Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44267 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44267 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia nel procedimento a carico di
NOME COGNOME nato a Spoleto il 17/11/2003
avverso l’ordinanza emessa il 09/07/2024 dal Tribunale del riesame di Perugia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha
chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 9 luglio 2024 il Tribunale del riesame di Perugia, qualificata la fattispecie contestata a Mostafa El COGNOME al capo A, ai sensi degli artt. 56, 110, 575, 577, primo comma, n. 3, cod. pen., nel delitto di lesioni personali lievi, commesso da più persone, in danno di NOME COGNOME annullava l’ordinanza impugnata, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Spoleto il 18 giugno 2024, disponendo l’immediata liberazione dell’indagato.
Si contestava, in particolare, all’indagato, in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME nei cui confronti si procede separatamente, di avere colpito di NOME COGNOME con un oggetto di ferro al volto e alla nuca, allo scopo di ucciderla, non riuscendovi per la reazione della persona offesa, che si difendeva strenuamente con le braccia, impedendo che i colpi sferrati al suo indirizzo producessero l’effetto letale perseguito dagli aggressori.
Occorre, in proposito, precisare che il contenzioso culminato nel ferimento di NOME COGNOME si sviluppava in due fasi distinte.
Più precisamente, in una prima fase, che si sviluppava all’esterno di un esercizio pubblico di Spoleto, dove si praticava il bowling, il contenzioso coinvolgeva, da una parte, NOME COGNOME e altri tre giovani nnagrebini, dall’altra, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME concludendosi con alcuni spintoni reciproci, nel corso dei quali il citato NOME COGNOME veniva feritecon una testata al sopracciglio destro sferratagli da uno degli antagonisti, indicato dalla vittima con il nome di COGNOME
Successivamente, i tre indagati contattavano telefonicamente NOME COGNOME presso il giardino di un istituto scolastico e, dopo averlo incontrato, dapprima lo colpivano al volto e alla nuca con un oggetto di ferro celato da un giubbotto, successivamente, lo facevano salire su un’autovettura, puntandogli contro una pistola per intimidirlo, lo conducevano in un’area dove si trovava un capannone abbandonato e lo colpivano ulteriormente con il calcio di una pistola, provocando lo stordimento della vittima.
Dopo essere stata ferita, nelle prime ore del 28 aprile 2024, la persona offesa veniva accompagnata all’Ospedale di Spoleto, dove veniva lasciata da uno dei tre aggressori, NOME COGNOME
In questa cornice, il Tribunale del riesame di Perugia riteneva questa ricostruzione degli accadimenti criminosi inidonea a confermare il giudizio di gravità indiziaria formulato nei confronti di NOME COGNOME per il capo A, non ritenendo acquisita la prova che l’indagato e i complici intendevano uccidere NOME COGNOME atteso che sia lo strumento utilizzato per colpire NOME COGNOME sia
le modalità con cui si era verificata la seconda frazione dell’aggressione, conclusasi con il pestaggio della persona offesa in un’area dove si trovava un capannone abbandonato, non consentivano di ritenere l’azione portata avanti dagli aggressori idonea a provocare la morte della vittima e supportata dall’animus necandi indispensabile per configurare la fattispecie originariamente contestata a Mostafa El Hamdouni.
A sostegno di queste conclusioni, innanzitutto, si richiamava la modesta entità delle lesioni personali riportate da NOME COGNOME, rappresentate dalla frattura del setto nasale e da una ferita alla nuca, così come refertate dai medici dell’Ospedale di Spoleto, dove la vittima era stata accompagnata da uno degli aggressori, dopo essere stata minacciata con una pistola e sottoposta a un pestaggio.
Si muovevano in questa direzione anche gli ulteriori elementi indiziari richiamati dal Tribunale del riesame di Perugia nell’ordinanza impugnata, tra cui le immagini estrapolate dalle telecamere di videosorveglianza installate nei pressi del locale pubblico di Spoleto dove si era sviluppato la prima frazione dello scontro fisico tra i due gruppi di giovani; le dichiarazioni rese dalla persona offesa, NOME COGNOME nella prima fase delle indagini preliminari, corredate dai verbali di identificazione fotografica dei soggetti che lo avevano aggredito, colpendolo ripetutamente; le dichiarazioni rese dai coindagati NOME COGNOME e NOME COGNOME negli interrogatori di garanzia conseguenti al loro arresto, resi il 28 aprile 2024, nei quali indicavano, quale oggetto usato per colpire la persona offesa, un crick prelevato dall’autovettura a bordo della quale avevano fatto salire la vittima; le dichiarazioni rese nell’udienza del riesame dal ricorrente, che riferiva di avere colpito NOME COGNOME con una mazzetta di ferro, individuata nella chiave a “L”, utilizzata per svitare i bulloni delle ruote delle autovettura nelle ipotesi di forature.
Sulla scorta di questa ricostruzione degli accadimenti criminosi il Tribunale del riesame di Perugia, riqualificata l’ipotesi delittuosa originariamente ascritta a Mostafa El Hamdouni, annullava l’ordinanza impugnata.
Avverso questa ordinanza il Procuratore della Repubblica di Perugia proponeva ricorso per cassazione, articolando due censure difensive.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, per non avere il Tribunale del riesame di Perugia dato esaustivo conto delle ragioni che imponevano la riqualificazione della fattispecie originariamente contestata a Mostafa El Hamdouni al capo A nella diversa fattispecie delle lesioni personali lievi, commesse da più persone con un’arma impropria, che traeva origine dal travisamento delle dichiarazioni
rese dai coindagati NOME COGNOME e NOME COGNOME negli interrogatori di garanzia conseguenti al loro arresto, resi il 24 aprile 2024, sull’arma impiegata per colpire NOME COGNOME
Con il secondo motivo di ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento agli artt. 56 e 575 cod. pen., per non avere la decisione in esame dato adeguato conto delle ragioni che non consentivano di affermare l’idoneità degli atti posti in essere da Mostafa El Hamdouni a provocare la morte di NOME COGNOME che era stata affermata facendo un’erronea applicazione del criterio della prognosi postuma, che imponeva di valutare le connotazioni di offensività della condotta aggressiva del ricorrente alla luce delle condizioni, conosciute e conoscibili, esistenti al momento dell’azione.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia è fondato nei termini di seguito indicati.
Occorre premettere che, con l’atto di impugnazione in esame, attraverso due correlate doglianze, si censurava il percorso argomentativo con cui il Tribunale del riesame di Perugia aveva disposto la riqualificazione della fattispecie contestata a Mostafa El COGNOME al capo A, ai sensi degli artt. 56, 110, 575, 577, primo comma, n. 3, cod. pen., nel delitto di lesioni personali lievi, commesso da più persone in danno di NOME COGNOME, a Spoleto, il 28 aprile 2024.
Tanto premesso, deve osservarsi che le conclusioni del Tribunale del riesame di Perugia, secondo cui l’azione armata posta in essere da NOME COGNOME, in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME in danno di NOME COGNOME era inidonea a provocarne la morte, non appaiono corroborate dalla sequenza dell’aggressione e dalle modalità con cui l’indagato e i correi colpivano la persona offesa, attingendola, con violenza e da distanza ravvicinata, in varie parti del corpo, tra cui il volto e la nuca.
Su questi, pur decisivi, profili valutativi, l’ordinanza impugnata non si soffermava in termini congrui, non chiarendo le ragioni per cui l’azione criminosa oggetto di vaglio, facendo applicazione del criterio della prognosi postuma, doveva ritenersi inidonea a provocare la morte di NOME COGNOME sebbene la persona offesa, dopo essere stata costretta a recarsi in un capannone
abbandonato, dietro la minaccia di una pistola, fosse stata colpita violentemente, con un oggetto di ferro, da numerosi colpi, che, tra l’altro, la attingevano al volto e alla nuca.
Rispetto a questa, brutale, sequenza dell’azione criminosa, non assumeva un rilievo decisivo l’esatta individuazione dell’oggetto di ferro utilizzato dagli aggressori per colpire la persona offesa, su cui il provvedimento impugnato non faceva adeguata chiarezza.
Non può, invero, non rilevarsi che su tale profilo indiziario le dichiarazioni rese dai tre coindagati divergevano, atteso che NOME COGNOME e NOME COGNOME individuavano tale oggetto in un crick prelevato dall’autovettura a bordo della quale avevano costretto a salire la persona offesa, minacciandola con una pistola, per condurla nell’area del capannone abbandonato dove si completava il suo brutale pestaggio; mentre, NOME COGNOME individuava l’oggetto in questione in una mazzetta di ferro ovvero in una chiave a “L”, analoga a quelle usualmente impiegate per svitare i bulloni delle ruote degli automezzi nelle ipotesi di forature, prelevata dallo stesso veicolo.
Né assumono un rilievo decisivo le connotazioni nosografiche delle lesioni personali provocate a NOME COGNOME – individuate in un “politraunna cranico e facciale commotivo, con frattura all’apice delle ossa e del naso e ferite lacero contusa della nuca, abrasioni della regione frontale e parietale sinistra, policontusioni torace, addome e rachide” – che non potevano ritenersi, sic et simpliciter, decisive ai fini della qualificazione giuridica della fattispecie contestata al capo A.
Senza considerare, per altro verso, che la gran parte dei colpi sferrati dagli aggressori con un oggetto di ferro attingevano la persona offesa al volto e alla nuca, com’è dimostrato dalle lesioni personali riportate dalla vittima, refertate dall’Ospedale di Spoleto dove la persona offesa veniva ricoverata la notte del 28 aprile 2024.
Da questo punto di vista, appare connotato da assertività e fondato su una ricostruzione degli eventi criminosi svincolata dalla emergenze indiziarie, il percorso argomentativo seguito dal Tribunale del riesame di Perugia, che, a pagina 4 del provvedimento impugnato, evidenziava che «se gli autori del reato avessero realmente ricercato la morte della vittima attraverso l’uso della chiave a L, detto risultato sarebbe stato raggiunto solo mediante un utilizzo smodato/violento dell’oggetto ». Ne conseguiva che «se gli autori del reato, peraltro in numero di tre, fossero stati animati dalla intenzione di uccidere COGNOME o avessero anche solo alternativamente accettato il rischio dell’evento morte, avrebbero sferrato moltissimi colpi violenti e/o calci al capo che
avrebbero potuto produrre anche fratture della calotta cranica o della mandibola o di altre parti del corpo».
Sulla scorta di una tale, inadeguata, ricostruzione dell’aggressione armata posta in essere da Mostafa El Hamdouni, NOME COGNOME e NOME COGNOME in danno di NOME COGNOME che non veniva correttamente correlata alle circostanze di tempo e di luogo nelle quali maturava la loro determinazione criminosa, che dovevano essere valutate secondo il criterio della prognosi postuma, il Tribunale del riesame di Perugia formulava un giudizio incongruo sull’idoneità degli atti posti in essere dall’imputato a provocare la morte della vittima. Venivano, in questo modo, disattesi i parametri, da ultimo affermati da Sez. 2, n. 36311 del 12/07/2019, COGNOME, n. 277032 – 01, secondo cui: «In tema di delitto tentato, l’accertamento della idoneità degli atti deve essere compiuto dal giudice di merito secondo il criterio di prognosi postuma, con riferimento alla situazione che si presentava all’imputato al momento del compimento degli atti, in base alle condizioni prevedibili del caso».
Questo orientamento ermeneutico, del resto, si inserisce nel solco di un filone giurisprudenziale consolidato e risalente nel tempo, che è possibile esplicitare richiamando il seguente, insuperato, principio di diritto: «Nei reati di danno l’idoneità degli atti nel tentativo va riferita all’insieme complessivo dell’attività posta in essere dal soggetto, tenendo conto di tutte le modalità e circostanze effettive di essa nell’ambito della situazione contingente, e va ritenuta sussistente se risultino dotati di oggettiva pericolosità in concreto rispetto all’interesse protetto, con valutazione, quindi, “ex ante”, anche se la prognosi è necessariamente postuma rispetto all’attività svolta» (Sez. 1, n. 17787 del 03/11/1988, dep. 1989, COGNOME, Rv. 189929 – 01).
Occorre, pertanto, ribadire che, nelle ipotesi di tentato omicidio, l’accertamento di merito sull’idoneità degli atti posti in essere a provocare la morte del soggetto passivo del reato deve essere compiuto dal giudice di merito secondo il criterio della prognosi postuma, che presuppone il riferimento a tutte le circostanze, oggettive e soggettive, presenti al momento del compimento dell’azione criminosa, valutabili con un criterio prognostico necessariamente postumo rispetto all’attività svolta.
2.1. Deve, per altro verso, rilevarsi che il Tribunale del riesame di Perugia, pur a fronte delle emergenze indiziarie richiamate nel provvedimento cautelare genetico, adottato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Spoleto il 18 giugno 2024, non chiariva per quali ragioni la dinamica dell’aggressione armata posta in essere dal ricorrente e dai complici in danno di NOME COGNOME non era univocamente dimostrativa del fatto che la loro azione conseguiva a una volontà omicida teleologicamente orientata nella direzione prefigurata dal
Pubblico ministero. Tali conclusioni, a ben vedere, non appaiono armoniche con il compendio indiziario, che, al contrario sembra, attestare la pervicacia dei propositi criminosi degli aggressori, che sottoponevano a un violento pestaggio la vittima, dopo averla sequestrata, costretta a salire su un’autovettura dietro la minaccia di una pistola e condotta in un’area dove si trovava un capannone abbandonato.
Non può, in proposito, non rilevarsi che l’univocità degli atti costituisce il presupposto indispensabile per ritenere una condotta delittuosa – analoga a quella originariamente ascritta a Mostafa El Hamdouni al capo A, ai sensi degli artt. 56, 110, 575, 577, primo comma, n. 3, cod. pen., – riconducibile all’alveo applicativo dell’art. 56 cod. pen.
Tutto questo risponde all’esigenza di ricostruire in termini processualmente certi la volontà del soggetto attivo del reato rispetto all’aggressione del bene giuridico protetto della norma penale, che, nel caso in esame, è rappresentato dalla vita di NOME COGNOME conformemente a quanto statuito dalla Suprema Corte, che, ai fini dell’accertamento dell’animus necandi sotteso alla condotta illecita in esame, afferma: «In tema di tentativo, il requisito dell’univocità degli atti va accertato ricostruendo, sulla base delle prove disponibili, la direzione teleologica della volontà dell’agente quale emerge dalle modalità di estrinsecazione concreta della sua azione, allo scopo di accertare quale sia stato il risultato da lui avuto di mira, sì da pervenire con il massimo grado di precisione possibile alla individuazione dello specifico bene giuridico aggredito e concretamente posto in pericolo» (Sez. 1, n. 2910 del 18/06/2019, COGNOME, Rv. 276401 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 2, n. 18747 del 20/03/2007, COGNOME, Rv. 236401 – 01; Sez. 4, n. 7702 del 29/01/2007, COGNOME, Rv. 236110 – 01; Sez. 1, n. 7938 del 03/02/1992, COGNOME, Rv. 191241 – 01).
Ne discende che, nel caso di specie, il requisito dell’univocità degli atti, attraverso cui si concretizzava l’aggressione armata di NOME COGNOME avrebbe dovuto essere accertato sulla base delle connotazioni concrete della condotta illecita posta in essere dal ricorrente in danno della vittima del brutale pestaggio, nel senso che, per escludere la ricorrenza del tentato omicidio originariamente contestato, il comportamento aggressivo dell’indagato e dei complici non avrebbe dovuto possedere, tenuto conto della sequenza criminosa in cui si inseriva e della dinamica dell’azione delittuosa, l’attitudine a rendere manifesto il loro intento omicida, desumibile sia dagli atti preparatori sia da quelli di natura esecutiva (tra le altre, Sez. 2, n. 24302 del 24/05/2017, Gentile, Rv. 269963 01; Sez. 5, n. 18981 del 22/02/2017, COGNOME, Rv. 269931 – 01; Sez. 2, n. 40912 del 24/09/2015, COGNOME, Rv. 264589 – 01; Sez. 2, n. 46776 del 20/11/2012,
GLYPH
PI
COGNOME, Rv. 254106 – 01; Sez. 2, n. 41649 del 05/11/2010, COGNOME, Rv. 248829 – 01).
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente di ribadire la fondatezza del ricorso in esame, cui consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con il conseguente rinvio al Tribunale del riesame di Perugia per un nuovo giudizio, che dovrà essere eseguito nel rispetto dei principi che si so enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame di Perugia Sezione per il riesame.
Così deciso il 16 ottobre 2024.