Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8540 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8540 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/10/2022 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Foggia del 9 ottobre 2020, con cui COGNOME era stato condannato alla pena complessiva di mesi otto di reclusione ed euro duecento di multa in relazione al reato di cui agli artt. 56, 624, 61, comma primo, n. 5, e 625, comma primo, nn. 2 e 7, e comma secondo, cod. pen..
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del reato contestato in quello di danneggiamento.
2.1. Con memoria difensiva si insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso, segnalando che comunque il ricorrente non aveva presentato querela.
3. Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento all’unico motivo di ricorso, va premesso che, ai fini della qualificazione del reato come tentativo di furto aggravato dalla violenza sulle cose o come tentativo di danneggiamento, poiché i due reati si distinguono non per la materialità del fatto, che può essere identica, ma per la finalità della condotta, occorre valutare , le modalità dell’azione, i mezzi impiegati per realizzarla nonché le caratteristiche strutturali della cosa mobile, per stabilire se l’intenzione dell’agente fosse dirett all’impossessamento della cosa mobile o, invece, al mero deterioramento della stessa (Sez. 4, n. 37532 del 09/06/2021, Piva, Rv. 281927; in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la qualificazione, come tentativo di furto aggravato, della condotta del ricorrente consistita nel frantumare, con una violenta gomitata, il finestrino di un’autovettura parcheggiata in un’area di sosta sita sul greto di un fiume, per poi allontanarsi rapidamente a bordo della propria auto, non appena sopraggiunta altra autovettura; Sez. 5, n. 7559 del 13/12/2018, dep. 2019, La Marca, Rv. 275491; in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la qualificazione come tentativo di furto aggravato dell’azione del ricorrente, consistita nel tentare lo sradicamento di una colonnina telefonica dal marciapiede sul quale era infissa, trainandola con un cavo ancorato alla parte posteriore di un’autovettura ivi parcheggiata).
La Corte territoriale ha fatto buon governo dei suddetti principi, attribuendo valore di prove logiche – e non di mere coincidenze – agli elementi acquisiti: essa, infatti, ha correttamente rilevato che la condotta del COGNOME era diretta in modo inequivocabile ad impossessarsi delle monete contenute nel distributore automatico e non semplicemente a danneggiarlo per chissà quale ragione, in quanto la finalità della
condotta e le modalità dell’azione non lasciavano dubbi circa la sua intenzione di appropriarsi dei beni lasciati all’interno del locale.
Il reato, pertanto, non poteva essere riqualificato nella più lieve fattispecie cri minosa del danneggiamento. A fronte di tanto, il ricorrente non attacca il punto nodale della motivazione, ma si limita ad opporre meri assunti di carattere astratto o, comunque, fondati su una diversa prospettazione dei fatti, nel tentativo di sminuire il peso del quadro probatorio disegnato dai giudici di merito. L’imputato non ha fornito un valido motivo per giustificare la sua presenza sul posto, apparendo palese, invece, in base a quanto indicato dalla Corte barese, l’imminenza dell’azione criminosa o lo stadio avanzato della medesima.
Quanto al tema della mancanza di querela – prospettato nella memoria difensiva – la pronuncia di inammissibilità del ricorso esonera il giudice da quanto disposto dal D.Lg.vo 10 Ottobre 2022, n. 150 (art. 85) e succ. modif. in relazione alla verifica del rispetto dei termini di presentazione della querela da parte della persona offesa che non la abbia ancora proposta (Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, Salatino, Rv. 273551).
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 14 febbraio 2024.