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Tentativo di riciclaggio: quando è configurabile?

Due soggetti vengono condannati per riciclaggio per aver trasferito parti di veicoli rubati. La Cassazione rigetta i ricorsi, chiarendo che sebbene il tentativo di riciclaggio sia ammissibile in via di principio, in questo caso il reato era consumato poiché le operazioni avevano già concretamente ostacolato l’identificazione della provenienza illecita.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentativo di riciclaggio: la Cassazione stabilisce quando è reato consumato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6586 del 2024, ha affrontato una questione cruciale nel diritto penale: la distinzione tra tentativo di riciclaggio e reato consumato. La pronuncia offre un’analisi dettagliata dell’evoluzione normativa dell’art. 648-bis del codice penale, chiarendo che, sebbene la forma tentata sia astrattamente configurabile, determinate condotte possono integrare il delitto consumato anche se l’operazione criminale complessiva non è giunta a termine. Questo intervento è fondamentale per definire i confini di un reato a forma libera, la cui punibilità non richiede necessariamente la trasformazione del bene, ma anche solo azioni che ne ostacolino l’identificazione dell’origine.

I fatti di causa: il ritrovamento di parti di veicoli rubati

Il caso ha origine da un’operazione di polizia durante la quale le forze dell’ordine hanno seguito un furgone condotto da uno degli imputati fino a un’ampia area adibita a rimessaggio. All’interno dell’area, gli agenti hanno sorpreso l’imputato, insieme ad altre persone tra cui il coimputato, mentre trasferivano parti di autoveicoli dal furgone a un autoarticolato, utilizzando anche un muletto.

Le indagini hanno permesso di accertare che le parti in questione, appartenenti a un’autovettura di lusso, erano provento di un furto denunciato pochi giorni prima. Inoltre, all’interno di un container, aperto con le chiavi trovate in possesso di uno degli imputati, sono stati rinvenuti altri pezzi di telaio, quattro motori di provenienza furtiva e oltre 240 pneumatici completi di cerchio. Sulla base di questi elementi, la Corte di Appello aveva confermato la condanna per il reato di riciclaggio.

I motivi del ricorso e la questione del tentativo di riciclaggio

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione sollevando diverse questioni. Le principali doglianze si concentravano su due aspetti:

1. Errata qualificazione giuridica: Secondo le difese, la condotta doveva essere inquadrata nel reato meno grave di ricettazione (art. 648 c.p.) e non in quello di riciclaggio. Si sosteneva che la ‘cannibalizzazione’ di un veicolo è un’attività necessaria per la ricettazione dei singoli pezzi e non costituisce di per sé quell’operazione ulteriore (quid pluris) volta a ostacolare l’identificazione della provenienza, tipica del riciclaggio.

2. Configurabilità del tentativo: Entrambi i ricorrenti hanno argomentato che, essendo stati colti in flagrante durante il trasferimento dei pezzi, l’operazione non si era conclusa. Di conseguenza, il reato avrebbe dovuto essere qualificato come tentativo di riciclaggio (artt. 56 e 648-bis c.p.) e non come delitto consumato, con una conseguente riduzione della pena.

L’evoluzione normativa e la configurabilità del tentativo di riciclaggio

La Corte di Cassazione dedica una parte significativa della sentenza a ricostruire l’evoluzione storica dell’art. 648-bis c.p. In origine, il reato era configurato come una fattispecie a consumazione anticipata, che puniva i soli atti diretti a sostituire denaro proveniente da specifici delitti, rendendo incompatibile la figura del tentativo.

Tuttavia, le modifiche normative successive, in particolare quelle introdotte nel 1990, hanno ampliato l’ambito di applicazione del reato, richiedendo l’effettiva sostituzione del bene o il compimento di ‘altre operazioni’ idonee a ostacolare l’identificazione della provenienza. Questa nuova formulazione, secondo la Suprema Corte, ha trasformato il riciclaggio in un reato rispetto al quale è pienamente configurabile il tentativo. Pertanto, la Corte afferma il principio secondo cui il tentativo di riciclaggio è ammissibile nel nostro ordinamento.

La distinzione tra riciclaggio e ricettazione

La Corte ribadisce che il riciclaggio si differenzia dalla ricettazione per la presenza di un quid pluris: non basta ricevere o acquistare beni di provenienza illecita, ma è necessario compiere su di essi operazioni che abbiano una concreta idoneità a ostacolare l’identificazione della loro origine delittuosa. Anche il semplice trasferimento di un bene da un luogo a un altro può integrare il riciclaggio, se tale azione è idonea a rendere più difficoltosa la tracciabilità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione: perché il reato è consumato

Nonostante abbia ammesso in via di principio la configurabilità del tentativo, la Suprema Corte ha ritenuto che nel caso di specie il reato di riciclaggio si fosse già consumato. La motivazione si fonda sulla natura delle operazioni poste in essere dagli imputati.

Il Collegio ha osservato che il delitto di riciclaggio si era perfezionato nel momento in cui i pezzi dell’autovettura rubata sono stati oggetto di una pluralità di ‘trasferimenti’: dal luogo di smontaggio al furgone, e da quest’ultimo all’autoarticolato, dove venivano mescolati con altri beni. Queste azioni, finalizzate al successivo trasporto all’estero, sono state considerate di per sé idonee a ostacolare l’accertamento della provenienza delittuosa dei beni.

La condotta criminosa, pur essendo progressiva, si è consumata nel momento in cui sono state realizzate le operazioni di trasferimento e confusione dei materiali. Non era necessario attendere il compimento dell’intero piano criminale (come la vendita all’estero) perché il reato fosse perfetto. L’intervento della polizia ha interrotto un’attività già pienamente rientrante nella fattispecie consumata del riciclaggio.

Le conclusioni: il principio di diritto sul riciclaggio

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione stabilisce un importante principio di diritto: ‘Il delitto di riciclaggio, nella sua formulazione attualmente vigente, (…) non ha natura giuridica di delitto a consumazione anticipata, ed è, pertanto, pienamente compatibile con il tentativo’.

Tuttavia, chiarisce che il reato si considera consumato e non tentato quando le operazioni compiute sui beni di provenienza illecita – come il loro smontaggio, trasferimento e occultamento insieme ad altri beni – sono già di per sé sufficienti a rendere concretamente più difficile l’identificazione della loro origine. La decisione finale è stata quindi il rigetto di entrambi i ricorsi, con la condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali.

È possibile configurare il tentativo di riciclaggio?
Sì, la Corte di Cassazione ha affermato che, in base all’attuale formulazione dell’art. 648-bis c.p., il reato di riciclaggio non è più a consumazione anticipata ed è quindi pienamente compatibile con la forma del tentativo.

Qual è la differenza tra riciclaggio e ricettazione?
La ricettazione consiste nell’acquistare o ricevere beni di provenienza illecita per trarne profitto. Il riciclaggio richiede un elemento ulteriore (quid pluris), ovvero il compimento di operazioni specifiche (sostituzione, trasferimento o altro) che siano concretamente idonee a ostacolare l’identificazione dell’origine delittuosa dei beni.

Perché in questo caso il riciclaggio è stato ritenuto consumato e non tentato?
Perché le azioni compiute dagli imputati – come il trasbordo di componenti di auto rubate da un furgone a un autoarticolato e la loro confusione con materiali di origine lecita in vista di un trasporto all’estero – sono state ritenute di per sé sufficienti a ostacolare l’identificazione della provenienza illecita dei pezzi. Pertanto, la condotta criminosa era già stata completata al momento dell’intervento della polizia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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