LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Tentato furto aggravato: manomettere distributore

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un uomo condannato per tentato furto aggravato per aver danneggiato un distributore automatico. La Corte ha confermato che l’intenzione era di rubare, non di recuperare monete, respingendo le censure come questioni di merito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato Furto Aggravato: Manomettere un Distributore è Reato

Un’ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso di tentato furto aggravato, fornendo chiarimenti cruciali sulla differenza tra il tentativo di recuperare le proprie monete e un vero e proprio atto predatorio ai danni di un distributore automatico. La vicenda riguarda un uomo condannato per aver danneggiato un distributore nel tentativo, a suo dire, di riavere il proprio denaro. Vediamo come i giudici hanno interpretato la sua condotta.

I Fatti del Caso

L’imputato veniva condannato in primo grado dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello per il reato di tentato furto aggravato ai sensi degli articoli 56, 624 e 625 del codice penale. L’accusa si basava sul fatto che l’uomo aveva manomesso con insistenza il portamonete e il lettore di banconote di un distributore automatico di sigarette, danneggiandoli.

Contro la sentenza di secondo grado, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, articolando tre motivi principali:

1. Errata configurazione del reato: sosteneva che le sue azioni non configurassero un tentato furto aggravato, ma fossero finalizzate unicamente a recuperare le proprie monete rimaste incastrate nel dispositivo.
2. Mancata disapplicazione della recidiva: contestava la motivazione relativa all’applicazione dell’aggravante della recidiva.
3. Mancato riconoscimento di un’attenuante: lamentava il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante.

La Decisione della Corte di Cassazione

Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione significa che i giudici non hanno esaminato il merito delle questioni sollevate, ritenendo che i motivi del ricorso non rientrassero tra quelli consentiti dalla legge per un giudizio di legittimità. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni della Decisione: il confine del giudizio di legittimità

La Corte ha basato la sua decisione su un principio fondamentale del nostro ordinamento: il ruolo della Cassazione non è quello di riesaminare i fatti o di fornire una nuova valutazione delle prove, compiti che spettano esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). I motivi presentati dall’imputato sono stati considerati censure di merito, mascherate da vizi di legittimità. Le determinazioni dei giudici precedenti erano, infatti, supportate da una motivazione congrua, logica e completa.

La Configurazione del Tentato Furto Aggravato

Analizzando il primo e più significativo motivo di ricorso, la Corte ha ritenuto pienamente logica la motivazione della Corte d’Appello. I giudici di merito avevano correttamente evidenziato come la condotta dell’imputato – consistente nell’armeggiare insistentemente sul distributore fino a danneggiarlo – dimostrasse una pervicacia spiegabile solo con l’intenzione di sottrarre le monete contenute all’interno, e non di recuperare le proprie.

La Corte ha inoltre valorizzato due elementi:

* L’alternativa lecita: l’imputato avrebbe potuto semplicemente contattare l’esercente per richiedere la restituzione delle sue monete.
* La tesi difensiva tardiva: la giustificazione del recupero delle monete non era stata nemmeno fornita inizialmente dall’imputato stesso.

Questi elementi, uniti all’insistenza dell’azione, hanno portato i giudici a concludere in modo logico che l’intento fosse quello di appropriarsi del denaro del distributore.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un importante principio: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Se la motivazione dei giudici di merito è logica e coerente, le loro conclusioni sulla ricostruzione dei fatti sono insindacabili in sede di legittimità.

Sul piano pratico, la decisione conferma che danneggiare un distributore automatico nel tentativo di forzarlo viene qualificato come tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose. La giustificazione di voler recuperare il proprio denaro difficilmente può reggere in tribunale, specialmente quando la condotta è insistente, causa danni e vi sono alternative lecite per risolvere il problema.

Tamperare con un distributore automatico è sempre tentato furto aggravato?
Secondo questa ordinanza, sì, se gli atti sono idonei a sottrarre il denaro e causano un danno (violenza sulle cose). La Corte ha ritenuto che armeggiare insistentemente fino a danneggiare il meccanismo dimostra l’intenzione di rubare, non di recuperare monete.

Posso difendermi dicendo che stavo solo cercando di recuperare i miei soldi incastrati?
Questa difesa è risultata inefficace nel caso specifico. I giudici hanno sottolineato che l’imputato avrebbe potuto contattare il proprietario del distributore e che la sua insistenza e i danni causati erano sproporzionati rispetto al semplice recupero di monete.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito?
La Corte ha ritenuto che i motivi del ricorso non riguardassero violazioni di legge, ma tentativi di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove. Questo compito spetta ai giudici di primo e secondo grado, mentre la Cassazione si occupa solo della corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati