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Tentato acquisto di stupefacenti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per tentato acquisto di stupefacenti. Secondo i giudici, anche una trattativa non conclusa per la fornitura di droga costituisce un atto idoneo e univoco a configurare il reato di tentativo, escludendo in questo caso l’ipotesi di lieve entità per la non occasionalità della condotta.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentato Acquisto di Stupefacenti: Quando la Trattativa Diventa Reato

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del tentato acquisto di stupefacenti, stabilendo che anche una semplice trattativa, seppur non conclusa con un accordo finale, può integrare gli estremi del reato. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione sulla valutazione degli atti preparatori nel traffico di droga e sui poteri del giudice d’appello.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’indagine basata su intercettazioni telefoniche e video-riprese effettuate presso una cava. Un soggetto veniva accusato di aver intrapreso una trattativa per l’acquisto di un quantitativo di sostanza stupefacente. Durante l’incontro, l’imputato aveva ricevuto un campione della sostanza da un altro individuo non identificato, per poi lasciarlo sul posto.

In primo grado, il Tribunale aveva condannato l’imputato per il reato di acquisto di stupefacenti nella sua forma consumata. La Corte d’Appello, in riforma parziale della prima sentenza, ha invece riqualificato il fatto, ritenendo che la condotta non si fosse perfezionata. Secondo i giudici di secondo grado, la trattativa non era giunta a un accordo finale sulla fornitura; pertanto, il comportamento andava inquadrato nell’ipotesi di tentato acquisto di stupefacenti.

Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due vizi:
1. L’erronea applicazione della legge penale in materia di tentativo (art. 56 c.p.), sostenendo che le azioni contestate non possedessero i requisiti di idoneità e univocità richiesti dalla norma.
2. Il mancato riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità del fatto (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la valutazione della Corte d’Appello. I giudici supremi hanno respinto le argomentazioni della difesa, ritenendole un tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, attività preclusa in sede di legittimità.

Le motivazioni sul tentato acquisto di stupefacenti

La Corte ha ritenuto che il primo motivo di ricorso fosse infondato perché mirava a una riconsiderazione dei fatti. La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione congrua, logica e adeguata, basata su elementi probatori concreti come le intercettazioni e le riprese video.

I giudici di legittimità hanno sottolineato che la condotta dell’imputato – recarsi a un incontro, ricevere un campione e discutere le condizioni di una futura fornitura – costituisce un insieme di atti “idonei” e “univoci” a commettere il reato di acquisto di stupefacenti. La trattativa stessa, anche se interrotta prima dell’accordo finale, manifesta in modo inequivocabile l’intenzione di perfezionare l’acquisto illecito, superando la soglia degli atti meramente preparatori e integrando così il tentativo penalmente rilevante. La Corte ha inoltre ribadito che il giudice d’appello ha il potere di procedere a una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio e, di conseguenza, a una riqualificazione giuridica del fatto, passando da reato consumato a tentato.

Le conclusioni sull’esclusione della lieve entità

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile. La Corte di Cassazione ha osservato che i giudici di merito avevano correttamente escluso l’ipotesi della lieve entità. La decisione si basava su una valutazione complessiva della condotta dell’imputato, che teneva conto di elementi incompatibili con la nozione di minima offensività. In particolare, sono stati considerati il significativo dato ponderale oggetto della trattativa e la non occasionalità del ruolo di intermediazione svolto dall’imputato. Questi fattori, secondo la Corte, dimostravano una pericolosità e un’offensività del fatto superiori alla soglia minima richiesta per l’applicazione della norma più favorevole.

Quando una semplice trattativa per l’acquisto di droga diventa reato?
Secondo la Corte, una trattativa per l’acquisto di stupefacenti integra il reato di tentativo quando gli atti compiuti sono idonei e diretti in modo non equivoco a commettere il reato. Anche senza un accordo finale, l’avvio di una negoziazione, come ricevere un campione, è sufficiente a superare la soglia della mera preparazione e a configurare il tentativo punibile.

Il giudice d’appello può riqualificare un reato da consumato a tentato?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il giudice di secondo grado, nell’ambito dei punti impugnati, può procedere a una nuova e autonoma valutazione del materiale probatorio e, di conseguenza, riqualificare giuridicamente il fatto, ad esempio da reato consumato a tentato, correggendo l’impostazione del giudice di primo grado.

Quali elementi impediscono di qualificare un reato di droga come di ‘lieve entità’?
La Corte ha negato la lieve entità sulla base di una valutazione complessiva della condotta. Elementi come un significativo quantitativo di sostanza oggetto della trattativa e la non occasionalità del comportamento (in questo caso, un ruolo di intermediazione) sono stati ritenuti incompatibili con la nozione di minima offensività richiesta per l’applicazione di tale fattispecie attenuata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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