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Tentativo importazione stupefacenti: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23172/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante un caso di tentata importazione di un ingente quantitativo di cocaina. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il reato di tentativo importazione stupefacenti si configura quando gli atti preparatori, come le trattative con i fornitori, sono seri, affidabili e diretti in modo inequivocabile a introdurre la sostanza in Italia, anche se la consegna finale non avviene.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentativo Importazione Stupefacenti: Quando le Trattative Diventano Reato

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna a delineare i confini del tentativo importazione stupefacenti, stabilendo che anche le fasi preliminari e le trattative possono integrare il reato, a patto che siano serie e inequivocabilmente dirette all’obiettivo. Questa decisione offre spunti cruciali per comprendere la differenza tra un atto preparatorio non punibile e un vero e proprio tentativo di reato, specialmente nel contesto del traffico internazionale di droga.

I Fatti del Caso: Un Carico di Cocaina Mai Arrivato

Il caso riguarda un imputato condannato in appello per il tentativo di importare quasi 25 kg di cocaina. L’operazione, pianificata tra il gennaio e il marzo del 2007, non era mai andata a buon fine. La difesa dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che le attività svolte non superassero la soglia degli atti meramente preparatori, configurando al massimo un’ipotesi di reato impossibile, data la mancata disponibilità della sostanza.

Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, basata anche su intercettazioni, l’imputato si era attivato per organizzare l’acquisto e la spedizione del carico, interfacciandosi con intermediari e fornitori esteri. Nonostante il pagamento di una somma di denaro, la fornitura non si era concretizzata per difficoltà logistiche dei venditori.

L’Analisi della Corte di Cassazione e il Tentativo di Importazione Stupefacenti

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi proposti una mera riproposizione di argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello e, soprattutto, incentrate su una rivalutazione dei fatti, non consentita nel giudizio di legittimità.

Il cuore della decisione risiede nella conferma dei principi giurisprudenziali consolidati sul tentativo importazione stupefacenti. I giudici hanno chiarito che non è necessario il conseguimento materiale della sostanza per configurare il tentativo. Ciò che conta è la natura degli atti compiuti.

Atti Idonei e Univoci

La Cassazione ha sottolineato che le condotte antecedenti al possesso della droga, anche se svolte all’estero, possono costituire un tentativo punibile se presentano tre caratteristiche fondamentali:
1. Serietà: Le trattative devono essere concrete e non semplici manifestazioni di intenti.
2. Affidabilità: I contatti e gli accordi devono avere una base solida.
3. Univocità: Le azioni devono essere inequivocabilmente dirette a introdurre lo stupefacente nel territorio nazionale.

Nel caso specifico, l’invio di denaro a un intermediario in Germania, destinato ai fornitori sudamericani per gestire la spedizione, è stato considerato un atto idoneo e univoco, sufficiente a integrare il tentativo, nonostante il fallimento dell’operazione.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano sulla distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. I giudici di primo e secondo grado hanno il compito di ricostruire i fatti e valutare le prove, incluse le intercettazioni. La Cassazione, invece, interviene solo se il ragionamento dei giudici inferiori è palesemente illogico o contraddittorio, cosa che non è stata riscontrata in questo caso.

La difesa aveva tentato di far passare le proprie argomentazioni come critiche sulla violazione di legge, ma la Corte le ha qualificate come “doglianze in fatto”, ovvero un tentativo di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, inammissibile in sede di legittimità. La decisione della Corte d’Appello è stata ritenuta congrua e coerente con la giurisprudenza esistente, che considera punibili anche le fasi preparatorie avanzate di un’importazione di droga, quando queste dimostrano chiaramente l’intenzione criminale e la sua concreta messa in atto.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio di grande rilevanza pratica: nel contrasto al narcotraffico, la legge penale può colpire l’azione criminale anche in una fase molto precoce. Non è necessario attendere che la droga varchi i confini nazionali. Accordi seri, contatti con fornitori e invio di denaro sono sufficienti per far scattare la punibilità a titolo di tentativo. Questa interpretazione estensiva permette agli inquirenti di intervenire efficacemente per bloccare le operazioni criminali prima che giungano a compimento, confermando che la soglia della rilevanza penale viene superata quando l’azione manifesta un concreto pericolo per l’ordine pubblico, a prescindere dal suo esito finale.

Quando una trattativa per l’acquisto di droga diventa un tentativo di importazione punibile?
Secondo la Corte di Cassazione, una trattativa diventa tentativo punibile quando le condotte sono connotate da serietà e affidabilità e risultano univoche e idonee a determinare l’introduzione dello stupefacente nel territorio nazionale, anche se la sostanza non viene mai materialmente conseguita.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità. La difesa ha presentato doglianze in fatto, chiedendo una nuova valutazione delle prove, invece di contestare errori nell’applicazione della legge. Inoltre, il ricorso reiterava argomenti già motivatamente respinti dalla Corte d’Appello.

La Corte di Cassazione può riesaminare le intercettazioni telefoniche?
No, l’interpretazione del contenuto delle intercettazioni, anche se in linguaggio criptico, è una questione di fatto riservata ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione può intervenire solo se il ragionamento interpretativo è viziato da contraddizioni o manifeste illogicità, cosa che non è stata riscontrata nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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