Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17691 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17691 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Lecce in data 08/11/1995 avverso l’ordinanza del 21/12/2024 del Tribunale di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con in provvedimento in epigrafe indicato, il Tribunale di Lecce – in accoglimento dell’appello ex art. 310 proposto dal Pubblico Ministero presso il medesimo Tribunale – riformava l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari dell’8 novembre 2024 e disponeva nei confronti di NOME COGNOME la misura della
custodia cautelare in carcere per i reati di tentato omicidio sub 8, come originariamente contestato, aggravato dal metodo mafioso, e di detenzione e porto di armi da fuoco sub 9.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, deducendo:
violazione di legge, in relazione agli artt. 310 e 581, comma 1 bis, cod. proc. pen., per avere il Tribunale respinto l’eccezione di inammissibilità dell’appello. Ed invero, secondo il ricorrente, il Pubblico Ministero avrebbe dovuto impugnare l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari anche in relazione al profilo delle esigenze cautelari, considerato che – in relazione al delitto di detenzione e porto di armi sub 9- era stato escluso il pericolo di recidiva sia in ragione del tempus commissi delicti (anno 2021) sia in ragione della episodicità della vicenda. Inoltre, il Pubblico Ministero non aveva specificato con l’istanza cautelare i capi di imputazione cui riferire la richiesta, di guisa che la domanda era generica tenuto conto la diversità delle contestazioni provvisoriamente ascritte al Podo;
violazione di legge, in relazione agli artt. 56 e 575 cod. pen., e vizio di motivazione per illogicità per avere il Tribunale sussunto la fattispecie concreta nel paradigma normativo del tentato omicidio nonostante : a) nel corso della conversazione – oggetto di intercettazione – si fosse fatto riferimento alla sola “gambizzazione” di NOME COGNOME; b) i colpi esplosi avessero attinto il COGNOME in parti non vitali e fossero diretti agli arti inferiori; c) il proposito di uccidere fosse stato assertivamente dedotto dal fatto che la vittima avesse cercato aiuto al telefono.
Ha in ultimo osservato il ricorrente come, là dove si volesse ritenere provato l’animus necandi, il dolo andrebbe ravvisato solo in capo a chi esplose gli ultimi di colpi di pistola e non anche in capo a chi ferì inizialmente il COGNOME alle gambe; Pertanto, in una tale evenienza – essendo oggettivamente impossibile individuare l’autore dell’ultimo segmento di condotta – il Podo, in virtù del principio del favor rei, dovrebbe rispondere del solo reato di lesioni personali aggravate dall’uso dell’arma ;
violazione di legge, in relazione all’art. 416 bis 1 cod. pen., dal momento che la vicenda si inseriva in un contesto di scontro per il controllo delle piazze di spaccio da parte di due gruppi rivali operanti sul territorio leccese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e va accolto limitatamente al secondo motivo mentre invece è inammissibile nel resto.
La preliminare quaestio iuris della inammissibilità dell’atto di appello è stata vagliata dal Tribunale con argomentazioni corrette e che, dunque, vanno condivise: il Pubblico Ministero – nel (h)prospettare «l’episodio in termini di tentato omicidio con metodo mafioso» in un contesto di contrasto territoriale tra clan – ha senza dubbio censurato le argomentazioni spese dal Giudice dì prime cure , là dove nel ritenere i gravi indizi di colpevolezza in relazione al solo reato sub 9 ( Le. detenzione e porto di arma da fuoco) escludeva l’attualità del pericolo di reiterazione in ragione del tempus commissi delicti e della occasionalità della condotta (cfr pag. 7 dell’ordinanza impugnata).
2.1. Ad ogni buon conto, la riproposizione – in sede di appello- dell’iniziale teorema accusatorio, non integralmente condiviso dal Giudice di primo grado, consente di ritenere che il Pubblico Ministero abbia in relazione al profilo specifico delle esigenze cautelar’ e a sostegno del pericolo di recidivanza richiamato tutte le argomentazioni spese in fatto e in diritto nella istanza cautelare.
2.2. Parimenti è manifestamente infondata la censura relativa alla “indeterminatezza” della domanda cautelare, là dove dalla lettura sinergica degli atti e in modo specifico dal contenuto dell’atto di appello è inequivoco il riferimento alla contestazione provvisoria nella sua originaria ampiezza. Del resto, trattandosi di reati commessi nello stesso contesto con la previsione dell’aggravante del nesso teleologico, ogni altra conclusione non risponderebbe ai criteri di comune logica.
Entrando ora in medías res, va osservato come sia stato acclarato in fatto sulla scorta del dato intercettativo che NOME COGNOME venne incaricato da NOME COGNOME di “gambizzare” NOME COGNOME, ritenuto partecipe dell’avverso clan COGNOME, per avere ceduto sostanza stupefacente nel territorio di pertinenza di altra organizzazione criminale, facente capo a COGNOME/COGNOME. Ed effettivamente, il giorno successivo al monitorato colloquio telefonico, NOME COGNOME venne attinto da quattro colpi di pistola alla gamba destra (coscia interna, polpaccio e caviglia) e alla mano omolaterale destra.
Secondo i Giudici di merito poiché i proiettili rivenuti sul iocus commissi delicti appartenevano a due diverse armi da sparo se ne traeva la logica conclusione che a prendere parte all’agguato eràtistate almeno due persone.
3.1. Sin qui le valutazioni dei Giudici di merito sono perfettamente sovrapponibili.
Il Tribunale- compulsato in sede di appello- discostandosi dalle valutazioni del Giudice di prime cure ha tuttavia ritenuto che, per un verso, NOME COGNOME oltre che mandante – avesse rivestito anche il ruolo di esecutore materiale dell’agguato e
che, per altro verso, all’iniziale proposito di gambizzazione si fosse sostituito in executívis l’animus necandi.
Tralasciando il primo profilo che non interessa in questa sede, essendo il devolutum circoscritto alla disa mina della posizione del Podo, occorre sin da subito rilevare la scarsa persuasività e, per alcuni aspetti, illogicità delle valutazioni spese dal Tribunale.
3.2. In primo luogo, appare carente la ricostruzione fattuale della vicenda sub iudice. Ed invero, ai fini della qualificazione del fatto in termini di tentato omicidio piuttosto che di lesioni aggravate dall’uso dell’arma, occorre che la ricostruzione della dinamica e della sequenza dei segmenti di azione avvenga in modo preciso e dettagliato. Assume, infatti, significanza probatoria il thema specifico della traiettoria dei colpi, dal momento che sparare a raffica in direzione di zone sede di organi vitali può senz’altro lumeggiare l’animus necandi.
Ebbene nell’ordinanza impugnata tale aspetto non è stato “scrutinato” con il dovuto rigore. Si dà atto che i primi colpi furono esplosi in direzione delle gambe nel momento in cui il Cazzella scese dall’auto, mentre gli ultimi colpi furono esplosi dopo che il predetto era saiito ;n auto, attingendo la parte inferiore della portiera anteriore sinistra e il vetro del finestrino.
La traiettoria dei colpi – stando alle indicazioni fornite dallo stesso Tribunalenon è stata, tuttavia, descritta in modo preciso : se da un lato si legge nel provvedimento che i proiettili impattarono contro la parte bassa sinistra della portiera anteriore, in linea con l’intenzione di colpire alle gambe per “dare una lezione” al giovane COGNOME, dall’altro lato, non è stato chiarito in relazione agli ulteriori colpi di pistola esplosi nè l’altezza né la direzione dello sparo ( i.e. verso l’alto o il basso , verso la sinistra , la destra o il centro del finestrino).
L’imprecisione appare di non poco momento trattandosi di elementi che possono aiutare nella esatta ricostruzione della dinamica e nella qualificazione giuridica della condotta.
3.3. Inoltre, maggiore attenzione avrebbe meritato l’aspetto del mutamento del proposito criminoso.
Si è già detto come gli attentatori avessero ricevuto l’incarico di sparare alle gambe del giovane per intimorirlo. Ebbene, seppure non appaia inverosimile che un iniziale proposito possa essere abbandonato e che l’azione possa perseguire una più cruenta finalità, nel caso in esame, andavano individuate plausibili argornentazioni e indicati concreti elementi che potessero giustificare la repentina e alquanto improvvisa decisione di uccidere.
Ed invece, i Giudici del riesame- nel ritenere che l’animus necandi fosse insorto durante l’esecuzione dell’agguato – hanno in modo assertivo individuato la causale
nel comportamento della stessa vittima, che probabilmente aveva cercato di chiedere aiuto con il telefonino.
3.4. In ultimo, un ulteriore profilo critico su cui il Tribunale non si è pronunciato investe il
thema delle ragioni della ascrivibilità del segmento di condotta finale,
anche che per i Giudici di appello sarebbe quella da cui desumere
l’anímus necandi, al coimputato che si sarebbe, invece, limitato ad esplodere i colpi in direzione delle
gambe.
4. Inammissibile è invece per manifesta infondatezza è il motivo relativo alla esistenza della circostanza aggravante del metodo mafioso, essendo la
motivazione in parte qua
corretta ed esaustiva, scevra da profili di illogicità, come tale non censurabile in questa sede. Le dichiarazioni concordanti rese da diversi
collaboratori di giustizia e quanto accertato anche in altri procedimenti giudiziari sono indici valorizzati dai Giudici di merito per inquadrare la vicenda
sub iudice nelle dinamiche criminali che interessano quella “porzione” di territorio leccese e
riportarla nell’atavico scontro tra due sodalizi mafiosi rivali, quello capeggiato da
COGNOME/COGNOME e quello facente capo a COGNOME al fine di assicurarsi il controllo del territorio e delle piazze di spaccio nonché al fine di affermare il potere di un clan sull’altro .
Si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. Al Giudice ad quem va demandato lo scrutinio degli aspetti critici evidenziati ai fini dell’inquadramento della fattispecie concreta nel paradigma normativo del reato di tentato omicidio o di lesioni personali e nel primo caso della riferibilità della eventuale condotta ex art. 56 /575 cod. pen. anche al Podo NOME . Laddove si ritenga la sussistenza del quadro indiziario in relazione al delitto sub 8 spetterà altresì al Giudice del rinvio la (ri)valutazione del profilo della attualità e concretezza delle esigenze cautelari.
P. Q. M.
O NOME Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Lecce competente ai sensi dell’art. 309, connma 7, cod. proc. pen.
Così deciso il 10/04/2025.