Tentato incendio: non conta solo il danno, ma l’intenzione
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto penale: la distinzione tra il delitto di tentato incendio e quello, meno grave, di danneggiamento seguito da incendio. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso di un imputato, ribadisce un principio fondamentale: per configurare il reato più grave, è determinante analizzare la volontà dell’agente e la sua proiezione verso la creazione di un fuoco di vaste proporzioni, anche se l’evento non si verifica.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo contro la sentenza della Corte d’Appello di Bari, che lo aveva condannato per il reato di tentato incendio. La difesa sosteneva che la condotta dovesse essere riqualificata come danneggiamento seguito da incendio, un reato con conseguenze sanzionatorie differenti. Secondo il ricorrente, l’intenzione era limitata a danneggiare un bene, e non a provocare un incendio su larga scala.
La Differenza tra Tentato Incendio e Danneggiamento
La Corte di Cassazione chiarisce con fermezza il criterio distintivo tra le due fattispecie. Non si tratta solo di valutare il danno effettivamente prodotto, ma di indagare la ‘proiezione della volontà dell’agente’. Integra il delitto di tentato incendio la condotta di chi agisce non solo per danneggiare, ma con la coscienza e la volontà di cagionare un fuoco di ‘non lievi proporzioni’.
Ciò significa che, anche se l’incendio non si sviluppa o viene domato prima di estendersi, il reato si configura se l’azione era potenzialmente idonea a creare un pericolo concreto e l’agente ne era consapevole e lo voleva. L’analisi deve quindi basarsi sia sulla condotta materiale sia sullo stato dei luoghi, elementi che insieme rivelano l’intenzione criminale.
La Decisione della Corte Suprema sul Tentato Incendio
La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno osservato come la Corte d’Appello avesse già fornito una motivazione adeguata e priva di vizi logici, accertando il rischio concreto che l’incendio potesse svilupparsi. Le argomentazioni del ricorrente sono state liquidate come un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione, il cui ruolo è limitato alla verifica della corretta applicazione della legge.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su due pilastri. In primo luogo, il richiamo a un consolidato orientamento giurisprudenziale (in particolare, la sentenza n. 30265 del 2021), che stabilisce come nel tentato incendio l’elemento psicologico sia centrale. È necessario accertare se l’incendio, come evento, rientrasse nella proiezione della volontà dell’agente. Nel caso di specie, l’analisi della condotta e dello stato dei luoghi aveva già confermato questa intenzione.
In secondo luogo, la Corte sottolinea la natura del giudizio di legittimità. Il ricorrente, pur lamentando una ‘violazione di legge’, stava in realtà sollecitando una ‘lettura alternativa degli elementi processuali’. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Cassazione, che non può sostituire la propria valutazione a quella, coerente e logica, del giudice di merito.
Le Conclusioni
La decisione riafferma l’importanza dell’elemento soggettivo nel distinguere reati apparentemente simili ma di diversa gravità. Per gli operatori del diritto e i cittadini, il messaggio è chiaro: la responsabilità penale per tentato incendio non dipende solo dal risultato dell’azione, ma dall’intenzione di provocare un pericolo significativo per la pubblica incolumità attraverso un fuoco esteso. L’ordinanza serve anche a ricordare i limiti invalicabili del ricorso in Cassazione, che non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende sigilla l’inammissibilità del suo tentativo di difesa.
Qual è la differenza fondamentale tra il reato di tentato incendio e quello di danneggiamento seguito da incendio?
La differenza risiede nell’intenzione dell’agente. Si configura il tentato incendio quando, oltre alla volontà di danneggiare, vi è la coscienza e la volontà di cagionare un fuoco di non lievi proporzioni, anche se questo poi non si verifica. Per il danneggiamento seguito da incendio, invece, l’intenzione è limitata al danneggiamento e l’incendio è una conseguenza non voluta o non prevista come evento di vasta portata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha stabilito che le argomentazioni del ricorrente non denunciavano una reale violazione di legge, ma miravano a una nuova e diversa valutazione dei fatti già correttamente analizzati dalla Corte d’Appello, un’attività che non è permessa nel giudizio di legittimità.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
In conseguenza della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della sua colpa nel determinare la causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33445 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33445 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CORATO il 20/08/1984
avverso la sentenza del 17/12/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che la Corte di appello di Bari ha rilevato, con motivazione adeguata ed esente da vizi logici, come fosse stato accertato il concreto rischio che l’incendio si sviluppasse;
Rilevato che integra il delitto tentato dì incendio, e non quello di danneggiamento seguito da incendio, la condotta di chi agisce al fine di danneggiare quando a tale specifica finalità si associa la coscienza e la volontà di cagionare un fatto di entità tale da assumere le dimensioni di un fuoco di non lievi proporzioni, ove l’azione non si compia o l’evento non si verifichi, in quanto anche nel tentativo occorre accertare se l’incendio rientra, come evento, nella proiezione della volontà dell’agente (Sez. 3, n. 30265 del 19/04/2021, Rv. 281720 – 01), evenienza accertata nel caso concreto attraverso l’analisi della condotta dell’agente e dello stato dei luoghi;
Considerato, quindi, che il ricorrente pur lamentando la violazione di legge in realtà sollecita una inammissibile lettura alternativa degli elementi processuali, rispetto a quella coerentemente svolta dalla Corte territoriale;
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 25 settembre 2025.