Tentativo di furto: quando la rinuncia non esclude il reato?
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla differenza tra tentativo di furto e desistenza volontaria. L’ordinanza analizza il caso di un uomo che, dopo aver prelevato un televisore in un ipermercato, lo abbandona dopo essere stato interpellato da una cassiera. La Corte si sofferma anche su un altro aspetto cruciale: chi è legittimato a sporgere querela in un esercizio commerciale? Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per il reato di tentato furto. L’imputato aveva prelevato un televisore dagli scaffali di un ipermercato e, dopo aver superato la barriera delle casse senza pagare, era stato fermato da una cassiera che gli aveva chiesto spiegazioni. A seguito di questo intervento, l’uomo aveva abbandonato il carrello con la refurtiva e si era allontanato. La difesa dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo, tra le altre cose, che il suo comportamento dovesse essere qualificato come desistenza volontaria e non come tentativo punibile, e contestando la validità della querela presentata.
L’Analisi della Corte e la validità della querela
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure proposte non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto miravano a una nuova valutazione dei fatti già accertati nei precedenti gradi di giudizio. La decisione dei giudici di merito era infatti basata su una motivazione logica e congrua. Nel merito, la Corte ha affrontato due questioni giuridiche di grande interesse.
Chi può sporgere querela per furto?
La difesa aveva messo in dubbio la validità della querela. La Cassazione, tuttavia, ha ribadito un principio consolidato: a sporgere querela non è solo il proprietario del bene, ma anche chi ne ha la detenzione qualificata a scopo di custodia. Nel caso di specie, la querela era stata presentata dal responsabile della sicurezza dell’azienda. Questa figura, per il ruolo che ricopre, è considerata detentore qualificato della merce esposta e, pertanto, pienamente legittimata a presentare la querela per tutelare i beni dell’esercizio commerciale. Questo principio estende la protezione del patrimonio aziendale, consentendo a figure chiave di agire tempestivamente.
La differenza tra Tentativo di Furto e Desistenza
Il punto centrale della decisione riguarda la distinzione tra tentativo di furto e desistenza volontaria. La difesa sosteneva che l’abbandono del televisore costituisse una desistenza. La Corte ha respinto questa tesi, chiarendo che la desistenza, per escludere la punibilità, deve essere genuinamente volontaria e non dettata da fattori esterni che rendono la prosecuzione del reato rischiosa o impossibile. Nel caso esaminato, l’imputato ha abbandonato il suo proposito criminale solo dopo l’intervento della cassiera, ovvero quando si è reso conto di essere stato scoperto. Questa non è una scelta libera, ma una reazione necessitata dalle circostanze. La Corte ha precisato che la desistenza può aver luogo solo nella fase del tentativo incompiuto, cioè prima che siano stati posti in essere tutti gli atti idonei a cagionare l’evento. Una volta superata la barriera delle casse, l’azione era già entrata in una fase avanzata, rendendo impossibile configurare una desistenza volontaria.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte Suprema ha motivato la sua decisione di inammissibilità evidenziando come il ricorso si limitasse a contestare la ricostruzione dei fatti e l’apprezzamento delle prove, attività precluse al giudice di legittimità. Le sentenze dei gradi inferiori, godendo di una “doppia conforme”, avevano già accertato in modo pacifico lo svolgimento dei fatti. La motivazione dei giudici di merito è stata ritenuta immune da vizi logici, in quanto fondata su massime di esperienza condivisibili. La Cassazione ha quindi confermato la condanna, applicando principi giurisprudenziali costanti sia in materia di legittimazione alla querela sia sulla distinzione tra tentativo e desistenza.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, la tutela penale del patrimonio di un’azienda è ampia: non solo il legale rappresentante, ma anche figure operative come il responsabile della sicurezza possono validamente attivare l’azione penale. In secondo luogo, il confine tra tentativo punibile e desistenza non punibile è netto: chi interrompe l’azione criminale solo perché costretto dalle circostanze o dalla paura di essere catturato, non potrà beneficiare dell’esimente della desistenza, ma risponderà penalmente per il tentativo commesso.
Chi può sporgere querela per un furto in un esercizio commerciale?
Non solo il proprietario o il legale rappresentante, ma anche chi detiene il bene a scopo di custodia, come il responsabile della sicurezza dell’azienda. La sua è considerata una detenzione qualificata che lo legittima a presentare la querela.
Quando un tentativo di furto si configura come desistenza volontaria?
La desistenza si ha solo quando l’agente abbandona volontariamente l’azione criminale, per una libera scelta interiore e non perché costretto da fattori esterni. Se l’abbandono avviene perché si viene scoperti, come nel caso dell’intervento di una cassiera, si tratta di un tentativo fallito e quindi punibile.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le contestazioni sollevate non riguardavano vizi di legittimità della sentenza, ma miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non alla Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23075 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23075 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PRIVITERA NOME NOME a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/10/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso sentenza recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato ascritto è inammissibile, perché contenente censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazi del fatto nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi al esclusiva competenza del giudice di merito che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure di manifesta illogicità perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
Quanto alla questione concernente la querela, al di là della indubbia validità della procura speciale rilasciata dal precedente rappresentante legale dell’esercizio commerciale, occorre anche considerare che la querela in atti risulta presentata da soggetto (COGNOME NOME) avente la qualità di responsabile della sicurezza dell’azienda vittima del reato; conseguentemente, nel caso trova applicazione il costante principio giurisprudenziale secondo cui è legittimato a proporre querela anche il titolare della detenzione qualificata de bene (oggetto di furto) a scopo di custodia (cfr., da ultimo, Sez. 4, n. 7193 del 20/12/2023 – dep. 2024, Rv. 285824 – 01), situazione certamente ricorrente nel caso di specie.
Per il resto, la ricostruzione dei fatti è stata operata senza alcun vizio logico-giurid nella “doppia conforme” di merito, essendo stato pacificamente accertato il tentativo del prevenuto di impossessarsi di un televisore prelevato dagli scaffali dell’ipermercato; tentativ non riuscito solo grazie all’intervento di una cassiera, la quale, nel chiedere spiegazioni prevenuto della sua condotta, lo costringeva ad abbandonare il carrello con il televisore poco dopo la barriera delle casse. Nel caso non è configurabile alcuna desistenza, atteso che nei reati di danno a forma libera la desistenza può aver luogo solo nella fase del tentativ incompiuto, non essendo configurabile una volta che siano posti in essere gli atti da cui origina il meccanismo causale capace di produrre l’evento (cfr. Sez. 5, n. 18322 del 30/01/2017, Rv. 269797 – 01), come nel caso.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 maggio 2024
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