Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3538 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3538 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
f avverso la sentenza del 15/05/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di l’Aquila ha confermato la sentenza del 16/07/2020 del Tribunale di Avezzano, che aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole del reato di tentato omicidio, commesso in danno di NOME COGNOME – in tale fatto ritenendosi assorbito il reato di lesioni rubricato sub B), perpetrato in danno della stessa persona offesa – e, per l’effetto, previa esclusione della contestata circostanza aggravante ex art. 576 n. 1 cod. pen., lo aveva condannato alla pena di anni dieci di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare, applicandogli le pene accessorie dell’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e dell’interdizione legale durante l’esecuzione della pena e imponendo la misura di sicurezza della libertà vigilata per un periodo non inferiore a tre anni; con confisca e distruzione di quanto in sequestro; con declaratoria di estinzione per intervenuta prescrizione, quanto alla contravvenzione ex art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, deducendo due motivi. Con il primo motivo, viene denunciato vizio rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) e lett. e) cod. proc. pen., stante la errone applicazione della legge penale e la carente, contraddittoria e manifesta illogicità della motivazione, con travisamento delle prove, quanto al disposto dell’art. 192 cod. proc. pen., in relazione alla ritenuta sussistenza del tentato omicidio. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) e lett. e) cod. proc. pen., per erronea applicazione della legge penale, nonché carente, contraddittoria e manifesta illogicità della motivazione, con travisamento delle prove, in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti ex artt. 62 n. 6 e 62-bis cod. proc. pen.
Per quanto inerisce alla prima doglianza, giova ricordare come il compito del giudice di legittimità non consista nel sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito; la Corte di cassazione ha il diverso compito, infatti, di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a l disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti e se abbiano esattamente applicato le regole della logica, nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni, a preferenza di altre (Sez. un., n. 930 del 13/12/1995, Clarke, Rv 203428; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv 235507; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217).
3.1. Svolta la sopra indicata premessa di tenore metodologico, si rileva che la contestata valutazione organica delle risultanze processuali è stata correttamente ed esaustivamente condotta, da parte della Corte di merito. I giudici di secondo grado hanno svolto, infatti, le argomentazioni in rapporto alle doglianze difensive poste a fondamento dei punti del gravame, che hanno analiticamente ripercorso in modo puntuale; non hanno mancato di confrontarsi, peraltro, con l’esposizione dei fatti e con la specifica e articolata disamina delle emergenze probatorie, contenute nella sentenza del primo Giudice.
3.2. La doglianza attinente alla qualificazione giuridica del fatto, che la difesa auspica venga ricondotta sotto l’egida normativa del delitto di lesioni personali, risulta radicalmente inammissibile, in quanto confutativa e aspecifica. I giudici di merito, infatti, hanno desunto la sussistenza del dolo omicidiario, nel comportamento tenuto dal ricorrente nei confronti della vittima, attraverso una ponderazione del tutto corretta, in ordine alle concrete modalità esecutive che hanno connotato la condotta incriminata. La Corte ha sottolineato, dunque, la sussistenza del dolo omicidiario, ricavandolo – in via deduttiva – dal ferreo collegamento logico fra i seguenti elementi oggettivi:
la sicura potenzialità lesiva dello strumento adoperato (un coltello, ossia uno strumento sicuramente dotato di particolare attitudine a lacerare i tessuti, nonché a penetrare in profondità);
l’esser stata attinta, la vittima, al collo, ossia in un distretto corporeo c notoriamente ospita la carotide;
la violenza con la quale sono stati portati i colpi, oltre che la determinazione manifestata dal soggetto agente – dopo aver aggredito la vittima servendosi di un bastone – nel portare più fendenti, indirizzati prevalentemente verso il collo e schivati dalla vittima solo grazie a una particolare prontezza di riflessi;
la stessa enunciazione di volontà fatta dall’imputato, al momento dell’aggressione.
3.3. Questo Collegio, quindi, può limitarsi a sottolineare come il convincimento raggiunto dalla Corte distrettuale – in tema di sussistenza del fatto e di qualificazione giuridica dello stesso, in termini di tentato omicidio – sia stat esposto attraverso una struttura motivazionale rigorosamente coerente, oltre che ampia ed esaustiva; risultano invece manifestamente assertive, versate in fatto e meramente reiterative le critiche sussunte nell’atto di impugnazione.
La sentenza impugnata rileva poi come elementi positivi – in punto di concessione delle circostanze attenuanti generiche – non siano rinvenibili, né siano stati in concreto posti in risalto dalla difesa. Accanto alla mancata emersione di elementi favorevolmente apprezzabili, la Corte di appello ha anche evidenziato
trattarsi di un soggetto pluripregiudicato, per reati anche specifici. Parimenti esaustiva e lineare è la motivazione a mezzo della quale è stata disattesa l’invocata applicazione della circostanza attenuante ex art. 62 n. 2 cod. pen.; la Corte distrettuale, sul punto, ha chiarito non essersi realizzata alcuna provocazione ad opera della vittima, intervenuta con un esclusivo fine solidaristico nei confronti di NOME COGNOME. A fronte di dette argomentazioni, scevre da vizi logici e giuridici ed espresse in maniera coerente e non contraddittoria, la difesa ricorrente insiste – con deduzioni aspecifiche e apodittiche – sulla necessità, da parte della Corte territoriale, di riconoscere le suddette circostanze attenuanti.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 07 dicembre 2023.