Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43823 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43823 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Crispiano il 23/05/1972
avverso la sentenza del 20/03/2024 della Corte di appello di Torino udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Torino ha confermato la condanna, resa, all’esito di rito abbreviato, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale in sede, nei confronti di NOME COGNOME alla pena di anni sei mesi sei di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, con provvisionale di euro venticinquemila, in relazione ai reati di tentato omicidio, minaccia e lesioni personali commessi in data 22 e 25 ottobre 2022.
Propone tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, denunciando erronea applicazione di legge penale e vizio di motivazione.
L’utilizzo del coltello da parte del ricorrente in relazione alla ferita all’addome arrecata alla parte lesa è avvenuto allorché questa stava aprendo la portiera della propria vettura, dal lato passeggero.
Si tratta di gesto del tutto estraneo alla volontà, da parte della vittima, di allontanamento dalla scena del delitto: in questo caso, infatti, si sarebbe dovuto porre dal lato guida dell’autovettura.
La Corte distrettuale, a fronte di tale deduzione, si limita, a parere del ricorrente, a rilevare che era stato COGNOME a provocare la vittima dicendogli che se avesse avuto il “ferro” avrebbe potuto prenderlo, cosa che non era avvenuta perché l’antagonista non ne era in possesso.
La circostanza è dirimente perché il contesto dell’azione, secondo il ricorrente, non fornisce giustificazione dell’aggressione di COGNOME al tentativo di COGNOME di indietreggiare al cospetto del primo. Il primo ferimento si colloca nell’istante in cui la persona offesa COGNOME aveva raggiunto la propria vettura autonomamente, non già sotto il giogo della violenza.
La Corte territoriale non spiega, dunque, a parere del ricorrente, come la detta circostanza abbia avuto effetto nella dinamica dell’aggressione tra i due contendenti.
Invero, viene valutata la reazione del ricorrente e l’utilizzo del coltello fino ad allora rimasto inutilizzato ma, soprattutto, non si valuta l’atteggiamento psicologico che animava l’imputato, al momento in cui aveva sferrato la prima coltellata.
Peraltro, il secondo colpo di coltello è stato portato a segno soltanto di striscio, al collo, in fase di indietreggiamento del ricorrente, a fronte della reazione persistente dell’antagonista.
La Corte territoriale, poi, omette di valutare il contenuto degli sms estrapolati dallo smartphone di COGNOME da cui risulta che il giorno precedente al fatto, conversando con la figlia, questi si era determinato a vendicare l’altro figlio e stesse organizzando una vera e propria spedizione punitiva in danno del ricorrente.
La Corte territoriale ha trascurato che la richiesta di chiarimento era promanata direttamente da COGNOME attraverso una chiamata telefonica, svolta mezz’ora prima del fatto, omettendo di considerare che la prima coltellata da parte del ricorrente non era stata sferrata immediatamente, ma soltanto nel momento in cui l’antagonista stava cercando di prendere dalla propria vettura un oggetto per colpirlo.
f 3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha conclus hiedendo la declaratoria di inammissibilità, con requisitoria scritta in assenza i richiesta di trattazione orale delle parti, ai sensi dell’art. 23 del d. I. 28 ottobre 2020, n. 137
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convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, come prorogato, applicabile a impugnazioni proposte sino al 30 giugno 2024, ai sensi dell’art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal d. I. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
2.Per una parte, la censura è inammissibile perché reiterativa dell’atto di gravame (cfr. p. 2 della sentenza di secondo grado dove sono riassunti i motivi di appello, tra cui quello corrispondente al motivo di ricorso proposto nella presente sede, nella parte in cui si contesta la circostanza che l’utilizzo del coltello, da parte del ricorrente, era avvenuto soltanto quando la vittima aveva assunto l’iniziativa di recuperare qualcosa dall’abitacolo della sua vettura).
La sostanziale riproposizione dei motivi di appello conduce all’aspecificità del ricorso: tale situazione va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel succitato vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità della impugnazione (cfr. Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, COGNOME, Rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, COGNOME, Rv. 230634).
Nel caso al vaglio, la Corte territoriale spiega, con ragionamento immune da illogicità manifesta (cfr. p. 4 della sentenza di secondo grado), che la persona offesa COGNOME, al momento in cui si era avvicinata all’imputato, certamente non i alcun oggetto atto a sostenere un’eventuale degenerazione violenta o tra le parti. era dotat del confron
Invece, l’imputato, in attesa dell’antagonista, si era già dotato di coltello che portava nella tasca del giubbotto, stessa arma usata per sferrare le due coltellate che avevano attinto la vittima al collo e all’addome.
La sentenza della Corte territoriale espone, con ragionamento ineccepibile, che la lite era degenerata in modo violento per iniziativa dell’imputato, il quale
aveva reagito alla richiesta di chiarimenti e di scuse da parte di COGNOME su quanto occorso al figlio NOME il giorno prima.
Anzi, si riporta il dato significativo che, per stessa ammissione dell’imputato, era stato proprio COGNOME a dire all’antagonista che se avesse avuto con sé il “ferro” avrebbe potuto prenderlo, dunque a lanciare la sfida.
Peraltro, la sentenza di primo grado (nel senso che nel caso di cd. doppia conforme affermazione di responsabilità, le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale: Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615 – 01), sottolinea che il mero gesto della vittima – aprire lo sportello lato passeggero – non era senz’altro espressione del fatto che la persona offesa stesse prelevando dall’auto un’arma da fuoco (cfr. p. 10 della sentenza di primo grado).
2.1.Per altro verso, la prospettazione difensiva circa l’elemento soggettivo del reato di tentato omicidio è infondata.
La sentenza di secondo grado offre una motivazione esauriente, immune da illogicità manifesta e, comunque, conforme alla giurisprudenza di legittimità in tema di dolo alternativo.
È noto che, secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, per l’individuazione dell’animus sorreggente un comportamento all’apparenza volto alla lesione di più beni giuridici, ove non soccorra la confessione, è necessario far ricorso alla valutazione degli elementi obiettivi in cui si sia estrinsecata l’azione. Pertanto, la volontà omicida va desunta dalla micidialità del mezzo usato, dall’eventuale pluralità di colpi, dalla vitalità della zona (del corpo umano) colpita o avuta di mira e da ogni altro utile fattore obiettivo, ritualmente acquisito al processo, mediante indagine valutativa che, ove tradotta in una motivazione adeguata – come quella resa nella specie immune da omissioni o travisamento è sottratta al sindacato di legittimità attenendo esclusivamente al merito.
Infatti, in tema di omicidio tentato, in assenza di esplicite ammissioni da parte dell’imputato, ai fini dell’accertamento della sussistenza dell’animus necandi, è noto che assume valore determinante l’idoneità dell’azione, che va apprezzata in concreto, con una prognosi formulata ex post, ma con riferimento alla situazione che si presentava ex ante all’imputato, al momento del compimento degli atti, in base alle condizioni umanamente prevedibili (tra le altre, Sez. 1, n. 11928 del 29/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275012-01; Sez. 1, n. 39293 del 23/09/2008, COGNOME, Rv. 241339 – 01; Sez. 1, n. 3185 del 10/02/2000, COGNOME, Rv. 215511 – 01; Sez. 1, n. 7906 del 24/03/1988, COGNOME, Rv. 178825 – 01).
La valutazione dell’esistenza del dolo omicidiario può essere raggiunta, dunque, attraverso un procedimento logico d’induzione da altri fatti certi, quali i mezzi usati, la direzione e l’intensità dei colpi, la distanza del bersaglio, la parte del corpo attinta, le situazioni di tempo e di luogo che favoriscano l’azione cruenta (Sez. 1, n. 11928 del 29/11/2018, dep. 2019, Rv. 275012; Sez. 1, n. 5029 del 16/12/2008, dep. 2009, Rv. 243370).
Quanto alla ricostruzione che si ricava dalla sentenza di secondo grado, si osserva che la Corte territoriale (cfr. p. 5) afferma, con ragionamento immune da illogicità manifesta, che, anzi, era stato proprio Corrente ad accoltellare due volte la vittima, peraltro in una situazione che era stata lui stesso a portare a estreme conseguenze, anche adottando sollecitazioni atte a provocare l’antagonista. Si è, inoltre, sottolineato che la vittima si era trovata in condizioni di evidente inferiorità rispetto all’imputato, armato di coltello, avendo, in ogni caso, lo stesso COGNOME ammesso di essere riuscito a richiudere lo sportello dell’autovettura della persona offesa, comunque, in tal modo impedendo alla vittima di poter accedere all’abitacolo del veicolo e, quindi, escludendosi, al momento dell’accoltellamento, l’esistenza di una qualsiasi condizione di pericolo per l’agente.
Dunque, le sentenze di merito compiono una valutazione esauriente, in ordine all’atteggiamento psicologico del ricorrente già al momento della prima coltellata; in particolare, il provvedimento di secondo grado ha sottolineato che entrambi i colpi andati a segno erano sorretti dall’intenzione di uccidere, anche alternativa a quella di ledere, con ragionamento del tutto in linea con la qualificazione della condotta come tentato di omicidio, senz’altro compatibile con il dolo alternativo (tra le altre, Sez. 1, n. 43250 del 13/04/2018, Rv. 274402 – 01).
2.2. Quanto al denunciato travisamento per omissione degli sms non si illustra, specificamente, trattandosi di cd. doppia conforme, il grado di decisività di detto elemento di prova a carico, di cui, peraltro, nemmeno si spiega, puntualmente, il contenuto preciso, onde poterne valutare la rilevanza dirimente, in senso favorevole all’imputato.
Peraltro, le circostanze di fatto acclarate e descritte dai convergenti provvedimenti di merito, evidenziano che COGNOME era andato all’incontro disarmato e che, invece, era stato l’imputato COGNOME a portare con sé, nella giacca, il coltello che, poi, aveva usato contro la vittima due volte.
3.Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 18 ottobre 2024
Il Consigliere estensore