Tentato furto in abitazione: quando un ricorso è solo una perdita di tempo
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre uno spunto cruciale per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e la distinzione tra questioni di fatto e questioni di diritto. Il caso riguarda un ricorso presentato contro una condanna per tentato furto in abitazione, dichiarato inammissibile perché basato su argomentazioni già respinte nei precedenti gradi di giudizio. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le ragioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di tentato furto in abitazione. Non accettando la decisione, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione. La sua difesa si basava su un unico motivo: l’insussistenza degli elementi costitutivi del tentativo, così come previsti dall’articolo 56 del codice penale. In sostanza, il ricorrente sosteneva che le sue azioni non fossero sufficientemente idonee e univoche a configurare un tentativo di furto, chiedendo che il fatto venisse riqualificato nel reato meno grave di danneggiamento.
La Decisione della Corte di Cassazione sul tentato furto in abitazione
La Suprema Corte, con una decisione tanto sintetica quanto chiara, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa pronuncia non entra nel merito della colpevolezza o meno dell’imputato, ma si concentra sulla correttezza procedurale e sulla natura delle censure mosse dal ricorrente. La Corte ha stabilito che il ricorso non presentava argomenti nuovi o validi sotto il profilo giuridico, ma si limitava a riproporre le stesse questioni di fatto già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della decisione risiede nella natura del giudizio di Cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove o la ricostruzione dei fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito.
Nel caso specifico, i giudici hanno osservato che il ricorso era costituito da “mere doglianze in punto di fatto”. L’appellante, cioè, non contestava un errore nell’interpretazione della norma sul tentativo (art. 56 c.p.), ma la valutazione che il giudice d’appello aveva fatto del suo comportamento. Questa attività di valutazione delle prove è di esclusiva competenza dei giudici di primo e secondo grado. Riproporre le stesse argomentazioni fattuali in Cassazione, già vagliate e motivatamente respinte, rende il ricorso inammissibile.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: un ricorso per Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità (errori di diritto) e non può trasformarsi in un pretesto per ottenere una nuova valutazione dei fatti. Per chi affronta un procedimento penale, questa decisione sottolinea l’importanza di strutturare i motivi di appello e di ricorso in modo tecnicamente ineccepibile, concentrandosi sulle violazioni di legge o sui vizi di motivazione, piuttosto che sperare in una semplice riconsiderazione delle prove. La conseguenza dell’inammissibilità è stata, per il ricorrente, non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione di 3.000 euro, a dimostrazione che i ricorsi pretestuosi hanno un costo concreto.
Perché il ricorso per tentato furto in abitazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre critiche sulla valutazione dei fatti, argomenti già esaminati e respinti con motivazioni corrette dal giudice di merito, senza sollevare valide questioni di diritto.
Cosa chiedeva il ricorrente con il suo ricorso?
Il ricorrente chiedeva alla Corte di Cassazione di derubricare il reato da tentato furto in abitazione a danneggiamento, sostenendo che non sussistessero i requisiti previsti dall’art. 56 del codice penale per la configurabilità del tentativo.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della decisione della Corte?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20474 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20474 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/09/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Palermo ne ha confermato la condanna per il reato di tentato furto in abitazione;
Considerato che l’unico motivo di ricorso, che deduce l’insussistenza dei requisiti di cui all’art. 56 cod. pen. per la configurabilità del tentativo e insiste pe la derubricazione del fatto di reato in danneggiamento, è inammissibile in quanto è costituito da mere doglianze in punto di fatto ed è riproduttivo di profili di censura già vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (pagg. 2 – 3);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/05/2024