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Tentato omicidio: gravi indizi e motivazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato in custodia cautelare per tentato omicidio. L’uomo era accusato di aver esploso colpi di arma da fuoco contro un’altra persona. La difesa contestava la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, basata su intercettazioni, ritenendola parziale e contraddittoria. La Corte ha stabilito che la motivazione del Tribunale del Riesame era logicamente coerente, sottolineando che l’intenzione di uccidere (animus necandi) può essere provata anche da un singolo colpo e da altri elementi, come la confessione dell’indagato e pregressi rancori, rendendo non decisivo il numero esatto di colpi esplosi.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato omicidio: come si valutano i gravi indizi di colpevolezza?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29612/2025, offre importanti chiarimenti sulla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza in un caso di tentato omicidio. La decisione analizza i limiti del ricorso per cassazione avverso le ordinanze cautelari e definisce i criteri per accertare l’intenzione omicida, anche in presenza di versioni dei fatti contrastanti. Questa pronuncia è fondamentale per comprendere come il giudice deve motivare le proprie decisioni in una fase così delicata come quella delle indagini preliminari.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice del riesame, confermava un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un uomo gravemente indiziato del reato di tentato omicidio. Secondo l’accusa, l’indagato aveva esploso numerosi colpi di arma da fuoco verso un’altra persona, senza riuscire a colpirla per cause indipendenti dalla sua volontà. La misura era stata disposta dal G.I.P. del medesimo Tribunale.

Contro questa decisione, la difesa dell’indagato proponeva ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, si sosteneva che il Tribunale del riesame avesse fondato la propria convinzione sulla gravità indiziaria basandosi esclusivamente su una lettura parziale di due conversazioni intercettate, una coinvolgente l’indagato e l’altra la persona offesa.

Il Ricorso e i Motivi di Doglianza

La difesa articolava un unico motivo di ricorso, denunciando un vizio di motivazione sotto diversi profili. Si lamentava che:

1. Valutazione parziale delle prove: Il Tribunale non avrebbe considerato l’astio preesistente tra l’indagato e la vittima, né una conversazione in cui l’indagato affermava di sapere che la vittima era armata. Questo avrebbe portato a una ricostruzione parziale e a non considerare un possibile contesto di legittima difesa.
2. Contraddittorietà del quadro indiziario: Emergevano elementi contraddittori riguardo al numero di colpi esplosi (uno secondo l’indagato, tre secondo la vittima), alla loro direzione e al mancato rinvenimento dell’arma.
3. Mancata valutazione comparativa: Il giudice non avrebbe spiegato perché la versione della persona offesa fosse ritenuta più attendibile di quella dell’indagato, nonostante i contrasti pregressi potessero indurre la vittima a “ingigantire” il racconto.

In sostanza, la difesa chiedeva alla Corte di Cassazione di annullare l’ordinanza per l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione che sorreggeva il quadro di gravità indiziaria.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul tentato omicidio

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo. I giudici hanno innanzitutto ribadito i limiti del proprio sindacato in materia di misure cautelari. Il compito della Cassazione non è quello di riesaminare nel merito le prove, ma di controllare la coerenza e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato.

Nel merito, la Corte ha smontato le argomentazioni difensive, affermando che la motivazione del Tribunale del riesame non era affetta da alcuna manifesta illogicità o contraddittorietà. In particolare, i giudici hanno osservato che:

L’intenzione omicida (animus necandi*): L’elemento decisivo per confermare la gravità indiziaria per il tentato omicidio non era il numero di colpi esplosi, ma l’intenzione di uccidere. Tale intenzione era stata ampiamente provata dalla confessione sostanziale dell’indagato, emersa dalle intercettazioni (…”subito lo volevo prendere… il Signore ha voluto che ho fatto il canguro e non l’ho preso… fu fortunato”…), dai pregressi rancori e da un precedente episodio di spari contro il portone della vittima.
* Idoneità degli atti: Gli atti compiuti (esplodere un colpo d’arma da fuoco ad altezza uomo) erano oggettivamente idonei e diretti in modo non equivoco a causare la morte. Il fatto che l’evento non si sia verificato a causa del “rinculo” dell’arma, come sostenuto dall’indagato, è un fattore indipendente dalla sua volontà che non esclude la configurabilità del tentativo.
Irrilevanza del numero di colpi: Anche ammettendo la versione difensiva di un solo colpo, questo non escluderebbe l’intenzione omicida, già comprovata da altri elementi. La reiterazione dei colpi è un indicatore dell’ animus necandi*, ma non l’unico né l’indispensabile.
* Direzione del colpo: La difesa sosteneva che sparare “dall’alto” escludesse il puntamento ad altezza d’uomo. La Corte ha chiarito che l’altezza d’uomo si riferisce al punto di arrivo del proiettile, non alla traiettoria, rendendo la ricostruzione del Tribunale del tutto logica.

Conclusioni

La Corte di Cassazione ha concluso che l’ordinanza impugnata era correttamente motivata. Il Tribunale del riesame aveva risolto le discordanze tra le versioni dei fatti in favore di quella della persona offesa, basandosi su una valutazione logica e coerente di tutti gli elementi a disposizione, in particolare le conversazioni intercettate che contenevano una sostanziale confessione. La sentenza riafferma un principio cruciale: nel tentato omicidio, l’analisi deve concentrarsi sull’idoneità dell’azione e sull’intenzione dell’agente, che possono essere desunte da una pluralità di fattori, senza che un singolo elemento (come il numero di colpi) sia di per sé dirimente.

Cosa si intende per gravi indizi di colpevolezza nel tentato omicidio?
Per gravi indizi di colpevolezza si intendono elementi che rendono altamente probabile la commissione del reato. Nel caso del tentato omicidio, questi elementi devono dimostrare che l’indagato ha compiuto atti idonei e diretti in modo non equivoco a causare la morte di una persona, anche se l’evento non si è verificato per cause indipendenti dalla sua volontà.

Il numero di colpi d’arma da fuoco esplosi è un elemento decisivo per provare l’intenzione di uccidere?
No. Secondo la sentenza, sebbene la reiterazione dei colpi sia un forte indicatore dell’intenzione omicida (animus necandi), non è un elemento decisivo. L’intenzione può essere provata anche da altri fattori, come confessioni, precedenti rancori, minacce e la direzione dei colpi verso zone vitali del corpo.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare un’ordinanza di custodia cautelare?
La Corte di Cassazione non riesamina i fatti o le prove del caso. Il suo compito è verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della motivazione del provvedimento impugnato. Controlla, quindi, se il giudice di merito ha fornito una spiegazione adeguata, non contraddittoria e non manifestamente illogica per giustificare l’applicazione della misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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