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Tentativo di rapina: la Cassazione e la pena

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di tentativo di rapina pluriaggravata. Ha confermato la responsabilità penale di due imputati, rigettando gran parte dei loro motivi di ricorso, inclusi quelli sulla partecipazione al reato e sulle attenuanti. Tuttavia, per uno degli imputati, ha annullato la sentenza limitatamente alla quantificazione della pena, rinviando alla Corte d’Appello per una nuova valutazione. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito non avessero adeguatamente motivato la misura della pena inflitta, a fronte di specifiche doglianze difensive.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentativo di Rapina: Quando la Pena Deve Essere Rideterminata

Un recente caso di tentativo di rapina ha offerto alla Corte di Cassazione l’opportunità di ribadire importanti principi sul concorso di persone nel reato e sulla valutazione delle circostanze, ma soprattutto di sottolineare l’obbligo del giudice di motivare adeguatamente la quantificazione della pena. Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha confermato la colpevolezza di due imputati ma ha annullato parzialmente la decisione per uno di essi, aprendo la strada a una nuova valutazione del trattamento sanzionatorio.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un tentativo di rapina ai danni di un giovane. Due individui, insieme ad altri complici, avevano accerchiato la vittima con l’intento di sottrargli un borsello che portava a tracolla. L’azione criminosa era stata caratterizzata da una notevole aggressività: mentre alcuni impedivano la fuga della vittima, un altro complice la minacciava brandendo una tronchesina di acciaio appuntita. L’intervento di una volante della polizia ha interrotto il reato prima che potesse essere portato a compimento.

I due imputati, condannati in primo e secondo grado, hanno presentato ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni giuridiche.

Il Tentativo di Rapina e le Doglianze in Cassazione

I ricorrenti hanno basato la loro difesa su più punti, tra cui:

1. Violazione di legge sulla partecipazione: Sostenevano che la loro responsabilità fosse stata dedotta unicamente dalla fuga, senza prove concrete di una partecipazione consapevole all’azione criminosa.
2. Errata applicazione dell’aggravante dell’arma: Contestavano l’applicazione dell’aggravante per l’uso dell’arma, prevista dall’art. 628 c.p.
3. Mancato riconoscimento di attenuanti: Lamentavano il diniego sia dell’attenuante della speciale tenuità del danno (art. 62 n. 4 c.p.) sia delle attenuanti generiche.
4. Vizio di motivazione sulla pena: Contestavano la quantificazione della sanzione, ritenuta sproporzionata e non adeguatamente motivata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato punto per punto i motivi del ricorso, giungendo a conclusioni differenziate per i due imputati. In primo luogo, ha rigettato la censura sulla partecipazione al reato, affermando che la valutazione degli elementi di fatto (come l’accerchiamento della vittima per impedirne la fuga) è di competenza esclusiva del giudice di merito e, nel caso di specie, la motivazione era logica e coerente. L’azione era palesemente volta a facilitare il compito degli altri complici, rafforzandone il proposito criminoso.

Anche le censure relative alle circostanze sono state respinte. La Corte ha ribadito che l’aggravante dell’uso dell’arma ha natura oggettiva, riguardando le modalità dell’azione, e pertanto si comunica a tutti i concorrenti, anche a chi non impugna materialmente l’arma. Parimenti, il diniego dell’attenuante del danno di speciale tenuità è stato ritenuto corretto, poiché la rapina è un reato che offende non solo il patrimonio ma anche la persona; inoltre, il borsello conteneva portafogli e carte di credito, escludendo un danno patrimoniale di lieve entità. Anche la negazione delle attenuanti generiche è stata giudicata ben motivata, sulla base di una valutazione individualizzata per ciascun imputato.

Il punto di svolta della sentenza riguarda però il trattamento sanzionatorio di uno dei due ricorrenti. La difesa aveva argomentato in appello che la pena base, ben superiore al minimo, e la riduzione per il tentativo, fissata in un solo terzo, non erano state giustificate, specialmente considerando che il reato si era arrestato in una fase iniziale. La Corte d’Appello, tuttavia, si era limitata a motivare il diniego delle attenuanti generiche, senza confrontarsi con le specifiche argomentazioni sulla quantificazione della pena. Questo silenzio è stato giudicato dalla Cassazione un vizio di motivazione. Il giudice di merito ha l’obbligo di spiegare le ragioni delle sue scelte sanzionatorie, soprattutto quando la difesa solleva obiezioni precise. L’assenza di tale spiegazione ha portato all’annullamento della sentenza su questo specifico punto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso di uno degli imputati, rendendo definitiva la sua condanna. Per l’altro, pur confermando l’affermazione di responsabilità penale, ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena. Il caso è stato quindi rinviato a un’altra sezione della Corte d’Appello di Milano, che dovrà procedere a un nuovo giudizio sul punto, fornendo una motivazione congrua e completa sul trattamento sanzionatorio da applicare. Questa decisione riafferma un principio fondamentale: la colpevolezza è una cosa, la giusta misura della pena è un’altra, e anche questa seconda deve essere il risultato di un percorso logico-giuridico trasparente e verificabile.

In un concorso di persone in un reato, la fuga al sopraggiungere della polizia è sufficiente a provare la partecipazione consapevole?
No, non solo la fuga. La sentenza chiarisce che la partecipazione consapevole è stata provata dal contributo attivo degli imputati all’azione, i quali avevano accerchiato la vittima per impedirle di scappare mentre altri complici agivano materialmente, rafforzando così il proposito criminoso del gruppo. La valutazione di tali elementi è riservata al giudice di merito.

L’aggravante dell’uso dell’arma si applica anche ai concorrenti che non la impugnano materialmente?
Sì. La Corte ha ribadito che l’uso dell’arma è una circostanza oggettiva che riguarda le modalità dell’azione criminosa. In quanto tale, si estende a tutti i concorrenti nel reato, a meno che non sussistano le condizioni previste dall’art. 118 c.p., che non sono state ravvisate nel caso di specie.

Perché la Cassazione ha annullato la sentenza solo per un imputato e solo riguardo alla pena?
La Corte ha annullato la sentenza per uno degli imputati limitatamente alla quantificazione della pena perché ha riscontrato un vizio di motivazione. La Corte d’Appello non aveva fornito alcuna spiegazione sulle ragioni che l’avevano portata a disattendere le argomentazioni della difesa, che chiedeva una pena più mite. Per l’altro imputato e per tutte le altre questioni, le motivazioni della sentenza d’appello sono state ritenute logiche e corrette.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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