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Tentato furto: quando il ricorso è inammissibile

Una donna condannata per tentato furto in un supermercato ricorre in Cassazione, contestando la validità della querela e la severità della pena. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, confermando che un dipendente delegato può validamente sporgere querela e che i precedenti penali dell’imputata giustificano la mancata concessione della sospensione condizionale della pena. La decisione chiarisce i limiti del giudizio di legittimità in materia di tentato furto.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato furto: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha recentemente affrontato un caso di tentato furto, fornendo importanti chiarimenti sui motivi che possono portare a dichiarare un ricorso inammissibile. La pronuncia esamina la validità della querela sporta da un dipendente e i criteri per la concessione dei benefici di legge, come la sospensione condizionale della pena. Questo caso offre uno spaccato chiaro dei limiti del giudizio di legittimità, che non può trasformarsi in una terza valutazione dei fatti di causa.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per tentato furto emessa nei confronti di un’imputata sia in primo grado che in appello. La difesa della donna ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, sollevando una serie di censure contro la sentenza della Corte d’Appello. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della condanna o, in subordine, una pena più mite.

I Motivi del Ricorso

La difesa ha articolato il ricorso in quattro punti principali:
1. Procedibilità dell’azione penale: Si contestava la validità della querela, ritenendo che il dipendente del supermercato che l’aveva sporta non ne avesse il potere.
2. Sussistenza del reato: Si lamentava l’erronea applicazione della legge penale riguardo all’offensività della condotta e alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
3. Elemento soggettivo: Si deduceva la mancanza di dolo e l’erronea esclusione della scriminante dello stato di necessità e del reato impossibile.
4. Trattamento sanzionatorio: Si criticava la mancata concessione del minimo della pena e dei benefici di legge, in particolare della sospensione condizionale della pena.

L’Analisi della Corte sul Tentato Furto

La Corte di Cassazione ha esaminato ciascun motivo, ritenendoli tutti infondati e dichiarando il ricorso inammissibile. In primo luogo, i giudici hanno confermato la piena validità della querela. È stato accertato che il dipendente era stato specificamente delegato dal responsabile della sicurezza, il quale a sua volta era munito di una procura speciale rilasciata dal direttore commerciale dell’azienda. La catena di deleghe era, quindi, formalmente corretta e sufficiente a legittimare la presentazione della querela. Per quanto riguarda le altre censure relative alla ricostruzione del fatto, alla valutazione della tenuità e all’elemento soggettivo del tentato furto, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Tali doglianze, secondo la Corte, miravano a una nuova e diversa valutazione delle prove e dei fatti, attività preclusa in sede di Cassazione, specialmente a fronte di una motivazione della Corte d’Appello ritenuta logica, coerente e priva di vizi.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione centrale della decisione risiede nella distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. La Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito un “conferente apparato argomentativo” per ogni punto contestato. La decisione di escludere la non punibilità per particolare tenuità del fatto era stata giustificata sulla base del disvalore oggettivo della condotta e dell’intensità del dolo, con un ragionamento considerato immune da vizi logici. Analogamente, la questione dell’elemento soggettivo era già stata vagliata e correttamente risolta nei gradi di merito. Infine, e con particolare rilevanza, la mancata concessione della sospensione condizionale della pena è stata ritenuta corretta. Il giudice di merito aveva ancorato la sua prognosi negativa sul futuro comportamento dell’imputata ai suoi “plurimi precedenti penali”. Questa valutazione discrezionale, se congruamente motivata come in questo caso, non è sindacabile in sede di legittimità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida alcuni principi cardine del diritto processuale penale. In primo luogo, chiarisce che la validità di una querela sporta per conto di una società dipende dalla correttezza della catena di deleghe interne. In secondo luogo, ribadisce che i precedenti penali di un imputato costituiscono un elemento decisivo nella valutazione discrezionale del giudice per la concessione di benefici come la sospensione della pena. Infine, la pronuncia serve da monito: il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti, ma solo per denunciare vizi di legge o di motivazione manifestamente illogica. Per i casi di tentato furto, ciò significa che una condanna basata su una ricostruzione fattuale coerente e ben motivata nei primi due gradi di giudizio difficilmente potrà essere ribaltata in Cassazione.

Un dipendente di un supermercato può sporgere una querela valida per tentato furto?
Sì, può farlo se è stato regolarmente autorizzato. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto la querela valida perché il dipendente era stato delegato dal responsabile della sicurezza, a sua volta munito di una procura speciale rilasciata da un dirigente della società proprietaria del supermercato.

Perché la Corte ha negato la sospensione condizionale della pena all’imputata?
La sospensione condizionale della pena è stata negata a causa dei numerosi precedenti penali dell’imputata. Sulla base di questi, il giudice di merito ha formulato una prognosi negativa riguardo al suo futuro comportamento, ritenendo probabile la commissione di nuovi reati, condizione che osta alla concessione del beneficio.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti in un processo per tentato furto?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non effettuare una nuova valutazione delle prove o una diversa ricostruzione dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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