Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34931 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34931 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ATRI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PESCARA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PENNE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/01/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME,
ritenuto che tutti i ricorrenti denunziano, con il primo motivo dei rispettivi ricorsi, violazione di legge quanto alla sussistenza degli estremi del tentativo punibile essendosi in presenza di atti meramente “preparatori” ma che la censura è manifestamente infondata alla luce della motivazione della sentenza impugnata che risulta puntuale in fatto (cfr., pag. 5 della sentenza impugnata) e corretta in diritto poiché la distinzione – già presente nel codice Zanardelli – tra atti preparatori, non punibili, ed atti che realizzano di per sé un tentativo punibile, già presente nel codice ‘Zanardellí’, è stata definitivamente superata con il codice vigente ed è pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, che per la configurabilità del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l’agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo (cfr., Sez. 2, n. 24302 del 4.5.2017; COGNOME; Sez. 2, n. 25264 del 10.3.2016, COGNOME; Sez. 2, n. 52189 del 14.9.2016; COGNOME; Sez. 2, n. 36536 del 21.9.2011, COGNOME);
rilevato che il motivo articolato in punto di diniego delle attenuanti generiche sia nel ricorso del COGNOME che in quello del COGNOME è manifestamente infondato avendo la Corte motivato sull’assenza di elementi positivamente valutabili a tal fine non essendo allora inutile ribadire che “le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale “concessione” del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena” (cfr., Sez. 2, n. 14307 del 14.3.2017, COGNOME; Sez. 2, n. 30228 del 5.6.2014, COGNOME); in definitiva, quindi, “la concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato; ne consegue che,
quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio” (cfr., Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, COGNOME, Rv. 266460 – 01; Sez. 3 – , n. 54179 del 17/07/2018, D., Rv. 275440 – 01);
ritenuto che il motivo proposto nell’interesse del COGNOME con riguardo alla recidiva è manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale motivato (cfr., pag. 6 della sentenza impugnata) sul rilievo della specificità dei precedenti e delle modalità della commissione del fatto qui giudicato quali elementi idonei a considerare quest’ultimo come espressione della ingravescenza della pericolosità criminale del ricorrente;
rilevato che il secondo motivo di ricorso proposto nell’interesse del COGNOME è aspeciico perché non considera adeguatamente, e non si confronta con, la risposta fornita dalla Corte territoriale (cfr., pag. 7 della sentenza) all’omologo motivo di appello che era stato articolato nei confronti della sentenza di primo grado;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 9 luglio 2024
Il Consigliere este
Il Presidente