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Tentato omicidio: investire una persona è reato?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un uomo condannato per tentato omicidio per aver cercato di investire un’altra persona con la propria auto. La Corte ha stabilito che l’intenzione di uccidere (dolo) non si valuta solo dalla velocità del veicolo, ma dall’intera dinamica dei fatti, che in questo caso includeva una lite precedente, una manovra a U deliberata e la guida sul marciapiede per colpire la vittima di sorpresa.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato omicidio: quando usare l’auto come arma integra il reato

Il tentato omicidio è un reato grave che si configura quando un soggetto compie atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di un’altra persona, senza che l’evento si verifichi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, riguardante un tentativo di investimento, chiarendo come si valuta l’intenzione omicida anche quando la velocità del veicolo non appare, a prima vista, letale.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da una lite avvenuta in una località di mare. A seguito del diverbio, sedato dall’intervento di terze persone, l’imputato si allontanava per poi ritornare a bordo della sua autovettura. Una volta avvistata la persona offesa, l’uomo effettuava una repentina inversione a U, saliva sul marciapiede opposto al suo senso di marcia e dirigeva il veicolo contro la vittima, che si trovava di spalle. Grazie alla sua prontezza di riflessi, la vittima riusciva a schivare l’impatto, che fermava la corsa del veicolo. Per questi fatti, l’imputato veniva condannato in primo e secondo grado alla pena di sette anni di reclusione per tentato omicidio.

L’analisi del tentato omicidio e il ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la motivazione della sentenza d’appello fosse carente. In particolare, si contestava la ricostruzione dei fatti e la valutazione dell’intenzione di uccidere. Secondo la tesi difensiva, la velocità del veicolo, registrata da un dispositivo satellitare installato a bordo, non era così elevata da poter essere considerata idonea a provocare la morte. Si chiedeva, inoltre, una rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per un nuovo accertamento peritale sulla velocità.

La decisione della Corte sul tentato omicidio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici supremi hanno chiarito che il ricorso non può trasformarsi in una richiesta di rivalutazione del merito della vicenda, compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. Il ruolo della Cassazione è verificare la correttezza logica e giuridica della motivazione della sentenza impugnata.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello completa, logica e persuasiva. I giudici di merito non si sono limitati a considerare la sola velocità registrata dal dispositivo satellitare. Hanno invece condotto un apprezzamento complessivo di tutti gli elementi acquisiti, basando la loro decisione su un solido ragionamento indiziario.

L’univocità degli atti, diretta a causare la morte della vittima, è stata desunta da una serie concatenata di comportamenti:
1. La lite pregressa: L’esistenza di un conflitto precedente ha fornito il movente.
2. Il ritorno sul posto: L’imputato non si è allontanato definitivamente, ma è tornato sul luogo della lite armato della propria autovettura.
3. La manovra deliberata: L’inversione a U, eseguita non appena avvistata la vittima, e la successiva invasione del marciapiede indicano una chiara volontà di puntare la persona offesa.
4. L’effetto sorpresa: L’azione è stata condotta approfittando del fatto che la vittima era di spalle, aumentandone la pericolosità.

L’idoneità della manovra a realizzare l’intento lesivo, secondo la Corte, non deriva solo dalla velocità, ma anche dall’accelerazione improvvisa e dalla sorpresa, elementi che hanno messo in grave pericolo non solo la vittima designata, ma anche altri testimoni presenti. Di conseguenza, anche la richiesta di una nuova perizia sulla velocità è stata legittimamente respinta, poiché la decisione si fondava già su elementi sufficienti per una compiuta valutazione della responsabilità.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di tentato omicidio: per accertare il dolo, ovvero l’intenzione di uccidere, il giudice deve valutare l’intera condotta dell’agente e il contesto in cui si è svolta. L’utilizzo di un’automobile come arma, dirigendola deliberatamente verso una persona sul marciapiede, costituisce un atto di per sé idoneo a uccidere, a prescindere dalla velocità finale registrata. La valutazione complessiva degli indizi, se gravi, precisi e concordanti, è sufficiente a fondare una sentenza di condanna.

Una bassa velocità del veicolo può escludere il reato di tentato omicidio in caso di investimento?
No. Secondo la Corte, la volontà di uccidere non si desume solo dalla velocità, ma dall’intera dinamica dell’azione. Manovre come salire su un marciapiede per colpire una persona di sorpresa possono dimostrare l’intento omicida anche se la velocità non è elevata.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del processo?
No. Il giudizio in Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Corte non può riesaminare le prove o fornire una diversa ricostruzione dei fatti, ma solo verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non violi la legge.

Perché i giudici d’appello possono rifiutare una richiesta di nuove perizie?
I giudici possono rigettare una richiesta di rinnovazione dell’istruttoria (come una nuova perizia) quando ritengono che gli elementi già acquisiti nel processo siano sufficienti per decidere. Il rigetto è legittimo se la motivazione della sentenza si basa su un quadro probatorio completo e adeguato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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