Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3044 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3044 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 03/09/1976
avverso la sentenza del 18/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari, con sentenza del 18/01/2024, parzialmente riformando la sentenza resa ad esito di rito abbreviato, pronunciata dal G.u.p. presso il Tribunale di Bari in data 01/12/2021 nei confronti di NOME COGNOME previa riqualificazione del fatto ascritto al capo a) della rubrica (artt. 56, 648-bis cod. pen.), ha rideterminato la pena nella misura di anni due, mesi dieci e giorni venti di reclusione ed euro 1000,00 di multa.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, NOME COGNOME articolando un unico motivo di ricorso che qui si riporta nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod. proc. pen.
2.1. GLYPH Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla intervenuta violazione degli artt. 56, 648-bis cod. pen.; la Corte di appello ha erroneamente riqualificato il fatto ascritto come riciclaggio, in contrasto con la ricostruzione del delitto imputato come fattispecie delittuosa a consumazione anticipata. Nel caso in esame non poteva in alcun modo ritenersi integrata una condotta riciclatoria, specialmente in forma tentata, mancando qualsiasi forma di movimentazione dissimulatoria e la condotta avrebbe dovuto essere riqualificata come ricettazione.
Disposta la trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18, nella quale è stato convertito il decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215), in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti, il Procuratore generale e il difensore dell’imputato hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivo manifestamente infondato. Secondo la prospettazione difensiva sarebbe errata in diritto la riqualificazione giuridica della condotta di cui al capo a) come tentativo di riciclaggio.
GLYPH
La doglianza non si confronta con l’orientamento di questa Corte, che qui si intende ribadire, secondo il quale è configurabile il tentativo di riciclaggio, in quanto la fattispecie di reato di cui all’ 648-bis cod. pen., nella vigente formulazione, non è costruita come delitto a consumazione anticipata (Sez. 2, n. 6586 del 11/01/2024, COGNOME, Rv. 285909-01; Sez.1, n. 22437 del 22/02/2022, COGNOME, Rv. 283183-01; Sez. 2, n. 55416 del 30/10/2018, COGNOME, Rv. 274254-01; -Sez.2, n. 1960 del 11/12/2014, COGNOME, Rv. 262506-01; Sez. 5, n.17694 del 14/01/2010, COGNOME, Rv. 247220-01).
In tal senso, anche quanto alla richiesta riqualificazione della condotta come ricettazione, si è osservato, con argomentazioni che si condividono e ribadiscono, che: “..il delitto di riciclaggio si differenzia da quello di ricettazione in relazione all’elemento materiale, che si connota per l’idoneità a ostacolare l’identificazione della provenienza del bene, e all’elemento soggettivo, costituito dal dolo generico di trasformazione della cosa per impedirne l’identificazione, laddove la ricettazione è connotata dal dolo specifico di procurare a sé o ad altri un profitto (cfr., Sez. 2, n. 4853 del 16/12/2022, dep. 2023, Natale, Rv. 284437; Sez. 2, n. 30265 del 11/05/2017, COGNOME, Rv. 270302; Sez. 2, n. 50950 del 13/11/2013, COGNOME, Rv. 257982; Sez. 2, n. 48316 del 06/11/2015, COGNOME, Rv. 265379; Sez. 6, n. 28715 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 257205; Sez. 2, n. 35828 del 09/05/2012, GLYPH Acciaio, Rv. 253890).
Ciò posto, occorre considerare che per realizzare la condotta di riciclaggio, non è necessario che sia efficacemente impedita la tracciabilità del percorso dei beni provento di reato, ma è sufficiente anche che essa sia solo ostacolata (Sez. 2, n. 26208 del 09/03/2015, COGNOME, Rv. 264369); difatti l’art. 648-bis cod. pen. è strutturato come una norma penale a più fattispecie in quanto prevede tre condotte di riciclaggio che sono costituite dalla «sostituzione» o dal «trasferimento» del denaro, dei beni o delle altre utilità provenienti da delitto (non colposo) o, ancora, dal «compimento di altre operazioni» – ipotesi residuale “innominata” diretta a evitare vuoti di tutela – i relazione ai predetti proventi riciclabili. Tutte e tre tali condotte son ulteriormente tipicizzate dal comune requisito del dover essere realizzate «in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa» dei predetti proventi, il quale rivela anche chiaramente l’interesse tutelato dalla norma”. (Sez. 2, n. 6586 del 11/01/2024, COGNOME, Rv. 285909-01).
Non coglie dunque nel segno l’argomentazione difensiva, che omette sul punto di confrontarsi effettivamente con la motivazione della Corte di appello, atteso che la ricettazione punisce la sola acquisizione di un bene proveniente da delitto, mentre il riciclaggio punisce chi compie operazioni atte ad ostacolare la provenienza illecita di un bene.
La Corte di appello ha ampiamente evidenziato, con argomentazioni del tutto prive di vizi logico-giuridici, l’infondatezza delle ragioni difensive volte alla derubricazione del fatto entro la fattispecie di ricettazione di cui all’art. 648 cod. pen.
In particolare, si deve sottolineare che questa Corte, proprio con riferimento ad una fattispecie sovrapponibile a quella in esame, ha affermato, con principio che qui si intende ribadire, che integra il delitto di riciclaggio anche il mero trasferimento di un bene da un luogo ad un altro, ove tale condotta sia idonea a rendere di fatto più difficoltosa l’identificazione della sua provenienza di 6 delittuosa (Sez. 2, n. 23774 del 13/07/2020, Aatifi, Rv. 279586-01). Nello stesso senso si è precisato che “la condotta di trasferimento, non necessariamente da intendersi quale atto negoziale dispositivo della proprietà o del possesso, integra di per sé il delitto di riciclaggio, senza che tale attività materiale debba ricadere nella previsione residuale prevista dalla seconda parte del comma primo dell’art. 648-bis cod. pen., essendo, invece, tale previsione riconducibile alle più disparate modalità di manipolazione di beni di provenienza illecita insuscettibili di rientrare nelle condotte tipizzate di cui alla prima parte della disposizione normativa” (Sez. 2, n. 6586 del 11/01/2024, Pepe, Rv. 285909-01).
Sul tema è poi opportuno precisare che, essendo il riciclaggio un reato a forma libera, non si richiede necessariamente per la punibilità della condotta che l’attività abbia comunque comportato una trasformazione del bene o dei suoi elementi identificativi tipici, potendo la condotta punibile essere posta in essere anche attraverso azioni dirette ad ostacolare l’origine delittuosa del bene senza la modificazione dello stesso.
Dunque e in conclusione: “La sostanziale modificazione degli elementi identificativi dell’oggetto materiale del reato non si appalesa, pertanto, quale elemento ineludibile per la punibilità dell’azione delittuosa di riciclaggio, potendo configurarsi la condotta punibile anche in presenza di attività che, pur non mutando l’essenza del bene
di provenienza delittuosa, costituiscano pur sempre un quid pluris rispetto alla semplice ricezione del bene e siano però caratterizzate dal frapporre ostacoli concreti alla identificazione del bene quale provento di precedente delitto (cfr., Sez. 2, n. 46754 del 26/09/2018, D., Rv. 274081, in motivazione; nello stesso senso, Sez. 2, n. 47088 del 14/10/2003, Di Capua, Rv. 227731)” (Sez. 2, n. 6586 del 11/01/2024, Pepe, Rv. 285909-01).
Ciò premesso, quanto al reato contestato, occorre considerare anche il tema specifico devoluto dalla difesa in ordine alla impossibilità di configurare il delitto di riciclaggio tentato, così come riqualificata la condotta nel caso in esame.
3.1. In tal senso, si devono condividere i principi di diritto enunciati da questa Corte sul tema. Sul punto si è osservato che: “Una premessa di carattere “storico-sistematico” si rende doverosa. Il reato di riciclaggio è stato introdotto nel nostro ordinamento dal d.l. 21 marzo 1978, n. 59 conv. nella I. 18 maggio 1978 n. 191, che inserisce nel codice penale l’art. 648-bis cod. pen. con la rubrica “Sostituzione di denaro o di valori provenienti da rapina aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione”. Si trattava, come osservato dalla dottrina, di una tipica figura di reato a consumazione anticipata, con il quale venivano puniti gli atti diretti a sostituire denaro proveniente da quegli unici tre delitti individuati dal legislatore, non essendo necessario, ai fini della consumazione del reato, l’avvenuta effettiva sostituzione del denaro (cfr., Sez. 2, n. 13155 del 15/04/1986, COGNOME, Rv. 174381; Sez. 2, n. 2851 del 05/12/1991, dep. 1992, COGNOME, Rv. 189493); in tale configurazione della fattispecie delittuosa, non era evidentemente possibile il tentativo. La figura di reato veniva successivamente riscritta con l’art. 23 della I. 19 marzo 1990, n. 55, da un lato, richiedendosi, ai fini della consumazione del reato, l’effettiva sostituzione del denaro, beni o altre utilità provenienti da un più ampio catalogo di delitti pur sempre predeterminato ex lege, non bastando il semplice compimento di atti diretti a sostituirlo e, da un altro lato, inserendo tra le condotte sanzionate, anche quella di ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa del bene. Pertanto, in adempimento agli obblighi derivanti per lo Stato italiano dall’adesione alla Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato approvata nell’ambito del Consiglio d’Europa in data 8 novembre 1990, si perveniva alla formulazione della norma
attualmente vigente. Essa risulta caratterizzata, in primo luogo, dal novero dei reati presupposto del riciclaggio di tutti i delitti non colposi ed in secondo luogo dal significativo ampliamento delle condotte “di ripulitura” concretamente sanzionabili, fino ad includervi tutte le operazioni volte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilità oggetto del reato. Una completa ricostruzione della normativa che ha introdotto il delitto di riciclaggio e delle successive modifiche che ne hanno comportato la trasformazione da fattispecie a consumazione anticipata in reato rispetto al quale potrebbe essere configurabile il tentativo si rinviene in Sez. U, n. 25191 del 27/02/2014, COGNOME (in motivazione al par. 2, pagg. 10 e seguenti). 2.4.3. Peraltro, già in epoca precedente all’intervento delle Sezioni Unite “COGNOME“, questa Suprema Corte aveva riconosciuto che “il nuovo testo dell’art. 648-bis cod. pen., introdotto dall’art. 23 legge n. 55 del 1990, ha ridisegnato la fattispecie abbandonando la configurazione – tipica di reato a consumazione anticipata – della materialità del reato come fatti o atti diretti alla sostituzione di denaro o altre utilità provenienti da particolari, gravi delitti. L’attuale fattispecie, infatti, si articola in due ipotesi fattuali: la prima consiste nella sostituzione del denaro o delle altre utilità provenienti da specifici delitti; la seconda opera come formula di chiusura, incriminando qualsiasi condotta – distinta dalla sostituzione che sia tale da frapporre ostacoli all’identificazione del denaro, dei valori o altro di provenienza illecita specifica (Sez. 1, n. 7558 del 29/03/1993, COGNOME, Rv. 194767)”: e, in entrambe le ipotesi, è certamente configurabile il tentativo. 2.4.4. In conformità con la sentenza “COGNOME” si pone Sez. 5, n. 17694 del 14/01/2010, Errìco, Rv. 247220 che ha ritenuto configurabile il tentativo di riciclaggio, in quanto, nella vigente formulazione della fattispecie, il delitto di riciclaggio non può più considerarsi come delitto a consumazione anticipata: definizione che poteva valere solo in presenza dell’originaria formulazione dell’art. 648-bis cod. pen., inserito dall’art. 3, d.l. 21 marzo 1978, n. 69, convertito dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, per la quale, sulla base della lettera della norma, la sanzione penale aveva ad oggetto gli atti diretti a sostituire denaro o valori provenienti dai delitti individuati dal legislatore. La successiva modifica della norma apportata dall’art. 23 legge 19 marzo 1990, n. 55, che ha reso necessaria, per la consumazione del reato, l’effettiva sostituzione del denaro, dei beni o di altre utilità, ha reso «evidente … che non si tratta Corte di Cassazione – copia non ufficiale
più di una fattispecie a consumazione anticipata». Sulla stessa lunghezza d’onda, si pongono sia Sez. 2, n. 1960 del 11/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262506, sia Sez. 2, n. 55416 del 30/10/2018, COGNOME, Rv. 274254, riferita – quest’ultima – alla condotta consistente nello smontaggio, da un veicolo rubato, di singole componenti in modo che, installate su altri veicoli, se ne possa perdere la traccia ostacolando l’identificazione della provenienza delittuosa e facendo venire meno l’originaria identità del mezzo. In detta ultima pronuncia, la Suprema Corte ha precisato che, in ragione della formulazione della norma incriminatrice risultante dalle modifiche normative sopra citate, il delitto è integrato dalla condotta di chi compie operazioni volte ad «ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa», il che non esclude che possano esservi azioni inquadrabili quali «atti idonei diretti in modo non equivoco» ad ostacolare l’individuazione della provenienza del bene «quale può ritenersi, ad esempio, il momento in cui si sta procedendo a smontare le targhe di un mezzo rubato per montare sul medesimo altre targhe lecitamente detenute». In particolare, nella sentenza “NOME COGNOME” viene affermato che il tentativo – ivi riconosciuto, per essere stato il ricorrente sorpreso dagli operanti a smontare la parte centrale di un motociclo (ed i coimputati nell’atto di iniziare a smontare il motore e le scocche di plastica), nell’ambito di un’intrapresa azione di oggettiva cannibalizzazione del mezzo in fase di evoluzione – si configura laddove si stia procedendo alla «atomizzazione (ndr., non ancora completata) di un veicolo rubato nelle sue singole componenti meccaniche elementari di modo che, una volta installate su altri veicoli, di esse se ne perda la traccia, così ostacolando l’identificazione della provenienza delittuosa e facendo perdere la sua originaria identità». Nella medesima prospettiva favorevole alla configurabilità del tentativo, si registrano, Sez. 1, n. 22437 del 22/02/2022, COGNOME, Rv. 283183; Sez. 2, n. 25128 del 07/03/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 38184 del 09/06/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 46285 del 13/10/2022, COGNOME, non mass. In particolare, la sentenza “COGNOME” risulta così massimata: «È configurabile il tentativo di riciclaggio, in quanto la fattispecie di cui all’art. 648-bis cod. pen., nella vigente formulazione, non è costruita come delitto a consumazione anticipata (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto integrato il tentativo di riciclaggio di valuta estera per essere stati individuati i soggetti da coinvolgere, il conto corrente bancario da utilizzare e le somme da reimpiegare, nonché predisposti
i contratti da stipulare)». La sentenza, pronunciando sullo specifico motivo di ricorso avente ad oggetto l’idoneità degli atti compiuti al fine di integrare la fattispecie del tentativo di riciclaggio, a sostegno di quanto deciso, ha evidenziato come, a seguito delle modifiche introdotte con I. 55/1990, la disposizione incriminatrice contempli due ipotesi rispetto alle quali è configurabile il tentativo. La prima si sostanzia nella sostituzione del denaro o altre utilità provenienti da specifici delitti; la seconda riguarda qualsiasi condotta, diversa dalla sostituzione, in grado di ostacolare l’identificazione di denaro, valori o altro che sia di provenienza illecita. Nella fattispecie, una prima condotta ha riguardato il tentativo di riciclaggio di banconote provento di furti ai bancomat e, a tale proposito, la Corte, pur ritenendo astrattamente configurabile il reato ipotizzato, ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna per essere rimasto lo sviluppo dell’azione a livello meramente prodromico e preparatorio. Quanto alla condotta di tentato riciclaggio di valuta estera, ha, invece, ritenuto idonea la valorizzazione operata dai giudici di merito, dell’identificazione delle somme da riciclare, dei soggetti da coinvolgere, del conto corrente bancario da utilizzare e l’approntamento dei contratti da stipulare. Si tratta di condotte che, secondo quanto esposto in sentenza, hanno determinato il raggiungimento di un grado di sviluppo dell’azione tale da integrare la fattispecie del tentativo, anche in ragione della loro idoneità a concretizzare l’offesa. 2.4.5. In senso contrario a quanto sin qui illustrato si pone l’orientamento secondo cui, essendo il riciclaggio un delitto a consumazione anticipata, non è configurabile il tentativo, conseguendone (nell’ipotesi che ricorre frequentemente 10 nella casistica giurisprudenziale) che risponde di riciclaggio e non di tentativo di riciclaggio, il soggetto trovato intento a smontare pezzi di veicolo oggetto di furto. A supporto della tesi, si sostiene che il semplice compimento di atti volti ad ostacolare l’identificazione delittuosa di denaro, beni o altre utilità comporta la consumazione del reato. Proprio con riferimento alla fattispecie dell’azione consistente nello smontaggio di un veicolo oggetto di furto si è pronunciata Sez. 2, n. 5505 del 22/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258340 dalla quale è stata ricavata la massima secondo cui «risponde del delitto consumato e non tentato di riciclaggio il soggetto sorpreso dalla polizia giudiziaria nell’atto di smontare un’autovettura rubata, in quanto l’art. 648-bis cod. pen. configura un’ipotesi di reato a consumazione anticipata».
L’impossibilità di qualificare la condotta consistente nell’atomizzazione del veicolo oggetto di furto in termini di delitto consumato e non tentato è stata ricavata dalla circostanza che il reato in questione è «a consumazione anticipata che si consuma per il solo fatto del compimento di attività di riciclaggio, senza che sia necessario l’attuarsi di un evento; infatti l’espressione “… operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa…” non indica un evento eziologicamente connesso alla condotta, ma descrive la caratteristica dell’atto punibile». In formale adesione ai principi della sentenza “Lunnicisi” si pone Sez. 2, n. 44853 del 25/09/2019, Cutina, non mass. (in fattispecie ove il ricorrente, all’atto dell’intervento della polizia giudiziaria, aveva già manomesso varie parti del veicolo rubato e le relative targhe nonché aveva provveduto all’alterazione dei numeri di telaio: condotte che si ritenevano integrare la fattispecie consumata, essendo già intervenuta una separazione fisica tra il veicolo inteso nella sua completezza funzionale ed alcuni pezzi dello stesso idonei ad identificarne la provenienza) che, tuttavia, ha cura di precisare come gli stessi principi debbano necessariamente essere valutati in collegamento con i fatti concreti di volta in volta sottoposti a giudizio e che, conseguentemente, non si possa escludere la configurabilità di ipotesi solo tentate (in termini pressoché identici, ancora una volta solo “teoricamente” adesivi ai principi della sentenza “COGNOME“, essendosi peraltro evidenziata la necessità di qualificare caso per caso la singola fattispecie, si pone Sez. 2, n. 35439 del 15/06/2021, COGNOME, Rv. 281963). La massima di Sez. 2, n. 11277 del 04/03/2022, COGNOME, Rv. 282820, secondo cui «il delitto di riciclaggio, in quanto fattispecie a consumazione anticipata, si perfeziona con il mero compimento di attività volte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni e altre utilità, sicché risponde del delitto consumato il soggetto sorpreso ad effettuare operazioni di smontaggio dei pezzi di un’autovettura cui risultino già asportate le targhe 11 identificative e il blocco motore» tradisce in qualche modo il contenuto della decisione la quale, in realtà, senza prendere una specifica posizione se il reato . de quo possa ancora o meno essere considerato a consumazione anticipata (e, quindi, senza escludere l’astratta configurabilità del tentativo), dopo una sintetica ricostruzione del panorama giurisprudenziale, ha ritenuto che nella fattispecie dedotta doveva necessariamente ritenersi l’avvenuta consumazione del delitto di cui all’art. 648-bis cod. pen., essendo stati i due imputati sorpresi
ad effettuare operazioni di smontaggio dei pezzi di un’autovettura che risultava già mancante delle targhe identificative e con il blocco motore totalmente smontato; così che per individuarne l’origine, poi risultata illecita perché oggetto di precedente furto, furono necessarie ulteriori indagini tese appunto ad individuare il numero di telaio cui era accoppiato il blocco motore nonché il numero originario delle targhe. Nella medesima prospettiva si pone Sez. 2, n. 37559 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 277080 che, dopo aver ribadito la natura del delitto di riciclaggio come reato a consumazione anticipata, e aver evidenziato le specificità della fattispecie, ha ritenuto la consumazione del reato da parte del soggetto che, fermato al momento dell’imbarco di un furgone per l’estero e trovato in possesso di più ciclomotori provento di furto occultati nel bagagliaio, aveva esibito alla polizia documenti relativi ad altri e diversi ciclomotori, non ritenendo rilevante il mancato conseguimento dell’obiettivo di occultare del tutto i beni provento di delitto: pronuncia che, in ogni caso, non ha escluso la configurabilità di ipotesi solo tentate, in ossequio ai precetti della richiamata sentenza “COGNOME“. 2.4.6. Ferma la ricognizione giurisprudenziale che precede, ritiene il Collegio come – il non condivisibile – orientamento teso a negare in ogni caso la configurabilità, anche alla luce dell’attuale normativa, del tentativo di riciclaggio, si fondi, in realtà, su un’unica sentenza (Sez. 2, n. 5505/2014, cit.) che, in termini solo assertivi, trae le proprie conclusioni dall’errato convincimento della presenza di un reato (ancora oggi) a consumazione prolungata: detto orientamento, ampiamente smentito dalle numerose sentenze sopra indicate, viene tralaticiamente ribadito – senza peraltro alcun ulteriore approfondimento o analisi degli argomenti a base dell’opposto orientamento – da sole altre due recenti pronunce (Sez. 7, n. 23887 del 02/05/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 3517 del 01/12/2022, dep. 2023, Meli, non mass.). Fermo quanto precede, detto contrasto giurisprudenziale – per la verità più fittizio che reale – deve ritenersi superato e, comunque, privo di attualità.” (Sez. 2, n. 6586 del 11/01/2024, Pepe, Rv. 285909-01).
Le coordinate ermeneutiche appena richiamate e la ricostruzione sistematica del delitto di cui all’art. 648-bis cod. pen. rendono, dunque, evidente come non colga nel segno la doglianza proposta quanto alla ricostruzione del fatto imputato in termine di tentativo di riciclaggio piuttosto che di ricettazione, proprio per le
caratteristiche della azione, del tentativo di imbarco di bene evidentemente alterato quanto ai suoi segni ed elementi identificativi, alle giustificazioni fornite dal ricorrente al momento del controllo, tutti elementi ampiamente considerati dalla Corte di appello, con motivazione che non si presta a censure in questa sede.
Essendo il ricorso inammissibile, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali òe della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 11/12/2024.