LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Tentato omicidio e dolo: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione conferma la condanna per tentato omicidio a carico di due individui che avevano teso un agguato a un uomo. La sentenza approfondisce i criteri per distinguere un atto preparatorio da un tentativo punibile, focalizzandosi sui requisiti di idoneità e univocità dell’azione. Viene inoltre chiarito come si accerta l’intenzione omicida (dolo), anche in assenza di un movente, e si ammette la configurabilità del dolo alternativo, in cui l’agente accetta la morte come conseguenza altamente probabile della sua condotta violenta.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato Omicidio: Quando un’Azione Incompiuta Diventa Reato?

La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale affronta un caso di tentato omicidio, offrendo chiarimenti fondamentali su quali elementi siano necessari per provare il reato. La pronuncia si sofferma sui concetti di ‘idoneità’ e ‘univocità’ degli atti, e sulla prova dell’elemento psicologico, il dolo, anche quando il movente resta oscuro. Analizziamo insieme i fatti e i principi di diritto espressi dalla Suprema Corte.

I Fatti: L’Agguato nel Vicolo

Il caso riguarda due persone accusate di aver tentato di uccidere un uomo. Secondo la ricostruzione, uno degli imputati ha attirato la vittima in un vicolo isolato con un pretesto, per poi distrarla e trattenerla. Nel frattempo, il complice è apparso armato di un’arma da taglio di grandi dimensioni (un’ascia o un grosso coltello) e ha sferrato diversi colpi verso la vittima. Quest’ultima è riuscita a salvarsi solo grazie alla sua pronta reazione, parando i fendenti con gli arti superiori e riportando ferite fortunatamente non gravi, per poi riuscire a fuggire.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno riconosciuto gli imputati colpevoli di concorso in tentato omicidio. La difesa ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni:
1. Inattendibilità della vittima: La sua testimonianza non sarebbe credibile.
2. Insussistenza del tentato omicidio: L’azione non sarebbe stata ‘univoca’ (cioè diretta a uccidere) e l’arma non è mai stata trovata. Inoltre, le lesioni erano lievi e il movente sconosciuto.
3. Mancato contributo del complice: Non sarebbe stato provato il ruolo effettivo dell’imputato che ha attirato la vittima.
4. Errata applicazione della recidiva e mancata concessione delle attenuanti generiche.

Le Motivazioni della Cassazione sul tentato omicidio

La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, confermando la condanna. Le motivazioni della sentenza sono un’importante lezione sui principi che regolano il delitto tentato.

Attendibilità della Vittima e Irrilevanza del Movente

In primo luogo, la Corte ribadisce che la valutazione dell’attendibilità di un testimone, inclusa la persona offesa, è un giudizio di fatto riservato ai giudici di merito. Se la motivazione è logica e completa, non può essere messa in discussione in sede di legittimità. Inoltre, la Cassazione sottolinea un principio cruciale: una volta provata l’attribuibilità di un’azione criminale a un soggetto, la mancata individuazione del movente diventa irrilevante ai fini dell’affermazione di responsabilità.

Idoneità e Univocità: I Pilastri del Tentativo Punibile

Il cuore della sentenza risiede nella spiegazione dell’art. 56 del codice penale. Per aversi tentato omicidio, non basta la semplice intenzione, ma servono atti che siano:
Idonei: L’azione deve avere la concreta possibilità, valutata al momento del fatto (giudizio ex ante*), di causare la morte. Non si richiede una probabilità alta, ma la semplice possibilità. Nel caso di specie, aggredire una persona con un’ascia o un grosso coltello è un’azione intrinsecamente idonea a uccidere.
* Univoci: Gli atti devono indicare in modo non equivoco l’intenzione di commettere proprio quel delitto. L’uso di un’arma letale, i colpi ripetuti e inferti con vigore, e la dinamica dell’agguato sono stati considerati elementi che puntavano inequivocabilmente alla volontà di uccidere e non solo di ferire.

La Prova del Dolo nel tentato omicidio: Dolo Diretto e Alternativo

La Corte chiarisce che per il tentato omicidio non è necessario provare un dolo specifico e intenzionale, ma è sufficiente il dolo diretto, che include anche la figura del dolo alternativo. Si ha dolo alternativo quando l’aggressore si rappresenta e accetta come altamente probabile l’evento morte, anche se il suo obiettivo primario potesse essere ‘solo’ il ferimento grave. L’aggressore, usando un’arma mortale, accetta implicitamente l’esito più grave. L’irrilevanza della scarsa entità delle ferite è un altro punto chiave: il reato di tentativo si configura per la pericolosità dell’azione, non per il suo risultato. Se l’evento non si verifica per la reazione della vittima, ciò non esclude la colpevolezza.

Il Ruolo del Complice e la Recidiva

Infine, la Corte ha respinto anche i motivi specifici. Il contributo del complice che ha attirato la vittima è stato considerato un apporto materiale essenziale alla realizzazione del piano criminoso. La questione sulla recidiva è stata dichiarata inammissibile perché non sollevata in appello, mentre il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto ben motivato dalla gravità dei fatti, dall’intensità del dolo e dall’assenza di pentimento.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza i principi fondamentali in materia di tentato omicidio. Ci insegna che la giustizia non si ferma di fronte all’assenza di un movente o alla mancanza di lesioni gravi, quando la condotta posta in essere è di per sé pericolosa e diretta a togliere la vita. La Corte fornisce una guida chiara per distinguere gli atti preparatori non punibili da un tentativo concreto, basando il giudizio sulla potenzialità offensiva dell’azione e sulla volontà che essa manifesta, anche in forma alternativa.

Per configurare un tentato omicidio è necessario che la vittima riporti ferite gravi?
No. Secondo la Corte, il reato di tentato omicidio è configurabile anche se la vittima non subisce alcuna lesione o riporta ferite lievi. Ciò che conta è l’idoneità dell’azione a provocare la morte e l’intenzione dell’aggressore; il fatto che l’evento non si verifichi per cause indipendenti dalla sua volontà (come la reazione della vittima) non esclude il reato.

Come si prova l’intenzione di uccidere se il movente del crimine è sconosciuto?
L’intenzione omicida (dolo) si ricostruisce attraverso ‘segni esteriori’ e indicatori fattuali, come il tipo di arma usata (es. un’ascia o un grosso coltello), la parte del corpo mirata, la forza e la ripetizione dei colpi. La Corte ha stabilito che, una volta provata l’azione, l’assenza di un movente accertato è irrilevante per l’affermazione della responsabilità penale.

Cosa significa ‘dolo alternativo’ nel tentato omicidio?
Il dolo alternativo è una forma di dolo diretto che si verifica quando l’aggressore prevede e vuole come conseguenza della sua azione due possibili risultati, in questo caso le lesioni gravi o la morte, accettando che si verifichi l’uno o l’altro. Per la Cassazione, chi usa un’arma letale contro una persona accetta l’evento morte come conseguenza altamente probabile, e questo è sufficiente a integrare il dolo richiesto per il tentato omicidio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati