Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43813 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43813 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 31/08/1982
avverso la sentenza del 15/01/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
trattazione scritta
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15 gennaio 2024 la Corte di appello di Roma ha riformato quella emessa dal Tribunale della stessa città il 23 febbraio 2023 appellata da NOME COGNOME riducendo la pena per i delitti di tentato omicidio aggravato, resistenza a pubblico ufficiale e guida in stato di ebbrezza ascritti all’imputato.
1.1. Secondo la concorde ricostruzione delle decisioni di merito (conformi quanto all’affermazione della responsabilità dell’imputato) l’istruttoria dibattimentale, svolta mediante l’escussione delle persone offese, di testi (anche della difesa) e l’acquisizione di documentazione relativa alla rappresentazione dei luoghi e di tipo sanitario, la sera del 18 settembre 2022, all’interno di un parcheggio di INDIRIZZO di Roma, in occasione di un controllo di polizia, gli agenti COGNOME e COGNOME si avvicinavano alla vettura alla cui guida vi era l’imputato.
Gli operanti erano giunti sul posto a seguito della segnalata condotta di guida pericolosa tenuta dal conducente di una Mini Cooper che, all’avvicinarsi degli agenti, aveva ripreso immediatamente la marcia dirigendosi verso gli stessi che erano riusciti ad evitare di essere colpiti (Zen con un salto all’indietro e COGNOME spostandosi dilato).
COGNOME aveva esploso dei colpi all’indirizzo del veicolo colpendo uno pneumatico senza riuscire, tuttavia, a fermare la marcia dell’automobile successivamente bloccata dalle altre volanti postesi al suo inseguimento.
Foglietta risultava avere un tasso alcolemico pari a 2,7 gr/l.
1.2. L’impugnazione ha avuto ad oggetto il solo delitto di tentato omicidio.
La Corte di appello ha condiviso quanto esposto dal Tribunale in merito alla condotta dell’imputato che ha diretto il veicolo verso gli agenti che si stavano avvicinando per un controllo.
L’assunzione volontaria dell’alcol che ha determinato la condizione di ebbrezza di COGNOME ha giustificato l’esclusione della invocata fattispecie dell’ubriachezza accidentale di cui all’art. 91 cod. pen. con conseguente rigetto del relativo motivo di appello.
A fondamento della ricostruzione, i giudici di merito hanno richiamato le citate fonti dichiarative, ritenendo di minimo rilievo le lievi imprecision evidenziate dalla difesa.
La Corte romana ha, inoltre, affermato l’inattendibilità delle dichiarazioni
rese dall’imputato, con particolare riferimento alla tesi secondo cui l intenzione era quella di darsi alla fuga utilizzando l’uscita di sinis presidiata dagli agenti e dalle relative autovetture di servizio.
Sul punto, sono state, parimenti, disattese le dichiarazioni della teste difesa COGNOME (la cui posizione è stata rimessa alla valutazione della Proc della Repubblica) siccome smentite dalle altre acquisizioni istruttorie dalle non è risultato affatto che le auto di servizio fossero posizionate in mod ostruire l’uscita di destra del parcheggio.
A tal fine, sono state valorizzate plurime circostanze fattuali qua posizione dei bossoli relativi ai colpi esplosi dall’agente COGNOME ol testimonianze degli stessi operanti e al punto (ruota anteriore sinistra) in stata colpita la vettura condotta dall’imputato.
Parimenti, è stata riténuta non credibile la descrizione della teste COGNOME stante l’evidente incompatibilità del relativo narrato con il fatto che ad colpita è stata la ruota anteriore sinistra della Mini Cooper.
L’idoneità della condotta è stata desunta dalla natura del mezzo usat dalla condotta dell’imputato: auto lanciata a forte velocità verso gli agenti.
La medesima circostanza fattuale è stata posta a fondamento dell’affermata sussistenza dell’elemento soggettivo, quanto meno nella forma del dol alternativo.
La Corte romana ha, inoltre, motivato sul punto della configurabilità d concorso tra il delitto di tentato omicidio e quello di resistenza a pu ufficiale, oltre che dell’aggravante del nesso teleologico.
Infine, ha ritenuto di rideterminare in senso più mite rispetto al Tribuna trattamento sanzionatorio.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo ha eccepito cumulativamente violazione di legge e vizio d motivazione con riferimento alla configurabilità del delitto di tentato omicidio.
L’istruttoria, secondo la ricostruzione proposta dal ricorrente, non avre dimostrato la sussistenza del delitto in questione.
Difetterebbe, infatti, il requisito della univocità degli atti, non essend risolti tutti i relativi dubbi.
Gli elementi istruttori certi avrebbero solo dimostrato la configurabilità delitto di resistenza a pubblico ufficiale in quanto la condotta dell’imputa ostacolato o reso più difficoltoso l’esercizio delle funzioni di polizia, non es invece, sussumibile nella fattispecie di tentato omicidio.
Peraltro, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, potrebbe configurarsi
forma di dolo eventuale (non essendo stata raggiunta la prova che l’azione sia stata finalizzata univocamente a provocare la morte degli agenti) che, in quanto tale, non è compatibile con il tentativo.
Qualora, infatti, COGNOME avesse voluto raggiungere quell’obiettivo ci sarebbe certamente riuscito tenuto conto della minima distanza alla quale si trovavano gli agenti rispetto al veicolo.
Pertanto, essendo stato mosso dalla sola intenzione di sfuggire al controllo di polizia, COGNOME non ha commesso il delitto più grave contestato.
L’esplosione dei colpi di pistola da parte dell’agente COGNOME è avvenuta a distanza ravvicinata e anche tale circostanza dimostra la bassa velocità alla quale andava l’automobile.
Sotto il profilo del vizio di motivazione, il ricorrente ha censurato la sentenza per non avere risposto, in termini completi, alle doglienze difensive, essendosi totalmente riportata alle argomentazioni del giudice di primo grado basate, essenzialmente, sulle sole dichiarazioni delle persone offese.
2.2. Con il secondo motivo ha eccepito violazione di legge con riferimento al ritenuto concorso tra il delitto di tentato omicidio aggravato dall’essere stato commesso ai danni di un agente di polizia giudiziaria e quello di resistenza a pubblico ufficiale.
A sostegno ha indicato la circostanza che il fatto in cui si sostanzia l’aggravante è elemento costitutivo del delitto di cui all’art. 337 cod. pen. e non è consentito porre la stessa condotta due volte a carico dell’imputato.
Il Presidente di Sezione ha rigettato la richiesta di trattazione orale presentata dal difensore in quanto tardiva.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
In linea generale, va ribadito, anche in questa sede, quanto affermato da Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 con la quale è stato enunciato il principio per cui «in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente
plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati da giudice del merito».
Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 e Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965 hanno, altresì, chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenz probatoria del singolo elemento».
Altro principio rilevante è quello per cui «ai fini del controllo di legittimità s vizio di motivazione, ricorre la cd. “doppia conforme” quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizza nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale» (fra le molte, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, F., Rv. 277218).
Nel caso di specie, le sentenze di merito sono pervenute ad una medesima conclusione in punto di ricostruzione del fatto e responsabilità dell’imputato, avendo la decisione di appello solo modificato in melius il trattamento sanzionatorio diminuendo la pena determinata a titolo di continuazione con i reati satellite e per continuazione interna.
Tenuto conto dei parametri fissati dalla giurisprudenza di questa Corte, in punto di limiti del sindacato di legittimità, per come descritti al paragrafo che precede, deve osservarsi come, con il motivo in esame, il ricorrente abbia, sostanzialmente, sollecitato una rivalutazione del merito della ricostruzione del fatto.
3.1. La condotta dell’imputato, consistita nel dirigere ad elevata velocità l’automobile alla quale era alla guida, verso gli agenti COGNOME e COGNOME mentre gli stessi si avvicinavano per eseguire i controlli, è stata ritenuta dimostrata all’esito di una valutazione complessiva e coordinata di un complesso impianto indiziario.
Si tratta delle dichiarazioni delle persone offese, di deposizioni testimoniali, dei rilievi planimetrici, del verbale di sequestro dei bossoli, della documentazione sanitaria.
L’azione di COGNOME (che era in stato di ebbrezza alcolica volontariamente causata) ha comportato il ferimento di NOME che ha fatto un balzo all’indietro per evitare di essere colpito dal veicolo e la reazione di COGNOME che ha esploso un colpo di pistola verso lo pneumatico anteriore sinistro.
La Corte di appello ha specificamente preso in considerazione i rilievi difensivi secondo cui l’intenzione dell’imputato era quella di sfuggire al controllo e non di colpire gli agenti.
Per questo, secondo la versione della difesa, COGNOME si sarebbe diretto verso un’uscita (quella di sinistra) diversa da quella indicata dai testi di polizia giudiziaria e, comunque, in posizione non prossima a quella in cui si trovavano gli agenti.
Le dichiarazioni della teste COGNOME che, secondo la tesi difensiva, avrebbero dovuto confermare la versione dei fatti incompatibile con quella degli agenti di polizia, è stata ampiamente e motivatamente disattesa da entrambi i giudici di merito.
Le affermazioni dell’imputato e della teste /secondo cui l’uscita dal parcheggio da parte dell’imputato sarebbe avvenuta da un lato diverso da quello indicato dagli operanti e con modalità incompatibili con l’affermata configurabilità del delitto di tentato omicidio, sono state motivatamente ritenute non credibili.
Già il Tribunale ha evidenziato la mancata convergenza delle dichiarazioni di COGNOME e della COGNOME proprio con riguardo al punto in cui si erano fermate le volanti della polizia.
La versione della teste, inoltre, è stata giudicata incompatibile con le risultanze dei rilievi relativi al rinvenimento dei bossoli, così come non credibile è stata valutata l’ulteriore dichiarazione secondo cui l’agente che ha esploso i colpi, ne avrebbe esplosi altri dopo avere rincorso l’automobile.
Altra incongruenza è stata individuata nella dichiarazione con la quale la COGNOME ha riferito di avere visto un solo agente, essendo pacificamente emersa la contestuale presenza di due agenti.
Si tratta di percorso motivazionale adottato dal Tribunale di Roma e oggetto di puntuale richiamo dalla Corte di appello.
Per contro, i giudici di merito hanno escluso che le auto della polizia ostruissero l’uscita di destra del parcheggio e ciò tenuto conto del punto in cui sono stati rinvenuti i bossoli esplosi da COGNOME.
Hanno, altresì, richiamato le dichiarazioni delle persone offese le quali hanno dichiarato che l’auto si è diretta verso di loro dando il via alla manovra di
partenza in uno spazio ristretto proprio per la presenza dei veicoli della Polizia e valorizzato il punto in cui l’automobile è stata colpita dal proiettile esploso dall’agente COGNOME (ruota anteriore sinistra).
L’idoneità degli atti è stata ritenuta sussistente per essere consistita l’azione nel dirigere il veicolo verso i poliziotti che si stavano avvicinando per eseguire i controlli, senza alcuna frenata e in uno spazio ristretto che impediva ogni tentativo di fuga.
L’impatto del veicolo con gli agenti è stato evitato solo per la repentina reazione degli stessi che hanno evitato di essere colpiti dall’automobile.
L’assenza di manovre di emergenza, frenature o sterzature da parte dell’imputato ha indotto i giudici di merito a ritenere configurabile anche il requisito dell’univocità degli atti.
A tale proposito, è stata richiamata la deposizione dell’agente COGNOME
Gli stessi elementi sin qui descritti sono stati giudicati tali da ritenere configurabile l’elemento soggettivo, quanto meno nella forma del dolo alternativo.
3.2. A fronte di tale ricostruzione, la prospettiva del ricorrente è quella di ricostruire alternativamente i fatti, nella dichiarata intenzione di evidenziare la violazione di legge.
Viene integrato, così, un primo, evidente, vizio di formulazione del motivo di ricorso, laddove si pretende di far discendere dal fatto (alternativamente ricostruito) il vizio descritto.
Per sostenere la tesi della non configurabilità dell’elemento soggettivo del dolo, il ricorrente propone una diversa valutazione delle prove laddove ritiene dimostrato che l’imputato ha solo tentato la fuga dirigendosi verso l’uscita dal . parcheggio.
Ciò avrebbe fatto senza essere assistito, in alcun modo, dal dolo omicidiario che, qualora fosse stato effettivamente presente, non gli avrebbe impedito di portare a termine l’azione provocando la morte degli agenti
Si tratta di una ricostruzione alternativa che contrasta con le prove acquisite nel corso del procedimento, per come sopra illustrate e che postula una, non consentita, valutazione ex post della condotta dell’imputato.
Inoltre si sostiene che il veicolo è .stato colpito dal proiettile esploso dal poliziotto che si trovava a distanza ridotta perché viaggiava a bassa velocità.
In caso contrario, non sarebbe stato colpito.
Invero, si tratta, ancora una volta, di una ricostruzione alternativa che, contrasta con la dinamica complessivamente emersa dalle copiose acquisizioni istruttorie, anche di natura tecnica.
Ciò che si vuole sostenere è che COGNOME non sia stato animato dal dolo del
tentato omicidio, ma abbia agito senza volontà omicidiaria, potendosi, al più ipotizzare, una forma di dolo eventuale incompatibile con il tentativo.
Si tratta di affermazione meramente assertiva, alla luce degli elementi opportunamente valorizzati dai giudici di merito che hanno, invece, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte, ritenuto, sulla scorta di precise circostanze fattuali puntualmente riportate, la sussistenza del dolo omicidiario.
Ciò hanno fatto, sulla scorta degli elementi sopra ampiamente illustrati, applicando correttamente i principi di diritto che governano la materia.
In particolare, è sato correttamente richiamato l’arresto secondo cui «nel delitto di tentato omicidio, ai fini della sussistenza del reato è sufficiente il dol diretto rappresentato dalla cosciente volontà di porre in essere una condotta idonea a provocare, con certezza o alto grado di probabilità in base alle regole di comune esperienza, la morte della persona verso cui la condotta stessa si dirige, non occorrendo, invece, la specifica finalità di uccidere, e quindi il dolo intenzionale inteso quale perseguimento dell’evento come scopo finale dell’azione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione di merito che aveva ritenuto sussistente il tentativo, avendo ravvisato – per la modalità concreta con cui fu vibrato il colpo di coltello, per la precisione e freddezza dell’imputato e per la zona del corpo attinta – gli elementi oggettivi che permettevano di desumere il dolo diretto, senza ritenere necessario il dolo intenzionale)» (Sez. 5, Sentenza n. 23618 del 11/04/2016, COGNOME, Rv. 266915).
Il passaggio motivazionale è stato esplicitamente riportato e fatto proprio dalla sentenza di primo grado (pag. 13) con la precisazione, altrettanto corretta, che il dolo compatibile con il tentativo è anche quello alternativo (fra le molte, Sez. 1, n. 43250, del 13/04/2018, COGNOME, Rv. 274402).
Alla luce di tali elementi complessivamente valutati, il primo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
4. Il secondo motivo è infondato.
La questione posta dal ricorrente è quella del concorso tra l’aggravante dell’essere stato commesso il delitto di tentato omicidio in danno di un pubblico ufficiale (art. 576, comma primo, n. 5bis, cod. pen.) e il delitto di resistenza di cui all’art. 337 cod. pen.
Nella fattispecie qui in rilievo del tentato omicidio si registra un unico precedente con il quale è stato affermato che «il reato di resistenza a pubblico ufficiale assorbe soltanto quel minimo di violenza necessario per impedire al pubblico ufficiale il compimento di un atto del suo ufficio, mentre l’omicidio, travalicando detto limite, attenta direttamente alla vita od all’incolumità del
e()
soggetto passivo; i due reati possono concorrere, stante la diversità dei beni giuridici tutelati e le differenze qualitative e quantitative della violenza esercitata contro il pubblico ufficiale. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ravvisato il concorso formale tra i reati di resistenza a pubblico ufficiale e tentato omicidio nella condotta dell’indagato che, in fuga a bordo di un’autovettura appena rapinata, aveva a più riprese tentato di investire la motocicletta a bordo della quale due agenti di P.G. lo inseguivano). (Sez. 2, n. 38620 del 26/09/2007, COGNOME, Rv. 238221).
Applicando tale principio alla situazione in esame, in termini corretti, i giudici di merito hanno affermato il concorso formale tra il tentato omicidio e la resistenza.
Invero, non può dirsi, nel caso di specie, che l’imputato abbia posto in essere solo quel minimo di violenza finalizzato ad impedire al pubblico ufficiale il compimento del proprio ufficio, avendo chiaramente inteso, non solo sottrarsi al controllo ma anche compiere un’azione che, complessivamente valutata, era chiaramente funzionale a mettere in pericolo la vita stessa degli agenti.
Tale interpretazione si pone in termini di coerenza anche con il prevalente e più recente orientamento della giurisprudenza di questa Corte formatosi in tema di rapporto tra resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate ai sensi dell’art. 576, comma primo, n. 5bis, cod. pen.
Si afferma, infatti che «I’ aggravante di cui all’art. 576, comma primo, n. 5bis, cod. pen., consistente nell’aver commesso il fatto nei confronti di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio, è configurabile in relazione al delitto di lesioni personali volontarie anche quando lo stesso concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale. (In motivazione, la S.C. ha precisato che l’aggravante in esame introduce un elemento specializzante, riferito alle condotte poste in essere contro una particolare categoria di pubblici ufficiali, il cui disvalore non è assorbito da quello della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 337 cod. pen.). (Sez. 6, n. 57234 del 09/11/2017, COGNOME, Rv. 272203; Sez. 6, n. 2608 del 17/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282423 – 01; Sez. 6, n. 19262 del 20/04/2022, COGNOME, Rv. 283159).
Risulta, allo stato, recessivo, pertanto, l’orientamento difforme secondo cui «il reato di resistenza a pubblico ufficiale resta assorbito nella contestazione della circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 10 cod. pen. per il concorrente reato di tentato omicidio in danno dello stesso pubblico ufficiale, in quanto il fatto di resistenza è compreso nell’essere, la condotta aggravata, commessa contro un pubblico ufficiale nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni. (Sez. 1, Sentenza n. 713 del 02/12/2010, dep. 2011, COGNOME, Rv. 249495; Sez. 6, n.
54424 del 27/04/2018, Calabrò, Rv. 274680 – 08).
Da quanto esposto, discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Così deciso il 20/09/2024