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Tentato furto in abitazione: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto in abitazione. I motivi, incentrati su una diversa qualificazione del reato e sulla valutazione delle circostanze, sono stati ritenuti mere doglianze di fatto, non ammissibili in sede di legittimità, confermando la solidità della decisione dei giudici di merito.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato furto in abitazione: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i confini invalicabili del giudizio di legittimità, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto in abitazione aggravato. Questa decisione offre un’importante lezione sulla differenza tra critiche sulla ricostruzione dei fatti, non ammesse in Cassazione, e vizi di legittimità, gli unici che possono essere fatti valere in tale sede. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Firenze, di un individuo per il reato di tentato furto aggravato all’interno di un’abitazione. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a diversi motivi volti a smontare l’impianto accusatorio e a ottenere un trattamento sanzionatorio più mite.

Tentato Furto in Abitazione: i Motivi del Ricorso

La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso su più fronti, cercando di mettere in discussione la sentenza d’appello sotto vari profili:

1. Errata qualificazione giuridica: Il ricorrente sosteneva che i fatti avrebbero dovuto essere inquadrati nella meno grave fattispecie di tentata occupazione abusiva di immobile, e non come tentato furto.
2. Insussistenza delle aggravanti: Veniva contestata l’applicazione delle circostanze aggravanti della violenza sulle cose e della minorata difesa.
3. Trattamento sanzionatorio: L’imputato lamentava la mancata concessione delle attenuanti generiche e riteneva la pena eccessiva.

In sostanza, la difesa ha tentato di proporre ai giudici di legittimità una rilettura completa del quadro probatorio, sperando in una valutazione più favorevole.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto in toto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno chiarito che i motivi presentati non costituivano vere e proprie censure di legittimità, ma si risolvevano in “mere doglianze in punto di fatto”.

Il ricorso, infatti, non evidenziava manifeste illogicità o carenze macroscopiche nella motivazione della sentenza impugnata, ma si limitava a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti, funzionale a una decisione più favorevole. Tale operazione è preclusa in sede di Cassazione, il cui compito non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione dei giudici di merito.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso. In primo luogo, ha affermato che la richiesta di riqualificare il reato era manifestamente infondata, poiché la Corte d’Appello aveva spiegato in modo chiaro e logico perché i fatti costituissero un tentato furto in abitazione. Proporre una diversa interpretazione è un’attività riservata al giudice di merito.

In secondo luogo, i motivi relativi alle circostanze aggravanti sono stati giudicati inammissibili perché “aspecifici” e “pedissequa reiterazione” di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica argomentata e specifica contro le ragioni della sentenza impugnata, non una semplice riproposizione delle stesse difese.

Infine, anche le lamentele sulla pena sono state respinte. La graduazione della pena, inclusa la concessione delle attenuanti generiche, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che deve esercitarla seguendo i principi degli artt. 132 e 133 del codice penale. La Cassazione può intervenire solo in caso di palese violazione di legge o motivazione assente o manifestamente illogica, circostanze non riscontrate nel caso di specie.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Per avere successo, un ricorso deve basarsi su vizi specifici di legittimità, come l’errata applicazione di una norma di legge o un’illogicità manifesta e decisiva nella motivazione. Proporre una ricostruzione dei fatti diversa da quella accertata nei gradi di merito, senza individuare precisi vizi giuridici, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché la richiesta di derubricare il reato da tentato furto in abitazione a tentata occupazione abusiva è stata respinta?
Perché è stata considerata una ‘doglianza in punto di fatto’, ossia una richiesta di rivalutare le prove e la ricostruzione dei fatti. Questo tipo di valutazione è di competenza esclusiva dei giudici di merito (primo e secondo grado) e non della Corte di Cassazione, la quale si limita a controllare la corretta applicazione della legge.

Per quale motivo i motivi di ricorso sulle circostanze aggravanti sono stati dichiarati inammissibili?
Sono stati ritenuti inammissibili perché considerati aspecifici e una mera ripetizione di argomenti già presentati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione deve contenere una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse tesi difensive.

È possibile contestare in Cassazione la misura della pena ritenuta troppo alta?
In linea di principio, no. La determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Si può contestare in Cassazione solo se si dimostra una palese violazione di legge nei criteri di commisurazione (artt. 132 e 133 c.p.) o una motivazione inesistente o manifestamente illogica, cosa che nel caso specifico non è stata riscontrata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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