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Tentato delitto: quando un atto è univoco? Cassazione

Un agente di polizia, durante un inseguimento, spara un colpo verso un’auto che erroneamente credeva fosse di rapinatori, venendo condannato per tentato delitto di lesioni. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza, sottolineando che per configurare il tentato delitto non basta che l’atto sia idoneo a offendere, ma deve essere provata la sua ‘direzione univoca’ a commettere il reato. La Corte ha ritenuto insufficiente e illogica la motivazione sulla prova dell’intenzione (dolo) dell’agente, rinviando il caso per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato Delitto: Idoneità e Univocità dell’Atto non sono la Stessa Cosa

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 44743/2024, offre un’importante lezione sulla distinzione tra i requisiti del tentato delitto previsti dall’art. 56 del codice penale. In un caso complesso che vede coinvolto un agente di polizia, la Suprema Corte ha annullato una condanna per tentate lesioni aggravate, chiarendo che la mera idoneità di un’azione a causare un danno non è sufficiente a provarne l’intenzione criminale. L’atto deve anche essere diretto in modo ‘univoco’ a commettere il reato.

I Fatti: Un Inseguimento Finito Male

La vicenda trae origine da un’operazione di polizia. Un assistente capo, in servizio su un’auto ‘civetta’ insieme a un collega, si lancia all’inseguimento di una vettura sospetta, ritenuta (erroneamente) occupata dagli autori di una rapina a mano armata avvenuta poco prima. Durante l’inseguimento, l’agente alla guida sporge il braccio dal finestrino e spara un colpo con la sua pistola d’ordinanza. Il proiettile non colpisce gli occupanti ma impatta contro lo specchietto retrovisore destro e la carrozzeria della loro auto.

La Decisione dei Giudici di Merito e il Tentato Delitto

Sia in primo grado che in appello, l’agente viene ritenuto colpevole del tentato delitto di lesioni aggravate. I giudici di merito considerano l’atto di sparare ad altezza uomo verso un veicolo a distanza ravvicinata come un’azione idonea e diretta in modo inequivocabile a ferire gli occupanti. La difesa dell’imputato, tuttavia, ha sempre sostenuto la natura accidentale del colpo e la mancanza di una reale volontà di ledere, inquadrando l’episodio nel contesto di un errore e di una situazione ad alta tensione.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, esaminando il ricorso, ha individuato due vizi fondamentali nella motivazione della sentenza d’appello, entrambi cruciali per la configurazione del tentato delitto.

La Mancanza di Univocità dell’Atto

Il primo punto critico riguarda l’art. 56 c.p., che richiede due elementi oggettivi: l’idoneità e la direzione univoca degli atti. La Corte di Cassazione ha spiegato che si tratta di due verifiche distinte e successive:
1. Idoneità: L’atto deve avere la concreta potenzialità di causare il reato (nel caso di specie, lo sparo era certamente idoneo a ferire).
2. Univocità: L’atto, valutato nel suo contesto, deve rivelare oggettivamente e senza ambiguità l’intenzione dell’agente di commettere proprio quel reato.

Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello ha erroneamente fatto coincidere i due concetti. Ha dato per scontato che, essendo lo sparo un atto idoneo a ferire, fosse anche univocamente diretto a tale scopo, senza però analizzare la traiettoria del colpo e cosa sarebbe successo in assenza dello specchietto. Mancava, in sostanza, una verifica oggettiva sulla reale direzione dell’azione.

La Prova Illogica del Dolo

Il secondo vizio, strettamente collegato al primo, concerne la prova dell’elemento soggettivo: il dolo di lesioni. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata ‘manifestamente illogica’ e contraddittoria. Da un lato, si affermava che l’agente avesse sparato per impedire la fuga dei sospettati; dall’altro, emergeva dagli atti che l’auto inseguita era già stata fermata dai colpi sparati dal collega alle gomme. Appariva quindi illogico sparare per impedire una fuga in auto che non era più possibile.

Inoltre, la stessa sentenza d’appello definiva ‘anomala’ la condotta dell’agente, aprendo implicitamente a un’ipotesi di condotta colposa (negligente) e non dolosa (intenzionale). La Cassazione ha sottolineato che, di fronte a un singolo colpo di pistola non seguito da altri, la motivazione sul dolo deve essere particolarmente rigorosa, cosa che nel caso di specie è mancata.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano sulla necessità di un’analisi rigorosa e distinta dei requisiti del tentato delitto. La Corte territoriale ha fallito nel condurre una ‘seconda verifica’ sull’univocità degli atti, limitandosi a desumere la direzione dell’azione dalla sua astratta pericolosità. Ha inoltre fornito una ricostruzione del dolo contraddittoria, senza esplorare a fondo la tesi difensiva dell’esplosione accidentale e, quindi, colposa. Poiché il tentativo di un delitto colposo non è configurabile nel nostro ordinamento, questa indagine era dirimente.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna e ha disposto il rinvio del processo a un’altra sezione della Corte d’Appello. Il nuovo giudice dovrà riesaminare i fatti attenendosi ai principi enunciati: dovrà verificare, con un’analisi più approfondita e oggettiva, se l’azione dell’agente fosse univocamente diretta a ferire e se sussistesse realmente il dolo di lesioni, oppure se la vicenda sia da ricondurre a una condotta colposa. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per una condanna per tentato delitto, non bastano i sospetti o la pericolosità dell’azione, ma servono prove certe sulla direzione inequivocabile della volontà criminale.

Quando un’azione può essere considerata un ‘tentato delitto’?
Un’azione è considerata ‘tentato delitto’ ai sensi dell’art. 56 del codice penale quando un soggetto compie atti che sono sia ‘idonei’ (cioè capaci di causare l’evento) sia ‘diretti in modo non equivoco’ a commettere un reato, ma l’evento non si verifica per cause indipendenti dalla sua volontà. La sentenza sottolinea che questi due requisiti sono distinti e devono essere entrambi provati.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna dell’agente di polizia?
La Cassazione ha annullato la condanna perché ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello manifestamente illogica e carente su due punti essenziali: 1) non è stata adeguatamente provata la ‘direzione univoca’ del colpo di pistola a ferire gli occupanti; 2) la prova dell’intenzione (dolo) di ferire era contraddittoria e non escludeva in modo convincente l’ipotesi di un colpo accidentale (colposo).

Qual è la differenza tra un atto ‘idoneo’ e un atto ‘univoco’ nel tentato delitto?
Un atto è ‘idoneo’ quando ha la concreta possibilità e capacità di produrre il risultato criminale desiderato (es. sparare è idoneo a ferire). Un atto è ‘univoco’ quando, osservato oggettivamente nel suo contesto, rivela senza ambiguità l’intenzione di commettere proprio quel reato. La Corte ha chiarito che l’idoneità è una valutazione di potenzialità, mentre l’univocità è una valutazione di finalità oggettiva dell’azione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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