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Tentato furto aggravato: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati condannati per tentato furto aggravato di materiale metallico da una cascina disabitata. La sentenza chiarisce che la querela è valida anche se sporta dal semplice possessore del bene (ius possessionis) e che i beni strutturalmente collegati a un immobile non possono essere considerati abbandonati (res derelicta), confermando così la sussistenza del dolo e delle aggravanti contestate.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato Furto Aggravato: Quando un Bene è Davvero Abbandonato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9173 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un caso di tentato furto aggravato, offrendo importanti chiarimenti sulla linea di confine tra un bene semplicemente incustodito e uno effettivamente abbandonato (res derelicta). La vicenda riguarda il tentativo di sottrarre materiale metallico da una cascina disabitata, un episodio che ha sollevato questioni cruciali sulla titolarità a sporgere querela e sulla sussistenza dell’intento criminale. Analizziamo la decisione per comprendere i principi giuridici applicati.

I fatti del processo

Due persone venivano sorprese dai Carabinieri mentre tentavano di impossessarsi di staffe porta grondaie in metallo e rame e di una curva pluviale, sottraendole da un edificio rurale noto come Cascina Ranza. I tribunali di merito avevano già confermato la loro responsabilità penale per il reato di tentato furto aggravato. La difesa degli imputati, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione, basando le proprie argomentazioni su diversi punti critici.

I motivi del ricorso in Cassazione

I ricorrenti hanno sollevato sei motivi di doglianza, cercando di smontare l’impianto accusatorio. In sintesi, hanno sostenuto:

1. L’invalidità della querela, poiché non presentata dal legittimo proprietario.
2. L’insussistenza di prove certe sulla partecipazione di uno degli imputati.
3. L’assenza di dolo, poiché credevano che i beni fossero abbandonati, trovandosi in un edificio disabitato e in stato di degrado.
4. L’inapplicabilità dell’aggravante, ipotizzando che i beni potessero essere già stati staccati in precedenza da terzi o da agenti atmosferici.
5. La mancanza di motivazione sull’applicazione della recidiva.
6. L’erroneo diniego delle attenuanti generiche in regime di prevalenza.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sul tentato furto aggravato

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, respingendo tutte le argomentazioni difensive con motivazioni nette e precise.

La validità della Querela e lo Ius Possessionis

Sul primo punto, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: la legittimazione a proporre querela non spetta solo al proprietario del bene, ma anche a chi ne ha il semplice possesso. Il delitto di furto, infatti, protegge non solo la proprietà, ma anche lo ius possessionis, ovvero la relazione di fatto con la cosa. Nel caso di specie, il responsabile della Casa di Riposo, proprietaria della cascina, era pienamente legittimato a sporgere querela in quanto titolare di tale posizione di fatto tutelata dalla legge.

L’insussistenza della Res Derelicta e l’Elemento Soggettivo

Il cuore della sentenza riguarda il presunto errore degli imputati nel considerare i beni come abbandonati. La Cassazione ha definito questa tesi una “inammissibile censura di merito”. I giudici hanno sottolineato che non si poteva parlare di res derelicta per cose mobili strutturalmente collegate a un bene immobile, quale la Cascina Ranza. Anche se disabitato, l’edificio non era stato abbandonato dal suo proprietario. Di conseguenza, tutto ciò che ne faceva parte (come le grondaie) non poteva essere considerato ‘cosa di nessuno’ e liberamente appropriabile.

Le circostanze aggravanti e la recidiva nel tentato furto aggravato

La Corte ha confermato anche la correttezza delle decisioni dei giudici di merito riguardo alle aggravanti. La tesi difensiva secondo cui i beni fossero già stati smontati è stata ritenuta non plausibile, sulla base delle dichiarazioni del responsabile della proprietà. Per quanto riguarda la recidiva contestata a uno degli imputati, la motivazione è stata giudicata adeguata: i suoi numerosi precedenti penali, molti dei quali per furto, delineavano una chiara “attitudine al crimine a fini di profitto” e un’elevata pericolosità sociale, giustificando pienamente l’applicazione dell’aggravante.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce principi di grande importanza pratica. In primo luogo, conferma che la tutela penale contro il furto si estende a chiunque abbia una relazione di possesso con un bene, non solo al proprietario formale. In secondo luogo, traccia un confine netto sul concetto di ‘bene abbandonato’: gli elementi che fanno parte di un immobile, anche se fatiscente o disabitato, non possono essere considerati res derelicta e la loro sottrazione integra pienamente il reato di furto. La decisione serve da monito: l’apparente stato di abbandono di un luogo non autorizza a impossessarsi dei beni in esso contenuti, poiché l’assenza di dolo in questi casi è estremamente difficile da dimostrare.

Chi può sporgere querela per il furto di beni da un immobile?
Non solo il proprietario, ma anche chi ha il possesso del bene, inteso come una relazione di fatto con la cosa (ius possessionis), anche in assenza di un titolo giuridico formale come la proprietà.

Quando dei beni presenti in un edificio disabitato possono considerarsi abbandonati (res derelicta)?
Secondo la Corte, i beni che sono strutturalmente collegati a un immobile (come le grondaie in questo caso) non possono essere considerati abbandonati, anche se l’edificio è disabitato. Essi appartengono all’immobile stesso, che si presume abbia ancora un proprietario o un possessore.

Come viene giustificata l’applicazione della recidiva in un caso di furto?
L’applicazione della recidiva è giustificata quando i precedenti penali dell’imputato, specialmente se per reati della stessa natura, delineano una chiara attitudine al crimine a fini di profitto e un’elevata pericolosità sociale, come ritenuto dalla Corte nel caso esaminato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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