Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 16925 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 16925 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1.COGNOME NOME nato in Albania il 20/06/1972
2.COGNOME nato in Albania il 02/04/1969
avverso la sentenza del 03/05/2024 della CORTE di APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME GLYPH e t4.1.4.&, 2·L”
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto ProcuratoreWlarco COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso limitatamente alla valutazione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4) cod. pen. e alla dosi della pena.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 3 maggio 2024 la Corte d’Appello di Bologna confermava la sentenza emessa il 10 dicembre 2019 dal Tribunale di Rimini, con la quale gli imputati COGNOME NOME e COGNOME NOME erano stati dichiar colpevoli del reato di tentata rapina impropria in concorso, loro contest perché, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, dopo aver compiuto atti id diretti in modo non equivoco a impossessarsi di due giubbotti del valor
complessivo di euro 99,90, sottraendoli dalle scaffalature del negozio “Zara diretto da Marconi Massimo che ivi li deteneva, usavano violenza e minaccia nei confronti di NOME COGNOME, addetto alla sicurezza del negozio, con spinte e pugni al petto e con minacce di morte; in particolare, è s contestato che i due imputati, dopo avere rimosso le placche antitaccheggio a due giubbotti con l’ausilio di un ferretto, occultandoli nella borsa di NOME, avvedutisi che il Diop li stava controllando a distanza, riponevan giubbotti sullo scaffale e si allontanavano dal negozio, tenendo successivament la condotta violenta e minacciosa sopra descritta.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione, con unico atto, entrambi gli imputati, per il tramite del loro difensore, chieden l’annullamento e articolando tre motivi di doglianza.
2.1. Con il primo motivo deducevano mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla qualificazione giurid del fatto, assumendo che la condotta tenuta da COGNOME NOME non era finalizzat a garantirsi l’impunità, considerato che lo stesso non aveva sottratto alcun dal negozio, e che l’impiego della violenza era stato determinato dal fatto ch NOME, addetto alla sicurezza, lo aveva trattenuto tentando di condurlo all’inte del locale, ciò che era stato confermato dal teste COGNOME precisavano anch che COGNOME NOME non aveva adottato alcun atteggiamento aggressivo in quanto, nell’occorso, si era limitata a fermarsi.
2.2. Con il secondo motivo, non specificamente inquadrato fra quelli elencati nell’art. 606 cod. proc. pen., chiedevano che il fatto fosse riqualificato com lieve entità, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 86/2 ritenendo tale diminuente applicabile anche alla fattispecie tentat considerato che i capi di abbigliamento, di valore non elevato, non erano st sottratti né danneggiati; chiedevano, inoltre, che la Corte sollevasse quest di legittimità costituzionale in relazione all’applicabilità della diminuent fatto di lieve entità, così come configurata dalla Corte Costituzionale con citata sentenza n. 86/2024, anche all’ipotesi di rapina tentata.
2.3. Con il terzo motivo deducevano mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al mancato riconosciment della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4) cod. pen. e delle circo attenuanti generiche, nonché alla dosimetria della pena, con particola riguardo alla riduzione di pena operata per il tentativo, assumendo che la Cor
territoriale non aveva effettuato alcun giudizio in ordine alla minima rileva del danno, aveva motivato il diniego del riconoscimento delle circostanz attenuanti generiche con un mero riferimento ai precedenti penali e avev giustificato la riduzione, in misura della sola metà, della pena per il tentati presupposto dello stadio avanzato dell’azione, laddove in realtà erano stati po in essere solo degli atti esecutivi preliminari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
La Corte d’Appello ha reso una motivazione immune da vizi nel qualificare il fatto come tentativo di rapina impropria.
Ha, in particolare, osservato che dal tenore delle testimonianze assunte dagli accertamenti effettuati sui luoghi del reato era emerso che i due imputa prima di tentare di darsi alla fuga, avevano rimosso le placche anti tacchegg da due giubbotti esposti sui banchi del supermercato all’evidente fine sottrarli, placche delle quali COGNOME NOME si era disfatta gettandole cestino, ove successivamente erano state rinvenute; ha, quindi, evidenziato ch “la sottrazione si era incontestabilmente arrestata alla fase del tentativ quanto i due, essendo stati notati dagli addetti al controllo, avevano tenta allontanarsi lasciando gli indumenti all’interno dell’esercizio pubblico; ind congruamente rassegnato che l’addetto alla sicurezza NOME COGNOME COGNOME aveva tentato di bloccarli e, secondo quanto riferito dal teste NOME COGNOME responsabile del punto vendita, quando i due si trovavano già all’esterno del negozio, COGNOME COGNOME aveva colpito il COGNOME con un pugno a petto pronunciando al suo indirizzo la frase “tu non conosci chi sono io, io s albanese, io ti ammazzo”.
La Corte d’Appello ha dato conto di tale dinamica richiamando in maniera puntuale le fonti di prova, in particolare le concordi testimonianze, e da dinamica ha tratto conseguenze del tutto logiche in punto di qualificazione d fatto, evidenziando in particolare che la violenza e la minaccia nei confronti vigilante erano state esercitate da COGNOME all’evidente fine di garan l’impunità mediante la fuga.
Al riguardo, deve essere opportunamente richiamato il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, condiviso da questo Collegio, secondo quale è configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso in cui l’ag
dopo aver compiuto atti idonei alla sottrazione della cosa altrui, non porta compimento per cause indipendenti dalla propria volontà, adoperi violenza o minaccia per assicurarsi l’impunità (v., in tal se Sez. 2, n. 35134 del 25/03/2022, COGNOME Rv. 283847 – 01; v. anche, i relazione a una fattispecie analoga a quella qui in trattazi Sez. 2, n. 50662 del 18/11/2014, COGNOME, Rv. 261486 – 01, secondo cui integr il tentativo di rapina impropria la condotta dell’agente che, dopo aver sottr merce dai banchi di vendita di un supermercato ed averla occultata sulla propri persona, al fine di allontanarsi, usa violenza nei confronti dei dipend dell’esercizio commerciale che lo hanno colto in flagranza e trattenuto per tempo necessario all’esecuzione della consegna agli organi di Polizia, poic anche i privati cittadini hanno, in simili circostanze, il potere di pro all’arresto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 380, comma 2, lett. 383, comma 1, cod. proc. pen., e, pertanto, la reazione violenta dell’autore fatto non può configurarsi come difesa da un’azione illecita a norma dell’art. cod. pen.).
Quanto al rilievo della difesa relativo al fatto che nell’occorso COGNOME Lil non aveva adottato alcun atteggiamento aggressivo in quanto si era limitata a arrestare la propria marcia, deve osservarsi che la COGNOME risponde del rea contestato ai sensi dell’art. 116 cod. pen. poiché lo stesso costituisc sviluppo logicamente prevedibile del programmato delitto di furto (v., per un fattispecie in tema di furto e rapina impropr Sez. 2, n. 49443 del 03/10/2018, COGNOME, Rv. 274467 – 01, secondo cui i tema di concorso anomalo, costituisce sviluppo logicamente prevedibile del programmato delitto di furto l’uso di violenza o minaccia nei confronti de parte lesa o del terzo intervenuto dopo la sottrazione della cosa, ch progredire l’azione criminosa in rapina impropria, ascrivibile al comparteci che non ha partecipato all’esecuzione materiale della violenza o minaccia).
2. Parimenti manifestamente infondato, è il secondo motivo.
Si deve, al riguardo, osservare che la Corte d’Appello ha esclus l’applicabilità al caso di specie della circostanza attenuante di cui all’ comma 1, n. 4), cod. pen., non potendo essere valutato complessivamente di speciale tenuità il pregiudizio arrecato, avuto riguardo al valore non del t modesto dei beni che i due imputati avevano tentato di sottrarre e a
conseguenze lesive nei confronti dell’addetto alla vigilanza che era rima vittima di violenza e minaccia.
La difesa, con il ricorso, invoca l’applicazione dell’attenuante della entità di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 86 del 13 maggio 20 n. 86 (rispetto alla quale, quanto alla prospettata questione di costituzion occorre osservare la questione non è qui rilevante poiché la stessa senten impugnata afferma che il fatto non può essere considerato di lieve entità).
Occorre, in primo luogo, premettere che la doglianza è ammissibile, atteso che la questione non era proponibile in sede di appello (sia con i relativi mot con i motivi aggiunti ovvero in sede di formulazione delle conclusioni), essend l’intervento additivo del Giudice delle Leggi successivo alla deliberazione de sentenza impugnata (pronunciata, come detto, il 3 maggio 2024).
Deve al riguardo considerarsi anche che, in tema di rapina, l’attenuan della lieve entità, dì cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 86 del costituisce uno strumento ulteriore, rispetto a quelli già disponibili, ivi com l’attenuante comune prevista dall’art. 62, n. 4), cod. pen., per adegua sanzione all’effettiva gravità del fatto, sicché, ove le caratteristich condotta siano tali da far ritenere che si versa in un caso di offensività mi legittimante la concessione di tale attenuante, il già avvenuto riconoscimen della diminuente comune non osta a un nuovo apprezzamento delle stesse, in funzione della concessione dell’ulteriore attenuante (v., in tal s Sez. 2, n. 45792 del 04/12/2024, Cizmic, Rv. 287359 – 01).
Con riferimento al riconoscimento della circostanza attenuante in discorso, la Corte di legittimità ha due possibilità: a) può riconoscerla o denega qualora dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata emerge con chiarezza che ci si trovi al cospetto di un fatto che nei suoi elementi descr possa o meno prestarsi ad essere sussunto nell’alveo della diminuente; b allorché, invece, la risoluzione della questione involga accertamenti di fatto non risultano essere stati compiuti nel relativo giudizio di merito, la sen impugnata deve essere necessariamente annullata, altrimenti demandandosi alla Corte di legittimità Io svolgimento di un compito proprio del giudice d merito (Sez. 2, n. 40514 del 24/10/2024, COGNOME, n.m.).
Nel caso di specie, dalla lettura della sentenza impugnata emergono elementi di valutazione espressi dalla Corte territoriale che lasc fondatamente ritenere che il fatto non sia stato ritenuto di lieve entità, a il giudice del merito fatto riferimento a un pregiudizio complessivo, derivan
dal reato per nulla “minimale”, avuto riguardo al valore dei beni oggetto d tentativo di sottrazione e al tenore della violenza e della minaccia esercitat confronti dell’addetto alla vigilanza.
Pertanto, non vi sono margini per il riconoscimento dell’attenuante de qua.
3. È manifestamente infondato anche il terzo motivo.
Si deve, invero, ritenere che la Corte territoriale abbia reso una motivazi immune da vizi in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4) cod. pen., effettuando, come già osser congruo richiamo al pregiudizio complessivo arrecato dal reato, ritenuto maniera logica non di speciale tenuità in ragione del valore non irrisorio dei oggetto del tentativo di sottrazione e del tenore della violenza e della mina (anche di morte), esercitate nei confronti dell’addetto alla sicurezza.
La Corte d’Appello ha reso congrua motivazione anche in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla dosimetri della pena, richiamando per COGNOME NOME i plurimi e gravi precedenti penali per COGNOME NOME i numerosi precedenti per il reato di furto, ciò anch relazione alla dosimetria della pena, osservando congruamente che la riduzione di pena in ragione del tentativo era stata operata avendo riguardo allo s avanzato dell’azione, considerato, in particolare, che, nell’occorso, giubbotti erano già stati riposti all’interno della borsa di COGNOME NOME, che gli imputati si accorgessero di essere osservati.
Alla stregua di tali rilievi, i ricorsi devono, dunque, essere dichi inammissibili. I ricorrenti devono, pertanto, essere condannati, ai sensi del 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù del statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 1 e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati pres senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità deve, altresì, disporsi che i ricorrenti versino, ciascuno, la somma, determi in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 28/01/2025