Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36063 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36063 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/01/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
ito c ír—–ìffé-
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 9 gennaio 2025, ha confermato la pronuncia emessa dal tribunale di Cassino, riconoscendo COGNOME NOME colpevole di tentato COGNOME furto COGNOME aggravato ai sensi dell’art. 625, n. 2 e 7 bis cod. pen., condannandolo alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 120 di multa. All’imputato era stato contestato che, in concorso con NOME COGNOME, aveva tentato di asportare dalla struttura sanitaria denominata RAGIONE_SOCIALE, sita in Formia, un imprecisato quantitativo di gasolio.
Ha proposto ricorso COGNOME NOME. Lamenta, con il primo motivo, vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod.proc. pen. La Corte d’appello era incorsa in una evidente contraddittorietà motivazionale e nel travisamento della prova.Era stata infatti compiuta una arbitraria ricostruzione del fatto, in contrasto con le risultanz dei filmati delle videocamere di sorveglianza, le quali davano atto che il giorno 17 aprile 2024 l’imputato e l’COGNOME, dopo aver ispezioNOME i tombini, si erano allontanati volontariamente dalla struttura e il giorno seguente, dopo l’interlocuzione con il dipendente della RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, autore della segnalazione agli inquirenti, erano immediatamente andati via, senza aver posto in essere alcuna azione. Erroneamente sia il Tribunale che la Corte d’appello avevano ricostruito il fatto rilevando che giorno successivo al primo accesso nella struttura RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE i due coimputati sarebbero stati fermati da un dipendente della struttura mentre si accingevano a commettere il furto, mancando invece il compimento di qualsivoglia atto diretto in modo non equivoco alla commissione del reato. Si trattava quindi di un travisamento di macroscopica evidenza rilevabile in sede di legittimità in quanto compiuto in entrambi i gradi del giudizio di merito. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con il secondo motivo deduce vizio di violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla esclusione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen I giudici di merito non avevano considerato che gli imputati avevano deciso volontariamente di allontanarsi, che il carburante non era stato sottratto alla struttura sanitaria, che non era stata posta in essere alcuna opera di manomissione, tanto che non era stato necessario eseguire nessun ripristino dello stato dei luoghi. Si trattava dunque di una condotta che, per le sue oggettive modalità, si palesava di minima offensività.
Con il terzo motivo si deduce vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) in ordin alla ritenuta sussistenza delle aggravanti di cui all’art. 625 comma 1, n.2 e n. 7 bis. Le videocamere di sorveglianza danno atto del mero sollevamento dei tombini, ricollocati al loro posto senza alcun danno. Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione l’aggravante poteva considerarsi integrata in caso che vi sia una manomissione della cosa, seguita da una rottura, guasto o danneggiamento, che
imponga il relativo ripristino: conseguentemente, la circostanza aggravante non poteva certamente essere riconosciuta nel caso in esame. Quanto alla aggravante di cui all’art. 625, comma 7 bis, cod. proc. pen., la Corte territoriale era incorsa in u macroscopico travisamento della prova, affermando, senza alcun appiglio istruttorio, che la condotta delittuosa era stata perpetrata ai danni della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, struttura sanitaria gestita in regime di concessione. Di ciò, però, non vi era alcuna prova in atti e, in assenza di supporto documentale, non poteva essere riconosciuta l’aggravante in parola.
Con il quarto motivo lamenta il ricorrente vizio di violazione di legge e vizio d motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche. Sul punto, infatti, la sentenza di primo e di secondo grado avevano espresso valutazioni nettamente difformi, in quanto il giudice di prime cure aveva disposto la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena attesa l’incensuratezza dell’imputato e la complessiva portata del fatto; mentre la sentenza di appello aveva sottolineato che il fatto posto in essere dagli imputati non era di minima offensività. La Corte territoriale, in difformità dal primo giudice, non aveva considerato il concreto atteggiarsi dell’accaduto, ossia che l’imputato aveva volontariamente deciso di allontanarsi, senza manomettere né tantomeno sottrarre alcunchè.
Con il quinto motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al calcolo della pena. Non era stato specificato in che misura era stata fissata la pena base e in quale misura era stata applicata la riduzione per il tentativo.
Con il sesto e ultimo motivo si deduce vizio di motivazione e di violazione di legge in relazione al diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen. La Corte territoriale ffga2 aveva valutato la tenuità del lucro e dell’evento dannoso o pericoloso, basandosi non su quanto oggettivamente accaduto, ma su giudizio ipotetico e prognostico di privo di reali riscontri fattuali.
Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo non supera il vaglio di ammissibilità. Lungi dall’aver trascurato dati probatori acquisiti, i giudici di primo e secondo grado, in base all’analisi dell risultanze delle video riprese e delle dichiarazioni del dipendente della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, hanno evidenziato, diffusamente, che: 1) il giorno 17 aprile 2023 l’odierno ricorrente, insieme al complice, aveva effettuato un vero e proprio sopralluogo presso la RAGIONE_SOCIALE, sollevando numerosi tombini; 2) il giorno seguente i due coimputati, tornati sul posto, si erano diretti verso i tombini tenendo in mano due scalpelli e una mazzetta; alla richiesta di spiegazioni di un dipendente, avevano replicato di dover svolgere un lavoro per il servizio ecologia, che invece
non era mai stato commissioNOME dalla struttura; quindi, messi in difficoltà, si erano allontanati a bordo del proprio furgone; 3) fermati dagli operanti a seguito della segnalazione del dipendente della RAGIONE_SOCIALE, erano stati trovati in possesso del seguente materiale, rinvenuto a bordo del menzioNOME furgone: tre taniche da mille litri cadauna, di cui una contenente ancora circa quaranta litri di gasolio; pompe di aspirazione dei liquidi; attrezzature atte allo scasso utilizzabili pe l’attacco delle pompe ai bocchettoni di ingresso delle cisterne; 4) i due coimputati non avevano fornito alcuna spiegazione circa il possesso delle menzionate attrezzature all’interno del furgone; né tantomeno della ragione per la quale avevano falsamente dichiarato di essere stati incaricati di eseguire un intervento per conto del servizio ecologia; 5) gli atti compiuti, così come analiticamente descritti, rivelavano la inequivoca intenzione di porre in essere la sottrazione del gasolio in dotazione alla struttura e sarebbero stati certamente idonei a realizzarla se non vi fosse stato il provvidenziale intervento del dipendente della RAGIONE_SOCIALE che li aveva sorpresi.
Le argomentazioni sopra compendiate sono dotate di indiscutibile forza logica, perfettamente aderenti a tutto il materiale probatorio analiticamente descritto e conformi ai consolidati principi giurisprudenziali secondo cui 10..t ai fini dell punibilità del tentativo rileva l’idoneità causale degli atti compiuti pe conseguimento dell’obiettivo delittuoso nonché la univocità della loro destinazione, da apprezzarsi con valutazione “ex ante” in rapporto alle circostanze di fatto ed alle modalità della condotta ( ex multis, Sez. 5, n.36422 del 17/05/2011, Rv. 250932-01, Sez. 5, n.7341de1 21/01/2015, Rv. 262768-01; Sez. 2, n.25264 de110/03/2016; Rv. 267006-01). In definitiva, il motivo proposto si sostanzia in una ricostruzione alternativa dei fatti (peraltro neppure rispondente ai dati probatori acquisiti ed analiticamente valutati dai giudici di merito) pertanto, non è consentito in sede di legittimità ( ex multis, Sez. U, n. 930 del 13/12/1995 – dep. 1996, Rv. 203428-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482-01; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507-01).
Il secondo motivo è manifestamente infondato. Per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. pen., il giudizio su tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590-01).A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (S 6, n. 55107 del 08/11/2018, Rv. 274647-01), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incrimiNOME, per
valutarne la gravità, COGNOME l’entità del contrasto rispetto alla COGNOME legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, Rv. 275940-01).Trattandosi, quindi, di una valutazione da compiersi sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno. La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione dei suesposti princìpi con motivazione logicamente ineccepibile. Invero, mentre il ricorrente si limita a prospettare le medesime considerazioni già articolate nel corpo del primo motivo, insistendo sulla condotta di innocuo allontanamento dei luoghi, i giudici di merito danno ampio ed esauriente conto della chiara intenzione delittuosa e della piena idoneità dell’azione compiuta a realizzare la sottrazione del carburante con modalità particolarmente insidiose, escludendo, pertanto, la minima offensività del fatto.
Analoghe considerazioni si impongono riguardo al terzo motivo. Deduce il ricorrente l’insussistenza della circostanza aggravante della violenza sulle cose, configurabile tutte le volte in cui il soggetto faccia uso di energia fisica provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione, il mutamento di destinazione della cosa altrui o il distacco di una componente essenziale ai fini della funzionalità, tali da rendere necessaria un’attività di ripristino per restitu alla “res” la propria funzionalità (ex multis, Sez. 5 – , n. 13431 del 25/02/2022, Rv. 282974 – 02; Sez. 5 – , n. 11720 del 29/11/2019, Rv. 279042 – 01). Secondo la prospettazione difensiva, l’aggravante non sarebbe configurabile in quanto, secondo le risultanze del sistema di videorveglianza, i due individui avrebbero “alzato” i tombini allontanandosi dopo circa 15 minuti: i tombini sarebbero dunque stati semplicemente sollevati e regolarmente riposizionati e non vi era stata né forzatura né attività di ripristino. Il motivo proposto no contesta però specificamente le argomentazioni della sentenza impugnata che, sottolineando specifici elementi probatori, ricostruisce gli accadimenti facendo corretta applicazione dei principi giurisprudenziali sopra riportati. Osservano infatti i giudici di merito, partendo dal dato istruttorio acquisito e mai messo i discussione nel ricorso, che i due coimputati erano stati sopresi con in mano due scalpelli e una mazzetta all’atto del secondo sopralluogo e che, al fine di aprire i tombini, si era resa necessaria una azione di forzatura, condotta mediante l’uso dell’attrezzatura sopra menzionata. C’era allora indubbiamente stata una manomissione che aveva conseguentemente reso necessario anche il ripristino, poiché il ricorrente e l’COGNOME avevano provveduto, dopo aver forzato l’apertura, a richiudere i tombini. E’ dunque del tutto irrilevante che il corrett riposizionamento dei tombini fosse stato compiuto dagli stessi correi, rilevando
invece, ai fini della sussistenza della aggravante in parola, il fatto che vi foss stata una manomissione ( forzatura per aprire i tombini) e poi una azione di ripristino per richiuderli.
Relativamente alla aggravante di cui all’art. 625, comma a 7 bis, cod. pen., va osservato quanto segue. La suddetta circostanza, introdotta dall’art. 8, comma 1, lett. a), d.l. 14 agosto 2013, conv., con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119, ricorre se il fatto e’ commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggett pubblici o da privati in regime di concessione pubblica. La ratio dell’introduzione è individuabile nella finalità di apprestare una peculiare tutela alle infrastruttur destinate all’erogazione di servizi pubblici indicati dalla disposizione legislativa.E stato già rilevato da questa Corte di legittimità (Sez. 5 – , n. 40027 del 18/06/2019, Rv. 277602 – 01), che la norma mira ad assicurare al buon andamento del servizio pubblico una più incisiva protezione. Si è quindi affermato che le condizioni per configurabilità dell’aggravante prevista dall’art. 625, n. 7 bis, cod. pen. consistono in due requisiti, uno riferito al soggetto passivo del reato di furto, che deve assumere la qualifica di soggetto pubblico o di privato che gestisce un servizio pubblico in regime concessorio; l’altro oggettivo e collegato al nesso funzionale che deve connettere la cosa sottratta all’erogazione del servizio pubblico (Sez. 5 – , n. 40027 del 18/06/2019, Rv. 277602 – 01, cit; Sez. 5, n. 26447 del 06/04/2017, Rv. 270537 – 01). Per tale ragione, è stato chiarito che l’oggetto del furto non è limitato alle sole” componenti metalliche”; ma che con l’espressione” altro materiale” si intende tutto ciò che viene sottratto alla infrastruttura ed è funzionalmente collegato alla erogazione del pubblico servizio ( Sez. 4, n.5185 del 15 novembre 2024, dep. 2025, n.m., con riferimento al furto di gasolio dalle reti di distribuzione gestite in concessione dall’RAGIONE_SOCIALE, cf anche Sez. 3 – , n. 25165 del 04/03/2025, Rv. 288399 – 01). Nel caso in esame, non è revocabile in dubbio la destinazione COGNOME del carburante sottratto all’espletamento delle attività sanitarie proprie della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tanto premesso, contesta il ricorrente la sussistenza del requisito soggettivo di gestore di pubblico servizio sanitario in concessione, in quanto detto requisito sarebbe stato meramente affermato dalla Corte territoriale ma mai dimostrato, e quindi non troverebbe riscontro negli atti processuali, con conseguente travisamento. La censura è inammissibile. E’ invero ampiamente consolidato il principio secondo cui il lamentato difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi di gravame generici non può formare oggetto di ricorso per Cassazione, COGNOME poiché COGNOME i motivi generici restano COGNOME viziati COGNOME da inammissibilità originaria (Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, Rv. 262700 – 01;
Sez. 5 – n. 44201 del 29/09/2022, Rv. 283808 – 01).Orbene, nella sentenza di primo grado il Tribunale di Cassino dà espressamente conto delle dichiarazioni degli operanti di PG, a mente delle quali la RAGIONE_SOCIALE risultava essere convenzionata con il servizio pubblico. Nel motivi di appello, l’odierno ricorrente ha del tutto genericamente lamentato l’insussistenza della prova circa il fatto che la RAGIONE_SOCIALE svolgesse l’attività sanitaria in regime di convenzione, senza confrontarsi con il preciso passaggio argomentativo della sentenza di primo grado che richiamava la deposizione degli inquirenti, mai specificamente contestata nei gradi di merito.
E’ manifestamente infondato anche il quinto motivo. Il delitto tentato costituisce infatti figura autonoma di reato, qualificato da una propria oggettività giuridica e da una propria struttura, delineate dalla combinazione della norma incriminatrice specifica e dalla disposizione contenuta nell’art. 56 cod. pen., che rende punibili, con una pena autonoma, fatti non altrimenti sanzionabili, perché arrestatisi al di qua della consumazione. Da tale autonomia dell’illecito e della sanzione consegue che, in presenza di delitto tentato, la determinazione della pena può effettuarsi con il cosiddetto metodo diretto o sintetico, cioè senza operare la diminuzione sulla pena fissata per la corrispondente ipotesi di delitto consumato, oppure con il calcolo “bifasico”, cioè mediante scissione dei due momenti indicati, fermo restando che nessuno dei due sistemi può sottrarsi al rispetto dei vincoli normativi relativi al contenimento della riduzione da uno a due terzi, la cui inosservanza
Il quarto motivo, riguardante il diniego di applicazione dell’art. 62 bis cod. pen., è manifestamente infondato.La Corte di appello, con motivazione esaustiva e non illogica, mette in rilievo la spregiudicatezza e l’insidiosità dell’agire delittu del ricorrente nonché l’assenza di elementi di segno positivo che potessero giustificare il beneficio. COGNOME La decisione della Corte territoriale è in linea con i parametri elaborati sul punto dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferim a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattes superati da tale valutazione ( Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, Rv. 265826-01; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014,Rv. 259899-01; Sez. 2, n. 2285 dell’11/10/2004, dep. 2005, Rv. 230691-01). Costituisce inoltre approdo consolidato della giurisprudenza di questa Corte il principio per cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 4 – n. 32872 del 08/06/2022,Rv.283489;Sez. 1, n. 39566 del 16/02/201 7, Rv. 270986 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
comporta violazione di legge (Sez. 1, n. 37562 del 16/05/2001, Rv. 220189 –
01; COGNOME Sez. 1, n. 35013 del 06/06/2013, COGNOME Rv. 257210 COGNOME 01; Sez. 5 – n. 40020 del 18/06/2019, Rv. 277528 – 01).Conseguentemente, in ossequio ai principi esposti, la pena base per il reato di furto pluriaggravato, fissata dall’art. 625 cod pen nella cornice edittale da tre a dieci anni, è stata de tutto legittimamente determinata dai giudici di merito in anni due senza operare il preventivo calcolo della riduzione per il tentativo, con il cd metodo diretto Quanto, poi al lamentato immotivato scostamento dal minimo edittale, basterà richiamare la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pen congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017,Rv. 271243;Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009 Rv. 245596 – 01). Nel caso di specie la pena finale irrogata è ampiamente al di sotto del medio edittale.
Anche il sesto motivo è manifestamente infondato. Questa Corte di legittimità, richiamando i principi affermati dalle Sezioni Unite (Sez. U , n. 24990 del 30/01/2020, Rv. 279499 -01) ha ribadito che, anche riguardo al reato di furto, l’attenuante del danno di speciale tenuità presuppone un giudizio complesso che prenda in considerazione tutti gli elementi della fattispecie concreta necessari per accertare non il solo danno patrimoniale, ma il danno criminale nella sua globalità, cosicché, ai fini della sua configurabilità nel reato di furto, non posson essere ritenuti determinanti i soli parametri dell’entità lievissima del pregiudizi causato alla persona offesa e il valore irrisorio del bene sottratto (Sez. 5 – n. 344 del 26/11/2021, Rv. 282402 – 01). La citata pronuncia costituisce il naturale sviluppo dell’orientamento, ormai consolidato, secondo cui ai fini della configurabilità della circostanza attenuante dell’avere agito pe conseguire o dell’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità prevista dall’art. 62, comma primo, n. 4, cod. pen., non si deve avere riguardo soltanto al valore venale del corpo del reato, ma anche al pregiudizio complessivo e al disvalore sociale recati con la condotta dell’imputato, in termini effettivi potenziali (cfr. Sez. 4 – n. 37795 del 21/09/2021, Rv. 281952 – 02; Sez. 3, n. 18013 del 5/2/2019, Rv. 275950 -01). La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi sopra riportati e ha reso diffusa motivazione sugli
elementi ostativi all’applicazione della invocata attenuante, considerando che il tentativo di furto aveva avuto ad oggetto un quantitativo certamente non irrisorio di carburante, ed era stato condotto con modalità particolarmente insidiose, con una portata offensiva, ma globalmente valutata, di sicura entità entità.
All’inammissibilità del ricorso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., segue, per l la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2025
Il Con COGNOME t nsore
Il Presidente