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Tentato furto: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto. I motivi, incentrati sulla richiesta di attenuanti, sono stati giudicati una mera ripetizione di argomentazioni già respinte in appello. La Corte ha ribadito che nel tentato furto la valutazione del danno si basa su una prognosi ipotetica di ciò che sarebbe stato sottratto, non sull’esito effettivo.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato furto: ecco perché la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i requisiti di ammissibilità del ricorso e i criteri di valutazione del danno in un caso di tentato furto. La decisione sottolinea come la semplice riproposizione dei motivi di appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata, porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Questo principio è fondamentale per comprendere i limiti del giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di tentato furto aggravato. La sentenza di primo grado era stata confermata dalla Corte d’Appello di Roma. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a due motivi principali con cui contestava il mancato riconoscimento di alcune circostanze attenuanti.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha basato il suo ricorso su due doglianze specifiche:

1. Violazione di legge sull’attenuante del danno di speciale tenuità: Il ricorrente lamentava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n. 4, del codice penale, relativa al danno patrimoniale di particolare tenuità.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Il secondo motivo riguardava il diniego delle attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale, sostenendo un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello.

Entrambi i motivi miravano a ottenere una riduzione della pena inflitta nei gradi di merito.

L’Analisi della Corte sul tentato furto e le attenuanti

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi e li ha giudicati inammissibili. Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha osservato che le argomentazioni erano una semplice e pedissequa reiterazione di quelle già presentate in appello e puntualmente respinte dai giudici di secondo grado. Inoltre, ha ribadito un principio consolidato in materia di tentato furto: la valutazione del danno ai fini dell’attenuante non può basarsi sul bottino effettivo (che è nullo, essendo il reato non consumato), ma deve avvenire tramite una “prognosi postuma ex ante”. In altre parole, il giudice deve valutare, sulla base delle modalità della condotta e degli elementi disponibili, quale sarebbe stato il valore della cosa sottratta se il furto fosse andato a buon fine. Il ricorso non si confrontava né con questa giurisprudenza né con la motivazione della sentenza impugnata.

Anche il secondo motivo, relativo alle attenuanti generiche, è stato ritenuto del tutto generico e manifestamente infondato, poiché la motivazione della Corte d’Appello era stata giudicata logica e priva di vizi evidenti.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione di inammissibilità si fonda su un pilastro del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Esso serve a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Nel caso di specie, il ricorrente non ha mosso una critica specifica e argomentata contro la sentenza d’appello, ma si è limitato a riproporre le stesse questioni, dimostrando di non aver colto la ratio della decisione precedente. La Corte ha quindi qualificato i motivi come manifestamente infondati, in quanto non idonei a scalfire la coerenza logico-giuridica della sentenza impugnata.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, un ricorso per Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere critiche specifiche, pertinenti e argomentate contro la decisione che si intende impugnare, non potendosi risolvere in una sterile ripetizione di argomenti già disattesi. In secondo luogo, viene consolidato il principio secondo cui, nel tentato furto, la tenuità del danno va valutata in astratto, attraverso una prognosi di quale sarebbe stato il pregiudizio economico se il reato si fosse consumato. Questa decisione condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.

Come si valuta il danno in un caso di tentato furto per applicare l’attenuante della speciale tenuità?
La valutazione non si basa su ciò che è stato effettivamente sottratto, dato che il reato non è stato consumato, ma su una ‘prognosi postuma ex ante’. Il giudice deve quindi determinare ipoteticamente il valore del bene che sarebbe stato oggetto di sottrazione se l’azione criminale fosse stata portata a termine, basandosi sulle modalità della condotta e su ogni altro elemento probatorio.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se ripropone gli stessi motivi dell’appello?
Perché il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di merito, ma un giudizio di legittimità. Esso deve censurare specifici errori di diritto o vizi logici della sentenza impugnata, non limitarsi a una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già esaminati e respinti nei gradi precedenti, poiché una simile condotta rende il ricorso generico e privo della specificità richiesta dalla legge.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘manifestamente infondato’?
Significa che l’argomentazione presentata è palesemente priva di fondamento giuridico, al punto da poter essere respinta senza un esame approfondito. Nel caso specifico, i motivi sono stati ritenuti tali perché non si confrontavano con la motivazione della sentenza impugnata e con la giurisprudenza consolidata della stessa Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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