirizzo della vittima.
D’altra parte, non può essere dimenticato che nella fase cautelare il tribunale del riesame e la Corte di cassazione avevano escluso la sussistenza del delitto di tentato omicidio (Sez. 1, Sentenza n. 21048 del 2010).
Il ricorso, richiamati gli approdi giurisprudenziali e dottrinari relativi al del di tentato omicidio, evidenzia che la mancata esplosione di più colpi di pistola, il deliberato svuotamento del caricatore e la mancata esplosione di un secondo colpo all’indirizzo della vittima che fuggiva, costituiscono elementi indicativi della mancanza di idoneità ed univocità degli atti, oltre a dimostrare la volontaria desistenza posta in essere dall’imputato il quale ha, come detto, deliberatamente svuotato il caricatore per rendere l’arma inoffensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché generico, assertivo e reiterativo di argomentazioni proposte nel giudizio di merito che sono state esaminate con motivazione che non viene specificamente criticata dal ricorso.
Sono assertive e generiche le critiche mosse alla ritenuta mancanza di credibilità delle dichiarazioni dei testi della difesa e alla ricostruzione dei fa poiché il ricorso non si confronta con la motivazione stesa sul punto in entrambi i gradi del giudizio secondo la quale il racconto dei suddetti testimoni è lacunoso, parziale e confuso e dunque non in grado di contrastare la ricostruzione operata sulla base delle convergenti dichiarazioni degli altri testimoni.
L’alternativa ricostruzione offerta dalla difesa, secondo la quale l’imputato avrebbe esploso il colpo in aria per allontanare i passanti, oltre ad apparire illogica, tenuto conto che non viene riferita alcuna reazione da parte dei presenti, è stata logicamente e coerentemente giudicata ipotetica poiché priva di qualunque elemento di riscontro, senza che il ricorso si confronti con tale apparato motivazionale.
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Sono inammissibili, perché generiche e reiterative di argomentazioni già sviluppate nei gradi di merito e opportunamente confutate dalla Corte d’appello, le critiche relative alla idoneità e univocità degli atti, in quanto il ricorso no confronta con la motivazione del provvedimento impugnato il quale evidenzia l’idoneità offensiva dell’arma, la preventiva violenta e minacciosa aggressione, la direzione del colpo volto ad attingere la vittima in fuga.
In proposito, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione del costante orientamento di legittimità secondo il quale «in tema di tentato omicidio, la scarsa entità (o anche l’inesistenza) delle lesioni provocate alla persona offesa non sono circostanze idonee ad escludere di per sé l’intenzione omicida, in quanto possono essere rapportabili anche a fattori indipendenti dalla volontà dell’agente, come un imprevisto movimento della vittima, un errato calcolo della distanza o una mira non precisa» (Sez. 1, n. 52043 del 10/06/2014, COGNOME, Rv. 261702), tanto che la Corte di merito ha correttamente valorizzato la fuga posta in essere dalla vittima che, essendo riuscita a fuggire e memore delle percosse e gravi minacce subite, si è repentinamente allontanata rendendo così più difficile essere attinta.
Anche con riguardo alla valutazione della concreta idoneità degli atti, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio giurisprudenziale di legittimità secondo il quale «in tema di delitto tentato, il giudizio di idoneità deg atti consiste in una prognosi compiuta “ex post” con riferimento alla situazione che si presentava all’imputato al momento dell’azione, in base alle condizioni meramente prevedibili nel caso particolare, che non può essere condizionata dagli effetti realmente raggiunti» (Sez. 1, n. 32851 del 10/06/2013, COGNOME, Rv. 256991), sicché ha correttamente escluso la rilevanza della mancata causazione di lesioni al fuggitivo.
Rispetto a tale logica e coerente motivazione il ricorso ripropone una diversa ricostruzione in fatto che non ha però trovato alcun riscontro ed è stata giudicata non attendibile in entrambi i gradi del giudizio di merito.
3.1. D’altra parte, l’idoneità della condotta e l’elemento soggettivo del tentativo di omicidio sono valorizzati, con ampia e logica motivazione insuscettibile di censure in questa sede, mediante l’illustrazione delle caratteristiche della condotta, posta in essere mediante una violenta aggressione, gravi minacce di morte per mezzo di una pistola che veniva puntata
alla tempia e culminata nell’esplosione di un colpo di arma da fuoco di certa potenzialità offensiva diretto verso la persona offesa che cercava di sottrarsi all’aggressione.
Sul punto è sufficiente ricordare il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale «in tema di delitti omicidiari, deve qualificarsi come dolo diretto, e non meramente eventuale, quella particolare manifestazione di volontà dolosa definita dolo alternativo, che sussiste quando il soggetto attivo prevede e vuole, con scelta sostanzialmente equipollente, l’uno o l’altro degli eventi (nella specie, morte o grave ferimento della vittima) causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria, con la conseguenza che esso ha natura di dolo diretto ed è compatibile con il tentativo» (Sez. 1, n. 27620 del 24/05/2007, COGNOME, Rv. 237022).
Con motivazione logica e coerente, rispetto alla quale il ricorso non si confronta, sono state giudicate inconferenti le argomentazioni concernenti la desistenza volontaria, essendosi evidenziato come soltanto il precipitoso allontanamento della vittima ha impedito la consumazione dell’omicidio, mentre il successivo svuotamento del caricatore è stato considerato un elemento postumo e irrilevante rispetto alla univoca finalità e destinazione del colpo esploso all’indirizzo della vittima, non potendosi certo richiedere che, per la consumazione del tentativo di omicidio, siano esplosi tutti i colpi contenuti in un caricatore.
Il ricorso, che si limita a ribadire la prospettata ipotesi di desistenz volontaria, non si confronta con tale logica e coerente motivazione, sicché è, anche su questo punto, inammissibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il 27 febbraio 2019.