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Tentato omicidio e dolo alternativo: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la condanna per tentato omicidio. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando che elementi come l’uso di un’arma letale, i colpi inferti in una zona vitale e le minacce di morte sono sufficienti a configurare il dolo alternativo, ovvero l’accettazione dell’evento morte come conseguenza della propria azione.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato Omicidio: Quando l’Intenzione di Ferire Diventa Volontà di Uccidere

La distinzione tra lesioni personali aggravate e tentato omicidio rappresenta una delle questioni più delicate del diritto penale, poiché si basa sull’interpretazione dell’intenzione dell’aggressore. Con l’ordinanza n. 20915/2024, la Corte di Cassazione ribadisce i criteri per qualificare un’aggressione come tentato omicidio, ponendo l’accento sul concetto di dolo alternativo e sulla valutazione complessiva delle circostanze del fatto.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’aggressione fisica durante la quale l’imputato ha inferto diverse coltellate alla vittima. Nei gradi di merito, il reato era stato qualificato come tentato omicidio, e non come semplici lesioni personali aggravate. L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello riguardo a tale qualificazione giuridica. Secondo la difesa, non vi era prova della volontà di uccidere, ma solo di ferire.

L’analisi della Corte sul Tentato Omicidio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. I giudici hanno chiarito che le argomentazioni della difesa non erano altro che “doglianze di fatto”, ovvero un tentativo di rimettere in discussione la ricostruzione degli eventi già accuratamente vagliata dalla Corte d’Appello. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

La Configurazione del Dolo Alternativo nel Tentato Omicidio

Il punto centrale della decisione riguarda la corretta identificazione dell’elemento soggettivo del reato. La Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato una serie di elementi oggettivi che, nel loro insieme, rendevano palese l’intenzione omicida, quantomeno nella forma del dolo alternativo. Questo significa che l’aggressore, pur non avendo come unico scopo la morte della vittima, ha agito accettando tale evento come una possibile e indifferente conseguenza della sua condotta.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza impugnata logica e completa. Gli elementi valorizzati per configurare il tentato omicidio sono stati:

1. La reiterazione dei colpi: L’aggressore non si è fermato a un singolo fendente.
2. L’idoneità dell’arma: È stato utilizzato un coltello con una lama di venti centimetri, un’arma con un’elevata potenzialità letale.
3. La zona corporea colpita: I colpi sono stati inferti alla schiena, in una regione che, secondo nozioni di comune conoscenza anatomica, ospita organi vitali come cuore e polmoni.
4. La potenzialità letale della ferita: I medici avevano confermato che la ferita era astrattamente idonea a provocare la morte.
5. Le minacce verbali: L’aggressore aveva esplicitamente manifestato alla vittima e ai suoi congiunti l’intenzione di ucciderla.

La Corte ha inoltre specificato che il fatto che le ferite non siano risultate mortali non è dipeso da una scelta consapevole dell’imputato, ma da cause indipendenti dalla sua volontà. L’insieme di queste circostanze è stato considerato sintomatico della volontà alternativa di uccidere o, quantomeno, di ferire gravemente, accettando indifferentemente entrambi gli esiti.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio consolidato: per distinguere le lesioni dal tentato omicidio non è necessaria la prova di un’unica e diretta volontà di uccidere (dolo diretto). È sufficiente che dalle circostanze oggettive emerga il cosiddetto dolo alternativo. L’analisi combinata dell’arma usata, della parte del corpo attinta, della violenza dei colpi e delle parole pronunciate permette al giudice di desumere che l’agente ha agito accettando il rischio concreto di cagionare la morte della vittima. La decisione, pertanto, respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quali elementi distinguono il tentato omicidio dalle lesioni personali aggravate secondo questa ordinanza?
La distinzione si basa su una serie di fattori oggettivi: l’idoneità dell’arma a uccidere (un coltello con lama di 20 cm), la zona del corpo colpita (una regione con organi vitali), le minacce di morte proferite e il fatto che la mancata uccisione sia dipesa da cause indipendenti dalla volontà dell’aggressore.

Cosa si intende per ‘dolo alternativo’ nel contesto di questo caso?
Il ‘dolo alternativo’ si configura quando l’aggressore agisce con la volontà di uccidere o, in alternativa, di ferire gravemente la vittima, accettando indifferentemente entrambi i possibili esiti della sua azione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate erano ‘doglianze di fatto’, ovvero contestazioni sulla ricostruzione degli eventi, che non possono essere valutate in Cassazione. Inoltre, erano una mera riproposizione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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