Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45546 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45546 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MADDALONI il 05/09/1987
avverso la sentenza del 18/09/2023 della CORTE di APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 18 settembre 2023 la Corte di appello di Napoli, confermando la sentenza emessa in data 22 dicembre 2021 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ha condannato NOME COGNOME alla pena di anni otto di reclusione per il reato di cui agli art. 56, 575 cod. pen., 62, comma 1 n. 1, cod. pen., commesso in data 03/07/2010, per avere tentato di uccidere NOME COGNOME esplodendo contro di lui non meno di quattro colpi di pistola.
La Corte di appello si è riportata alla sentenza di primo grado quanto alla ricostruzione del fatto e delle sue circostanze, esplicitamente richiamando il principio della “doppia conforme”. In particolare, ha respinto la tesi difensiva che ricostruiva in modo diverso la direzione degli spari, ribadendo che essa è dimostrata dalle dichiarazioni testimoniali circa la localizzazione delle tracce dei colpi su un’auto in sosta e sul muro della farmacia. Ha respinto la richiesta di qualificare il fatto come un tentativo di lesioni volontarie. Ha respinto anche la richiesta di riconoscere l’esimente della legittima difesa, avendo tutti i testi dichiarato che l’imputato ha sparato al COGNOME alle spalle, mentre questi stava scappando. Ha confermato, inoltre, il trattamento sanzionatorio, ribadendo la sussistenza e la rilevanza della recidiva e la congruità di una pena superiore al minimo edittale, per la personalità negativa dell’imputato, i delitti già consumati e quelli da lui commessi dopo questo fatto, talvolta connotati da violenza contro la persona. Ha escluso la concedibilità delle attenuanti generiche per l’assenza di elementi valutabili positivamente, l’assenza di una effettiva collaborazione e la irrilevanza dell’offerta risarcitoria, pervenuta dopo molto tempo e del tutto sproporzionata rispetto alla gravità e pericolosità della condotta tenuta.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen.
La sentenza è illogica e contraddittoria, e ha travisato le risultanze processuali, in merito alla direzione dei colpi sparati. Essa si è basata sulle dichiarazioni testimoniali, che sono vaghe e lacunose, e non ha valutato !n concreto la rilevanza di quelle degli ufficiali di polizia giudiziaria, i quali n hanno in realtà effettuato rilievi né circa l’altezza delle tracce dei colpi, né circ le posizioni dell’imputato e della vittima. Non è stata ricostruita la traiettori degli spari, né è stata effettuata la comparazione tra i bossoli rinvenuti e la pistola utilizzata dal ricorrente. Pertanto, non essendo stati accertati i parametri rilevanti per stabilire la sussistenza di una volontà omicida, la condotta avrebbe
dovuto essere qualificata come una minaccia aggravata. Infatti i fori sul muro della farmacia risultano trovarsi ad oltre due metri da terra, misura a cui vanno aggiunti i dieci centimetri di altezza del marciapiede, e sono quindi ben superiori all’altezza di un uomo, mentre il foro riscontrato sull’auto in sosta è sul paraurti.
L’idoneità degli atti a determinare l’evento mortale deve essere valutata con un criterio di prognosi postuma, ma tale criterio non è stato applicato correttamente dalle due sentenze di merito, e non è applicabile per la mancanza dei necessari accertamenti oggettivi. Dalla testimonianza del cugino del ricorrente, inoltre, risulta che i colpi sono stati sparati in una direzione diversa da quella di fuga della persona offesa, ad eccezione di quello che ha colpito il paraurti dell’auto parcheggiata ma che, stante la sua altezza, non era idoneo ad uccidere; inoltre è possibile che la vittima, nel momento degli spari, avesse già girato l’angolo della strada. E’ quindi evidente che, oltre alla insussistenza della idoneità e univocità della condotta, era assente anche la volontà omicida, e il ricorrente ha agito solo per intimidire l’aggressore, e scongiurare altre azioni in proprio danno. Inoltre, con il tentativo non è compatibile l’elemento soggettivo del dolo eventuale, unico astrattamente configurabile. Il ricorrente, poi, ha agito in un momento di disperazione, avendo motivo di temere per la propria vita atteso che era stato già raggiunto dai colpi di fucile sparati dal COGNOME, ed aveva evitato di essere colpito in zone vitali solo perché era riuscito ad abbassare le canne dell’arma imbracciata da quest’ultimo.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in merito all’omessa concessione delle attenuanti generiche e all’omessa riduzione della pena nel minimo edittale.
La Corte ha omesso di valutare gli elementi favorevoli al ricorrente, in particolare il fatto che la condotta è stata solo una reazione ad un atto – violento della persona offesa, che egli ha formulato un’offerta risarcitoria, e che si è riappacificato con la vittima prima del giudizio di appello.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, in entrambi i suoi motivi, e deve essere rigettato.
Con il primo motivo il ricorrente nega la sussistenza di elementi idonei per la condanna, o quanto meno per la qualificazione giuridica del fatto come un tentativo di omicidio volontario, richiamando le prove testimoniali che sarebbero
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state erroneamente valorizzate dalle due sentenze di merito, benché vaghe e lacunose, e indicando gli accertamenti istruttori a suo dire indispensabili, che sarebbero stati omessi.
Tale motivo di ricorso è infondato. La sentenza impugnata, la cui struttura giustificativa, trattandosi di c.d. doppia conforme, si salda con quella di primo grado formando un unico complessivo corpo argomentativo, ha ricostruito il fatto in modo logico, completo e non contraddittorio, esaminando e valutando congiuntamente tutte le prove raccolte, a differenza del ricorso, che isola singole parti di alcune testimonianze, obliterando quelle più significative. La sentenza, alla seconda e terza pagina della motivazione, affronta specificamente le doglianze contenute nell’atto di appello, e ne afferma la infondatezza attraverso il nuovo esame delle testimonianze ritenute rilevanti, citando quelle del comandante COGNOME e del mar. COGNOME che, sia pure in modo approssimativo, hanno confermato che le tracce dei colpi sparati, da loro stessi individuate, risultavano ad altezza d’uomo, e quella del titolare della farmacia “COGNOME“, che misurò personalmente i fori sulla facciata del suo esercizio, verificando che erano a m. 1,70 circa rispetto al marciapiede. Quanto all’essere i colpi indirizzati verso la vittima, che volgeva le spalle al ricorrente in quanto si stava dando alla fuga, la sentenza richiama le dichiarazioni dello stesso cugino del ricorrente, e dei molti testimoni oculari. Anche la doglianza circa la mancata effettuazione degli opportuni accertamenti viene respinta dalla sentenza con motivazione logica, in quanto alla quarta pagina della motivazione essa afferma che la direzione dei colpi è stata sufficientemente dimostrata dalle dichiarazioni dei testi e dagli accertamenti compiuti sui luoghi. La sufficienza di tali elementi probatori risulta evidente dalla lettura della sentenza di primo grado che, sulla base di essi, alla pagina 10 ricostruisce nel dettaglio la condotta tenuta dal ricorrente e deduce da questa la sussistenza del delitto di tentato omicidio, sotto il profilo della idoneità dell’azione e della volontà omicida, quanto meno con dolo alternativo, essendo i colpi di pistola indirizzati senza alcun dubbio alle zone vitali del corpo della vittima, stante l’altezza delle tracce degli spari rinvenute sulla facciata della farmacia, verso cui la stessa stava fuggendo, e stante la vicinanza ad essa, essendo stati i primi colpi sparati a pochissimi metri di distanza dall’obiettivo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso contesta tale valutazione riportando solo alcune parti delle deposizioni testimoniali dei due ufficiali di polizia giudiziaria sopra citati, cos incorrendo, per questa parte, nel vizio di genericità e nel mancato rispetto del principio di autosufficienza, dal momento che, secondo la giurisprudenza di legittimità, «In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, quei motivi che, deducendo il
vizio di manifesta illogicità o di contraddittorietà della motivazione, riportano meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell’atto processuale al fine di trarre rafforzamento dall’indebita frantumazione dei contenuti probatori, o, invece, procedono ad allegare in blocco ed indistintamente le trascrizioni degli atti processuali, postulandone la integrale lettura da parte della Suprema Corte» (Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, dep. 2015, Rv. 263601). Il ricorso afferma che le due sentenze di merito «prospettano una lettura atomistica e parcellizzata dei singoli elementi del compendio indiziario», ma in realtà è esso stesso a suggerire una diversa dinamica del fatto basandosi solo su alcune delle testimonianze acquisite, senza valutare in modo complessivo tutte le prove, dalle quali emerge un’unica, possibile ricostruzione, quella formulata dalle predette pronunce.
La genericità di questa parte del ricorso evidenzia che il ricorrente, in realtà, chiede a questa Corte una nuova valutazione delle prove, diversa da quella operata dalle due sentenze di merito. Costituisce, però, un principio consolidato di questa Corte quello secondo cui «L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali» (Sez. U, n. 6402 del 30/04/2997, Dessimone, Rv. 207944). Anche la recente sentenza Sez. 2, n. 25016 del 30/06/2022 ribadisce, nella motivazione, che «al giudice di legittimità è preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito perch ritenuti maggiormente plausibili o dotati di migliore capacità esplicativa». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il motivo di ricorso deve, perciò, essere rigettato, non rilevandosi nella motivazione congiunta delle due sentenze di merito i vizi processuali dedotti.
3. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
La Corte di appello ha valutato approfonditamente le doglianze relative al trattamento sanzionatorio, ed ha risposto in modo dettagliato ad ognuna di esse,
confermando le valutazioni contenute nella sentenza di primo grado. COGNOME In particolare, nella quinta e sesta pagina della sentenza ha ribadito la congruità di una pena-base superiore al minimo edittale, per la gravità dell’azione, consistita nello sparare di giorno in pieno centro cittadino, senza curarsi della pubblica incolumità, e per la personalità violenta del ricorrente che, pur dovendo recarsi nella caserma dei Carabinieri, portava con sé una pistola detenuta illecitamente, e, oltre ad essere già gravato da precedenti penali, ha continuato a delinquere dopo questo fatto. Ha escluso la concedibilità delle attenuanti generiche per l’assenza di elementi valutabili in senso positivo, elementi che lo stesso ricorrente non indica, dal momento che menziona solo la provocazione subita, che è stata già valorizzata concedendo l’apposita attenuante, l’offerta risarcitoria, che la Corte di appello ha valutato ritenendola però, con argomentazione logica, tardiva e incongrua rispetto alla estrema gravità dei fatti, e infine menzionando un’asserita riconciliazione con la parte offesa, del tutto non dimostrata.
Anche in tema di trattamento sanzionatorio, pertanto, la sentenza impugnata è motivata in modo completo, logico e non contraddittorio.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere rigettato, nel suo complesso, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 09 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidtit